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Henry James VS Salvatore Sciarrino

Per parlare di Aspern, singspiel in due atti di Salvatore Sciarrino su libretto dello stesso e del regista Giorgio Marini, devo premettere che il mio approccio alla musica contemporanea risale al 1977 e che il battesimo lo ebbi proprio con un concerto di musiche di Sciarrino. 

Ho continuato a frequentare la musica contemporanea, ma ritengo che le ricerche e le esplorazioni musicali di questo compositore siano rimaste prevedibili e fini a se stesse, e l’operazione Aspern fa parte di queste.

C’è da dire che il teatro La Fenice di Venezia ha fatto miracoli per rendere Aspern accettabile e malgrado ciò nel corso dell’esecuzione – cento minuti…- in sala il pubblico sbircia l’orologio e si guarda attorno. Alla fine gli applausi sono poco convinti e probabilmente solo dedicati agli studenti del Laboratorio di Teatro Musicale del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche del Teatro dell’Università IUAV di Venezia e agli elementi dell’ensemble strumentale dell’Orchestra del Teatro La Fenice diretti dal maestro Marco Angius, apprezzato specialista del repertorio contemporaneo, che hanno saputo offrire il meglio di sé.

Gli studenti del Laboratorio di Teatro Musicale - diretto da Walter Le Moli - hanno ideato regia, scene, costumi e luci guidati dai Tutors Monique Arnaud per la regia, Margherita Palli per la scene, Gabriele Mayer per i costumi e Claudio Coloretti per le luci. Nell’unico ruolo vocale, quello della cantatrice, l’interessante Zuzana Markovà, già applaudita al Teatro Malibran in Powder Her Face di Thomas Adès e che ritroveremo nel ruolo della portoghese Inès nel nuovo allestimento dell’Africaine, titolo d’apertura della Stagione lirica 2013-2014.

Nei ruoli attoriali del narratore, di Giuliana Bordereau e di Titta Bordereau abbiamo apprezzato l’attore Francesco Gerardi e i bravi studenti dell’Università IUAV di Venezia.

Tratto da un racconto del 1887 di Henry James, The Aspern Papers (Il carteggio di Aspern) è ambientato in una Venezia di fine Ottocento. Il protagonista, un pubblicista appassionato di Geoffrey Aspern, tenta invano mille artifizi con l’ottuagenaria Giuliana Bordereau, un tempo legata al poeta americano, e con la cinquantenne nipote Titta, per entrare in possesso del carteggio intercorso fra il poeta e l’anziana signora. Il racconto si conclude con la morte della vecchia Bordereau alla vista del critico che fruga nella sua stanza alla ricerca dei documenti, ossessionato dalla paura che questa, già gravemente malata e in fin di vita, possa distruggerli.

Sciarrino e Marini in nome dell’arte concettuale fanno a pezzi il prezioso testo di James, ne selezionano alcune parti senza coerenza logica né drammaturgica, accostano arie di Lorenzo Da Ponte, che Sciarrino rielabora musicalmente, a pezzi da lui stesso composti nel 1977 basati su melodie veneziane settecentesche, così come a echi dell’atto III di Aida di Verdi. Realizzano così un delirante libretto dal cui testo è impossibile decriptare la trama, il tutto senza comunque dare l’idea di uno stile forte che darebbe una ragione d’essere a quest’accozzaglia di idee personali e linguaggi diversi. Dal punto di vista musicale l’effetto è di musiche di scena talvolta ai limiti dell’udibilità, ma soprattutto poco significative.

L’opera è prodotta in collaborazione con la Biennale di Venezia, nell’ambito del 57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea e rappresenta un ritorno nell’ambito teatrale, dopo alcuni anni trascorsi sul versante della musica sinfonica.

Cinque recite, arduo lo spettacolo, valorosi gli interpreti.

 

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