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“I consultori in Italia”: intervista a Giovanni Fattorini

obiezione

Gio­van­ni Fat­to­ri­ni, gi­ne­co­lo­go bo­lo­gne­se, ha la­vo­ra­to nei con­sul­to­ri fa­mi­lia­ri fin dal­la loro isti­tu­zio­ne, ri­co­pren­do in Emi­lia-Ro­ma­gna in­ca­ri­chi di re­spon­sa­bi­li­tà e di­re­zio­ne. Ha par­te­ci­pa­to al di­bat­ti­to su na­tu­ra e fun­zio­ne di que­sti ser­vi­zi me­dian­te pub­bli­ca­zio­ni e l’or­ga­niz­za­zio­ne di nu­me­ro­si con­ve­gni a li­vel­lo lo­ca­le e na­zio­na­le. Ha con­tri­bui­to in que­sti ul­ti­mi anni allo svi­lup­po dell’AGI­TE, un’as­so­cia­zio­ne di gi­ne­co­lo­gi che per­se­gue, tra gli al­tri, l’o­biet­ti­vo di

man­te­ne­re viva una at­ten­ta par­te­ci­pa­zio­ne alle pro­ble­ma­ti­che eti­che, so­cia­li e cul­tu­ra­li sol­le­va­te dal­la me­di­ci­na del­la ri­pro­du­zio­ne, con­tri­buen­do a fa­vo­ri­re un cli­ma di con­fron­to e dia­lo­go tra le di­ver­se com­po­nen­ti del­la so­cie­tà ita­lia­na.

È au­to­re di più di cen­to la­vo­ri scien­ti­fi­ci e del vo­lu­me Abor­to. Un me­di­co rac­con­ta tren­t’an­ni di 194 (Gue­ri­ni, 2008). Il suo ul­ti­mo li­bro è I con­sul­to­ri in Ita­lia (L’a­si­no d’o­ro).

La leg­ge 405 che isti­tuì i con­sul­to­ri fa­mi­lia­ri fu ap­pro­va­ta pri­ma e dopo al­tre leg­gi (e re­fe­ren­dum) che ca­rat­te­riz­za­ro­no gli anni Set­tan­ta come una sta­gio­ne di di­rit­ti ci­vi­li che, pur­trop­po, nel no­stro Pae­se rap­pre­sen­ta una sor­ta di ec­ce­zio­ne alla re­go­la. Quan­to fu im­por­tan­te, in quel con­te­sto?

L’im­por­tan­za del­la leg­ge 405 è da far ri­sa­li­re al fat­to che per af­fer­ma­re al­cu­ni va­lo­ri (pro­mo­zio­ne del­la pro­crea­zio­ne re­spon­sa­bi­le, “pre­scri­zio­ne dei mez­zi ne­ces­sa­ri per po­ter­la con­se­gui­re”, tu­te­la del­la sa­lu­te del­la don­na, as­si­sten­za psi­co­lo­gi­ca e so­cia­le alla cop­pia e ai mi­no­ri) non ci si li­mi­tò ad in­ve­sti­re su Strut­tu­re già esi­sten­ti, Ospe­da­li, Di­spen­sa­ri, ecc, ma fu pro­po­sta l’i­sti­tu­zio­ne di Ser­vi­zi Pub­bli­ci dal­le ca­rat­te­ri­sti­che pro­fon­da­men­te nuo­ve che sa­reb­be­ro poi di­ven­ta­te ar­ti­co­la­zio­ni del Ser­vi­zio Sa­ni­ta­rio Na­zio­na­le in­ca­ri­ca­te di ren­de­re at­tua­li quei va­lo­ri nel­la real­tà di un Pae­se in ra­pi­da tra­sfor­ma­zio­ne.

Uno de­gli sco­pi dei con­sul­to­ri è la pro­mo­zio­ne del­la con­trac­ce­zio­ne. Le in­chie­ste mo­stra­no che in Ita­lia la cul­tu­ra del­la con­trac­ce­zio­ne è an­co­ra lon­ta­na dal­l’es­se­re dif­fu­sa, e sono co­mun­que po­chis­si­me le mi­no­ren­ni che si pro­teg­go­no in oc­ca­sio­ne del pri­mo rap­por­to ses­sua­le. Qua­li sono, a suo av­vi­so, le cau­se? E cosa si può fare per ri­muo­ver­le?

