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Guia TAV in pillole

Ottava puntata: “SI È POSTA LA QUESTIONE DEL DIRITTO DELLE ASSOCIAZIONI A COSTITUIRSI COME PARTI CIVILI. [...] IL MANCATO RICONOSCIMENTO DI UN LORO PROPRIO DANNO MORALE VORREBBE DIRE AVALLARE LE PREVARICAZIONI”.
Ogni lunedì stralci della requisitoria che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna
TRIBUNALE DI FIRENZE
SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento penale n. 535/04 R.G.
Udienza del 3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei
[Stralcio n. 8]

SI È POSTA LA QUESTIONE DEL DIRITTO DELLE ASSOCIAZIONI A COSTITUIRSI COME PARTI CIVILI. [...] LORO, CHE NELLE SEDI COMPETENTI HANNO FATTO VALERE I LORO DIRITTI, SONO RIMBALZATI. [...] IL MANCATO RICONOSCIMENTO DI UN LORO PROPRIO DANNO MORALE VORREBBE DIRE AVALLARE LE PREVARICAZIONI”.

I DANNI PER I TERZI
La conseguenza di tutto quanto detto finora non può che essere la produzione di ingentissimi danni economici e morali per i terzi.

Sui danni economici non ci dilunghiamo lasciando alle parti civili di esplicitarli e quantificarli.

Qualcosa crediamo però vada detta sui danni morali in quanto conseguenza del reato.

E i danni morali credo che, per tutte le motivazioni dette in premessa, debbano interessare la Procura, perché i processi si fanno anche perché ce n’è una necessità per chiamare ognuno alle proprie responsabilità.
E allora i danni morali sono importanti. Ci sono due categorie di danni morali: quelli subìti dalle associazioni ambientaliste e quelli dei privati, e penso si debba distinguere.

I danni morali per le associazioni ambientaliste.
Già nel corso dell’udienza preliminare, e poi quando abbiamo trattato delle eccezioni preliminari dibattimentali, si è posta la questione del diritto delle associazioni a costituirsi come parti civili. Già in quelle sedi abbiamo rappresentato perché si ritenga che queste potessero e dovessero essere ammesse come tali, ovvero per un diritto proprio e non come semplici intervenienti.

All’esito del dibattimento non possiamo che confermare quanto detto avendo dato prova di ciò.

È bene infatti ricordare che siamo in presenza di un’opera pubblica. Non è che c’è un pazzo, un piromane, brucia un bosco e va via. Quindi, di fronte ad un interesse pubblico, sappiamo qual è l’iter per l’approvazione di un’opera pubblica. Non vi è dubbio che quando ci sia un interesse pubblico che lo esiga, si dà anche il caso che si possano cagionare danni a terzi e che questi danni siano, appunto, danni da attività lecita e quindi al di fuori di ogni ipotesi di reato, e quindi solamente passibili di indennizzo. Anche perché, a fronte di questo, però, c’è un iter procedurale rafforzato. Nessuno può mettere in dubbio che in tale iter procedurale amministrativo - o meglio nel corretto iter procedimentale che si sarebbe dovuto seguire - avrebbero dovuto trovare cittadinanza anche i così detti interessi diffusi e collettivi e che gli stessi ben potessero esser tutelati da associazioni come quelle che qui oggi si sono costituite parti civili.
Che vuol dire questo?

Se il procedimento dell’iter amministrativo è corretto, da cui si desume esattamente cosa si farà, con quali modalità, ed emergono tutti i fatti di rilevanza, io che ho accesso agli atti potrò fare le mie considerazioni.
Cosa è successo invece nel nostro caso? E’ successo un qualcosa di diverso.

Associazioni il cui compito, non solo per statuto, ma anche ormai per il ruolo loro riconosciuto dal sistema giuridico attraverso la consolidatissima giurisprudenza dei TAR e Consiglio di Stato, è quello di partecipare alla emersione degli interessi in gioco onde pervenire alla sintesi degli stessi per mezzo della corretta e giusta decisione dell’organo pubblico demandato a decidere: sfidiamo a sostenere che tali associazioni non abbiano o avessero legittimazione ad agire in sede amministrativa per la tutela degli interessi cui sono preposte, come pure hanno provato a fare nel caso dell’Alta Velocità.

È in atti il ricorso al TAR di Idra il cui esito è stato però nullo.
E non poteva essere diversamente.

