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 Home page > Attualità > Economia > I Paperoni italiani e le tasse

I Paperoni italiani e le tasse

 
L’autorevole “Financial Times” ha pubblicato le retribuzioni dei manager a capo delle diciassette più importanti banche del mondo: si passa dai 17,6 milioni di dollari per Brady Dougan di Credit Suisse, ai 13,2 milioni per Joseph Ackermann di Deutsche Bank, per “scendere” ai 6,01 milioni riguardanti Alessandro Profumo di Unicredit e ai 5,29 milioni di Corrado Passera di Banca Intesa.
 
Da parte sua, il “Sole 24 Ore” ha elaborato e reso pubblica la classifica, aggiornata al 2008, dei manager italiani più pagati (compensi monetari figuranti nei bilanci, giustappunto, del 2008). Le prime trenta posizioni hanno per confini gli 8.323.000 euro di Roberto Tunioli di Datalogic e i 3.418.600 euro di Sergio Marchionne della Fiat.
Non c’è che dire, si tratta d’introiti che fanno tremare i polsi al solo scorrerne le cifre. Altro che affermare che è il mercato a dettare tali quotazioni, quasi che il mercato non fosse costituito da noi, anzi da “loro”, stessi.
 
Quanto, in particolare, all’Italia, è vero che, in fondo, esiste un numero limitato di buste paga del genere; e, però, dati i tempi grigi che corrono, volendo essere realmente seri, sarebbe proprio il caso di usare la falce e tagliare consistentemente, non solo gli emolumenti di ministri, parlamentari e pubblici amministratori. Insomma, basta appannaggi megagalattici, in qualunque campo e settore.
 
Inoltre, bisognerebbe rettificare drasticamente, al più presto, le aliquote Irpef e gli scaglioni di reddito: ad esempio, per avere imposte effettivamente progressive, oltre 200.000 euro, far pagare non il 43%, ma il 50%, oltre 500.000 euro il 55% e oltre 1.000.000 d’euro il 60%.
 
Chissà che ne pensa il ministro Tremonti.
 

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