Spes­so si iden­ti­fi­ca la Con­trac­ce­zio­ne con la Con­trac­ce­zio­ne me­di­ca. Il tema, a mio pa­re­re, è più com­ples­so; ciò non si­gni­fi­ca che in Ita­lia mol­to re­sti da fare per dif­fon­de­re la cul­tu­ra di un con­trol­lo con­sa­pe­vo­le del­la fer­ti­li­tà. Per quan­to ri­guar­da le mi­no­ren­ni è vero che in gran­de mag­gio­ran­za af­fron­ta­no il pri­mo rap­por­to ses­sua­le sen­za pro­te­zio­ni ade­gua­te. Il pro­ble­ma, non solo ita­lia­no, do­vreb­be es­se­re af­fron­ta­to me­dian­te una stret­ta al­lean­za tra fa­mi­glie, scuo­la e ser­vi­zi sa­ni­ta­ri — i Con­sul­to­ri de­di­ca­ti de­di­ca­ti esclu­si­va­men­te ai gio­va­ni — che tra­mi­te an­che nuo­ve me­to­do­lo­gie (per esem­pio la peer-edu­ca­tion), do­vreb­be­ro col­ti­va­re tra gli ob­bli­ghi for­ma­ti­vi più im­por­tan­ti pro­prio quel­lo di edu­ca­re i ra­gaz­zi a con­si­de­ra­re la buo­na qua­li­tà del­le re­la­zio­ni, com­pre­sa quel­la ses­sua­le, uno de­gli obiet­ti­vi di una cre­sci­ta equi­li­bra­ta.

Qua­ran­t’an­ni dopo la leg­ge la so­cie­tà ita­lia­na è cam­bia­ta, ed è dun­que cam­bia­ta an­che l’u­ten­za di ri­fe­ri­men­to dei con­sul­to­ri. L’im­mi­gra­zio­ne è un fe­no­me­no re­la­ti­va­men­te nuo­vo da noi. Nel te­sto si sof­fer­ma sui ser­vi­zi di me­dia­zio­ne cul­tu­ra­le e sul­l’op­por­tu­ni­tà di con­ce­pi­re ser­vi­zi esclu­si­va­men­te de­di­ca­ti alle don­ne im­mi­gra­te. Come va­lu­ta que­ste for­me di in­ter­ven­to?

Pen­so che for­ni­re alle per­so­ne im­mi­gra­te e so­prat­tut­to alle don­ne ser­vi­zi de­di­ca­ti che si pren­da­no dav­ve­ro cura del­le pro­ble­ma­ti­che ma­ter­ne-in­fan­ti­li e di quel­le del­la sa­lu­te ses­sua­le e ri­pro­dut­ti­va sia uno dei modi per ren­de­re con­cre­to quel­l’at­teg­gia­men­to di ac­co­glien­za che do­vreb­be ca­rat­te­riz­za­re un pae­se mo­der­no e ci­vi­le che guar­da al fu­tu­ro. Inol­tre ga­ran­ti­re una as­si­sten­za sa­ni­ta­ria e so­cia­le alle don­ne e ai loro bam­bi­ni co­sti­tui­sce uno dei mo­to­ri più po­ten­ti di in­clu­sio­ne e quin­di di in­ve­sti­men­to in quel­la in­te­gra­zio­ne, an­co­ra in gran­de par­te da rea­liz­za­re, che ci po­trà as­si­cu­ra­re svi­lup­po eco­no­mi­co e pace so­cia­le.

Uno dei pro­ble­mi più gra­vi è l’o­bie­zio­ne di co­scien­za: pro­ble­ma “vec­chio”, ma sem­pre più at­tua­le pro­prio per­ché in co­stan­te cre­sci­ta. Quan­to li­mi­ta l’ef­fi­ca­cia del­la le­gi­sla­zio­ne ita­lia­na?

La si­tua­zio­ne è mol­to gra­ve, ma non an­co­ra di­spe­ra­ta. Può di­ven­tar­lo. Bi­so­gna met­te­re in atto da su­bi­to al­cu­ne azio­ni che po­treb­be­ro evi­ta­re che le cose pre­ci­pi­ti­no fino a ren­de­re ino­pe­ran­te la leg­ge 194; ga­ran­ti­re nei con­cor­si pub­bli­ci una quo­ta a me­di­ci e per­so­na­le sa­ni­ta­rio di­chia­ra­ta­men­te non obiet­to­re; ren­de­re più strin­gen­ti le nor­me che con­sen­to­no il ri­cor­so al­l’o­bie­zio­ne so­prat­tut­to ai sa­ni­ta­ri che vi fan­no ri­cor­so dopo l’as­sun­zio­ne. Ma so­prat­tut­to non pe­na­liz­za­re i me­di­ci non obiet­to­ri, dal mo­men­to che que­sti ul­ti­mi sono sot­to­po­sti a tut­ti gli im­pe­gni pre­vi­sti nei Re­par­ti di Gi­ne­co­lo­gia ed Oste­tri­cia: Guar­die P.S. Sala Par­to — ed in più al Ser­vi­zio di IVG. Spes­so inol­tre chi non ha obiet­ta­to ri­schia di es­se­re di­scri­mi­na­to sul pia­no del­la car­rie­ra pro­fes­sio­na­le. Si trat­te­reb­be di tra­sfor­ma­re in nor­me con­cre­te e sot­to­po­ste a ve­ri­fi­ca pe­rio­di­ca per va­lu­ta­re la loro ap­pli­ca­zio­ne gli in­di­riz­zi espres­si dal Co­mi­ta­to Na­zio­na­le di Bio­e­ti­ca che pre­ve­do­no “la pre­di­spo­si­zio­ne di un’or­ga­niz­za­zio­ne del­le man­sio­ni e del re­clu­ta­men­to … che può pre­ve­de­re for­me di mo­bi­li­tà e di re­clu­ta­men­to dif­fe­ren­zia­to atti ad equi­li­bra­re il nu­me­ro de­gli obiet­to­ri e dei non obiet­to­ri”. Com­pi­to non fa­ci­le per le am­mi­ni­stra­zio­ni po­li­ti­che e sa­ni­ta­rie, ma l’u­ni­co che pos­sa es­se­re ap­pli­ca­to per af­fron­ta­re un tema de­li­ca­tis­si­mo che po­treb­be co­sti­tui­re oc­ca­sio­ne di uno scon­tro ideo­lo­gi­co de­fla­gran­te e dai ri­sul­ta­ti mol­to in­cer­ti.