Nel caso di specie infatti le armi della associazioni ambientaliste erano del tutto spuntate. Avendo scelto gli esecutori dell’opera la scorciatoia di non rappresentare i danni che si sarebbero realizzati, avendo omesso di produrre le relazioni geologiche di dettaglio, di indicare con precisione le possibili interferenze sul tessuto idrogeologico, ecco che le associazioni hanno avuto lo sgradevole ruolo di cassandre, ovvero di visionari che per preconcetta ideologia erano contrari all’opera, ma con nessun appiglio giuridico o in fatto cui aggrapparsi, il che, in un processo di legittimità e non di merito qual è il processo amministrativo, li votava al fallimento, all’inesorabile fallimento com’è stato.

In numerose occasioni il Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni contro i progetti di Alta Velocità di Firenze, Terzolle, Mugnone e Mugello prima, e Idra poi, hanno segnalato circostanziatamente alle autorità amministrative e politiche attraverso lettere, memorie e audizioni le apparenti carenze, inadempienze, omissioni e sintomatologie di danno ambientale in atto o prevedibile per effetto dei progetti approvati nelle Conferenze di servizi per la tratta Bologna-Firenze, per la Variante di Firenze Castello e per il Nodo di Firenze. Solo i documenti prodotti da Idra alla Procura, rappresentano un faldone degli atti di questo processo.

Ora non è che quantità fa qualità. Voglio dire: ce ne potevano essere due, dieci, venti, non importa. Questo serve per dire che però sono stati il Coordinamento dei comitati, le associazioni contro il progetto dell’Alta Velocità, tutti, istanze, richieste a Ministero, Regione, quant’altro, tutto lettera morta. Ed allora, se è lettera morta, oggi che è accaduto ciò che dicevano, ciò che prevedevano che sarebbe accaduto, come si fa a dire oggi che le associazioni non potessero e non dovessero intervenire proprio in questo processo? Perché mi interessa? Io non è che mi sto sostituendo agli avvocati. Non mi importa nulla. Però è un dato fondamentale, questo. [...] Mi interessa sull’iter, perché quando arriveremo alle autorizzazioni, a ciò che è stato autorizzato, ciò che è stato rilasciato, ciò che era legittimato a fare CAVET, qui ne abbiamo una prova. Se fossero stati autorizzati a tutto, avrebbero forse avuto un esito diverso gli interventi delle associazioni ambientaliste. Ma se si dice che non succedeva nulla, non accadeva nulla, tutti i ricorsi sono bocciati, e poi succede quello che succede, qualcosa non torna. Ed ecco allora perché mi interessa, ai miei fini, anche il ruolo delle associazioni. Perché loro, che nelle sedi competenti hanno fatto valere i loro diritti, sono rimbalzati.

E allora come si fa a negare che le associazioni non potessero - e dal loro punto di vista anche non dovessero - intervenire in proprio in questo processo e non solo come mere intervenienti?

Riteniamo infatti che proprio in questo processo - ripetiamo, a maggior ragione trattandosi di opera pubblica - le associazioni avessero ed abbiano diritto ad un intervento in proprio quantomeno per il danno morale connesso alla “estromissione di fatto” dall’iter procedimentale amministrativo delle loro ragioni e dalla conseguente lesione del diritto all’immagine dovuta al fatto che si sono proprio verificati dei danni all’ambiente che esse avrebbero dovuto tutelare prevenendo fatti proprio come quelli accaduti e provati.

Ripetiamo. Come si fa a dire che le associazioni non hanno avuto un danno proprio? Non sono state arbitrariamente spossessate dei loro diritti e facoltà? Non devono rendere forse conto ai loro associati dei negativi risultati del loro operato con rischio di perdita di credibilità? Diremmo di sì. È riportato negli atti di Idra la protesta di una cittadina al consiglio comunale aperto di Luco che ad un certo punto sbotta e urla il rimprovero: “Ma dove sono le associazioni ambientaliste?”. Il mancato riconoscimento di un loro proprio danno morale vorrebbe dire avallare le prevaricazioni. Lascio ai difensori delle associazioni il dettaglio del loro vano tentativo di prevenire e scongiurare i danni che poi si sono verificati. Lascio a loro di evidenziare come - nonostante i loro numerosi appelli, inviti, sollecitazioni ad approfondimenti - si sia andati invece avanti a diritto senza nulla voler sentire, trattando le associazioni ed i loro appartenenti come catastrofisti menagrami a cui concedere, al massimo, il contentino dell’Osservatorio Ambientale Nazionale. Organismo, vedremo, con poteri pari autoritativi pari a zero.

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