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Guai TAV in pillole

Nona puntata: “A VANVERA PAROLE COME ‘PROGRESSO’ E ‘MODERNITÀ’,
DIETRO LE QUALI SI NASCONDONO INVECE SOLO ORDINARI ESERCIZI DI POTERE ED ARROGANZA”.

Stralci della requisitoria che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna.
TRIBUNALE DI FIRENZE
SEZIONE MONOCRATICA
DOTT. ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento penale n. 535/04 R.G.
Udienza del 3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei
[Stralcio n. 9]

“IO CREDO CHE SUBIRE LA DEGRADAZIONE DI UN DIRITTO IN UN FAVORE, PER ME CHE HO LAVORATO ANCHE NEL MERIDIONE, E QUANT’ALTRO, HO UNA INENARRABILE SERIE DI ESEMPI, È UN GRAVE DANNO MORALE. È UN QUALCOSA CHE GIUSTIFICA IL PRESENTE PROCESSO”.
I DANNI MORALI AI PRIVATI ED ALLA COLLETTIVITÀ
Ho provato a leggere proprio le testimonianze sui pesci, e così via, proprio per far capire che si parla di vita vissuta. Ribadisco, se si riesce ad avere un minimo di sensibilità e di immedesimazione, ci si rende conto come si parli [...] della vita proprio di tantissime persone. Oltre ai danni economici vogliamo negare i danni ai privati ed alla collettività per tutto quello che riguarda l’interesse a vivere in un ambiente incontaminato?
Senza essere patetici, e per stare sul basso e pratico, basta che ognuno provi a pensare di tornare oggi a casa e sentirsi dire che non c’è l’acqua corrente.
È tutta gente che ha perso l’acqua, l’acqua corrente in casa. Abbiamo storie a non finire. Se uno pensa oggi, ora, piglia, va a casa, e non trova l’acqua. Ma nessuno glielo ha detto prima. E non subito, ma piano, piano, sempre senza acqua. Comincia. Aspetta. Forse torna. Telefona. Si informa. Sa che ci sono i lavori dell’Alta Velocità, prova ad andare al cantiere. Nessuno che ti venga a cercare per spiegarti cosa è successo. E poi scopri, piano, piano, piano, ma sempre senza acqua, che l’acqua non tornerà. Non tornerà, ma non per un’ora, non per un giorno. Non tornerà mai più. Testimonianze a gogò. E poi a protestare. Urlare. Minacciare. Se sei bravo, ed hai fortuna, ti portano le autobotti. Ma all’inizio, perché poi tutte le cose che durano annoiano. Fornitura che dovrai sollecitare, chiamare, organizzare te. Perché una volta salta il turno, una volta il cantiere è in ferie, una volta è Natale, etc. etc.
Trattiamo di queste circostanze nell’ambito dei danni morali perché le testimonianze delle persone offese, oltre a dare innegabile prova di un importantissimo danno concreto, economico e di ordine pratico per loro, a noi hanno provocato uno sgradevole senso di disagio e di umiliazione nell’immaginarsi e nell’immedesimarsi di dover essere noi a chiedere, ad attivarsi, se necessario pietire, per riavere un surrogato di un qualcosa che avevamo e chi ci è stato portato via con la forza.
E lasciamo perdere se poi dopo, e chissà quanto dopo, e se mai, arriverà l‘acqua dell’acquedotto e con che costi. Questo è un danno economico che avrà le sue sedi di più esatta valutazione.
Qui si parla del disagio e delle umiliazioni che sono lo stesso disagio e la stessa umiliazione che proviamo ogni qualvolta vediamo qualcuno costretto a chiedere come favore qualcosa che gli spetta invece di diritto.
Io credo che subire la degradazione di un diritto in un favore, per me che ho lavorato anche nel Meridione, e quant’altro, ho una inenarrabile serie di esempi, è un grave danno morale. È un qualcosa che giustifica il presente processo.
E siccome riteniamo che un pubblico ministero debba sempre render conto, e per primo proprio ai suoi imputati, dei fatti e delle ragioni per cui sono stati tratti a giudizio, ecco che diciamo che lo svilire i diritti degli altri in graziose concessioni è proprio una di quelle ragioni necessarie e sufficienti per imporre che si instauri un processo quale quello che stiamo qui celebrando: è proprio perché ciò non può essere tollerato e per contribuire ad evitare che casi analoghi riaccadano ancora.
Che non riaccada ancora quel che è accaduto al sig. T. V. dopo l’impatto di Casa d’Erci che ha messo in ginocchio Luco e Grezzano. Che non riaccada che l’ing. Cece (1) gli abbia potuto rispondere, con l’arroganza di chi sa di avere le spalle coperte, dicendogli “e chi ha detto che si debba portare noi l’acqua?”.