Ne­gli ul­ti­mi anni i con­sul­to­ri sono sta­ti og­get­to del­le “at­ten­zio­ni” dei mo­vi­men­ti per la vita, tal­vol­ta aiu­ta­ti an­che dal­le am­mi­ni­stra­zio­ni re­gio­na­li. In al­cu­ni casi si sono rag­giun­te for­me di coa­bi­ta­zio­ne pa­ci­fi­ca, in al­tre real­tà si è ar­ri­va­ti allo scon­tro. Qual è la si­tua­zio­ne oggi, e come si im­ma­gi­na il pros­si­mo fu­tu­ro?

Per quan­to a mia co­no­scen­za la bat­ta­glia di al­cu­ni set­to­ri dei mo­vi­men­ti Pro-li­fe di in­se­ri­re “vo­lon­ta­ri” nei Con­sul­to­ri pub­bli­ci non ha pro­dot­to gran­di ri­sul­ta­ti. Per mo­ti­vi di prin­ci­pio — l’op­po­si­zio­ne del­la gran par­te de­gli ope­ra­to­ri sa­ni­ta­ri di qua­lun­que fede — e per mo­ti­vi pra­ti­ci. Spes­so chi im­ma­gi­na ope­ra­zio­ni di que­sto ge­ne­re non ha al­cu­na co­no­scen­za di come fun­zio­ni­no dav­ve­ro i Ser­vi­zi. Mi sem­bra in­ve­ce che l’o­rien­ta­men­to di que­sti set­to­ri – non tut­ti i mo­vi­men­ti Pro-li­fe sono su que­ste po­si­zio­ni – sia quel­lo di ten­ta­re di mo­di­fi­ca­re lo sta­tus dei Con­sul­to­ri mo­di­fi­can­do ra­di­cal­men­te la 405 per ren­de­re nel­la so­stan­za non più ap­pli­ca­bi­le la 194.

Pro­prio la po­li­ti­ca rap­pre­sen­ta il per­no in­tor­no a cui ruo­ta il mon­do dei con­sul­to­ri e la pie­na ap­pli­ca­zio­ne a del­la leg­ge. Lei ri­le­va l’e­vo­lu­zio­ne dei con­sul­to­ri in Emi­lia-Ro­ma­gna, “con le sue mol­te luci e sem­pre più in­com­pren­si­bi­li chia­ro­scu­ri”. E ter­mi­na il li­bro espri­men­do la pre­oc­cu­pa­zio­ne che “una brut­ta e mio­pe po­li­ti­ca pen­si di im­po­ve­ri­re an­co­ra di più una del­le isti­tu­zio­ni pub­bli­che che più ha ope­ra­to nel­la lot­ta alle di­su­gua­glian­ze e nel­l’af­fer­ma­zio­ne del­la di­gni­tà e del­la li­ber­tà del­le don­ne”. Quan­to è am­pio il fron­te del­l’at­tac­co po­li­ti­co ai di­rit­ti del­le don­ne?

Più che un ra­zio­na­le at­tac­co ai di­rit­ti del­le don­ne si è as­si­sti­to ne­gli ul­ti­mi anni in Emi­lia Ro­ma­gna a una ec­ces­si­va at­ten­zio­ne agli aspet­ti ef­fi­cien­ti­sti­ci dei si­ste­mi sa­ni­ta­ri di­men­ti­can­do che al­cu­ni di essi in par­ti­co­la­re ge­sti­sco­no temi che ol­tre al­l’a­spet­to sa­ni­ta­rio pre­sen­ta­no va­len­ze di gran­de spes­so­re eti­co, so­cia­le, e an­che po­li­ti­co e non pos­so­no es­se­re ri­dot­ti a strut­tu­re che ero­ga­no esclu­si­va­men­te pre­sta­zio­ni, per di più con­si­de­ra­te di scar­so ri­lie­vo. È que­sta mio­pia che ri­schia di of­fu­sca­re an­che i buo­ni ri­sul­ta­ti rag­giun­ti dal­la sa­ni­tà emi­lia­na, un pe­ri­co­lo mol­to se­rio che ho cer­ca­to di se­gna­la­re.

 

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