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 Home page > Tribuna Libera > I Referendum di Civati

I Referendum di Civati

“Possibile”, la creatura appena messa al mondo da Pippo Civati, ha iniziato già dal 1 luglio la raccolta delle firme necessarie per indire otto referendum, i più importanti dei quali riguardano riforma elettorale, job act e riforma della scuola. Cioè, in buona sostanza, le “riforme” (o meglio “controriforme”) attuate dal governo Renzi.

Dico subito che sottoscriverò i quesiti e che invito i miei lettori a fare altrettanto: non si può mancare ad un appuntamento antirenziano e poi, Civati mi sembra l’unico che può ancora avere qualche credibilità in tutta la banda che si muove (piuttosto scompostamente, in verità) nell’area fra Pd e M5s.

A proposito: non ho ancora capito se “Possibile” fa parte o no del cantiere Vendola-Ferrero-Fassina-Campanella o no e come si pone verso la coalizione sociale di Landini. Qui non si capisce più niente e si va avanti alla giornata: un giorno Vendola dice che vuole costruire un soggetto alternativo al Pd, dopo due giorni la Boldrini lancia un appello a Sel per confluire nel Pd, Landini sembra un semaforo c’è? “Ora Si, ora No, Ora Si, ora No”. E così via, vedremo.

Veniamo alle perplessità:

-sulla legge elettorale= i quesiti sono due, il primo tendente a restaurare il voto di preferenza per tutti ed abolendo le candidature bloccate dei capilista (e su questi nulla quaestio), il secondo che abroga in toto la legge. E realisticamente questo sarà bocciato immediatamente dalla Corte Costituzionale sulla base di una precedente giurisprudenza del 1992. La maggior perplessità è politica: in alcune occasioni, Civati ha lasciato intendere la propria preferenza per il vecchio Mattarellum che prevedeva collegi uninominali e listini bloccati il che, da un lato vanifica il voto di preferenza, dall’altro reintroduce inaccettabili logiche maggioritarie. La battaglia contro l’Italicum ha senso solo se ci si batte per il ritorno al proporzionale, il resto sono fesserie. Per cui mi lascia perplesso l’uso che potrebbe essere fatto di una eventuale vittoria.

-Job Act e scuola= questioni rilevanti su cui sono totalmente d’accordo, unico problema: siamo sicuri che siano in minoranza nel paese? Perché una vittoria del No finirebbe per fare un regalo enorme ai sostenitori di queste brutture legislative. A me sembra che la cosa sia un po’ prematura e se il conto è quello di “sommare varie minoranze” (per cui l’insegnante imbestialito per la controriforma della scuola poi vota si anche sul Job Act ed il lavoratore dipendente che non vuole il job Act poi vota si anche sulla scuola) le cose non sono così automatiche e potremmo andare ad una disillusione molto amara.

Infine una perplessità generale: questa dei referendum a grappolo è una vecchia tattica radicale che ha finito per ammazzare i referendum ai quali poi non andava a votare più nessuno. Il referendum per sua natura è monotematico e la presenza di più quesiti può funzionare se ce ne è uno guida (ad esempio nel 1987 quello sulla giustizia), ma anche in questo caso alla lunga il gioco non funziona. Qui il referendum guida dovrebbe essere quello sulla legge elettorale che forse può funzionare sulle preferenze ma che, se dovesse investire la legge nel suo complesso (in caso la Corte decidesse contro ogni previsione di ammetterlo) temo ci vedrebbe perdenti.

In realtà, con questo mazzo di referendum, Civati mette in questione tutte le riforme renziane, per cui chiama ad un plebiscito su Renzi più che su ogni singola legge, ma, anche qui, temo che l’iniziativa sia prematura.

Comunque, per ora firmiamoli, poi vedremo quanti ne saranno ammessi, quando si voterà e su cosa e vedremo il da farsi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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