O che la sig.ra U. Z. sia dovuta diventare Cavet–dipendente.
Pubblico Ministero -Ne avete usufruito di queste autobotti?
Teste U. Z. - Sì, ne abbiamo usufruito.
Pubblico Ministero - Tuttora?
Teste U. Z. - Tuttora. Chiaramente non l’inverno, perché quando piove un pochina d’acqua arriva. Il momento che non piove più, l’acqua non arriva.
Pubblico Ministero - Sempre a richiesta vostra?
Teste U. Z. - Sempre a richiesta nostra. Noi dobbiamo controllare che le cisterne siano vuote, si telefona. E, bontà loro, ci portano l’acqua.
O al sig. V. A., che si prende una partaccia da A. E. (2) perché si è costituito parte civile.
Avvocato Parte Civile - Ecco, no, ma lei quindi ha avuto più colloqui con queste persone.
Teste V. A. - Guardi, io è quattro anni che faccio il viottolo e ora mi cominciano a sbattere le porte in faccia. L’ultimo è per esempio l’ingegner A. E. che... l’ultima volta in maniera veramente scortese mi ha detto, dice: ’mi dovrebbe ringraziare perché le ho portato l’acqua per quattro anni’. Va be’. Mi ha fatto notare che io aderivo a questo processo come parte civile. E secondo lui non dovevo aderire. Ma insomma, ora mi sembra francamente... siamo un pochino al linciaggio. Nel senso, ma... dopo quattro anni uno da chi può avere delle certezze? insomma...
Giudice – Bene.
Teste V. A. - Io ho sempre detto all’ingegner A. E. che se mi fa l’impianto e mi garantisce un po’ di spese, io... voglio dire, non ce l’ho mica con lui personalmente. Io... è una situazione che non avendo altre fonti di approvvigionamento, o si fa così, o la casa... Io è quattro anni, se la dovevo vendere questa casa, ma chi me la compra? Cioè, non so... Questo... credo siete tutte persone ragionevoli, quindi...
Oppure come al sig. Z. B. Il sig. Z. B. si era trasferito in campagna, poi gli seccano il pozzo e cominciano a portargli l’acqua con un’autobotte. Addirittura per non perdere tempo – siamo all’efficienza massima, per dire, insomma, non siamo neanche all’improvvisazione - per non perdere tempo gli lasciano un camion lì. Un camion: tu hai l’acquedotto, vai lì, camion parcheggiato davanti. Quando non c’era più, telefonava a Miola (3). È chiaro che non poteva durare. Ed infatti CAVET ad un certo punto dice: ma quanta acqua consumi? Cioè gli manda a fare i conti in casa. Ovvie quindi anche le discussioni. E come è finita? Prevedibile. Z. B., che da Firenze era andato al Mugello, dal Mugello torna a Firenze. Torna dove era prima.
Quindi il diritto soccombe e si degrada in favore. Favore secondo i tempi e i modi di CAVET. E allora cosa accade per le feste? A Natale per esempio? A Natale è ovvio gli operai vanno quasi tutti a casa ed al cantiere si ferma tutto, si fa il minimo.
E infatti L. N. a Cerreto Maggio resta senz’acqua per Natale ed è costretto ad attaccarsi al telefono. Sembra una sciocchezza, detta così in un processo. Chiediamo che tutti facciano mente locale al loro ultimo Natale ed immaginarlo senz’acqua. Crediamo che un Natale senz’acqua uno se lo ricordi per tutta la vita.
Continuando, ci domandiamo.
Non sono danni quelli di chi, per scelta di vita, si è trasferito in campagna sulla riva di un fiume o di un mulino con il piacere di sentire scorrere l’acqua e si ritrova un fosso in secca?
Non è un danno subito quello di chi poteva scegliere di fare un bagno in una polla d’acqua fresca in una domenica d’estate vicino casa o comunque nel meno trafficato Mugello, invece di essere obbligato, ad esempio, a mettersi in macchina sulla Firenze-Mare e ritrovarsi in coda in uno dei mille “esodi” annuali, documentati da tanti telegiornali?
C’è gente che aveva la piscina di acqua minerale. Una cosa incredibile nel 2000. Bruciata.
Non sono danni il non poter più pescare, fare una passeggiata e bere a una sorgente, un bagno nel Bosso che aveva polle di acqua purissima profonda anche quattro di metri e dove ci si poteva tuffare di testa?
Non è un danno, per chi lo faceva, non poter più fare una gita a Moscheta usando il gradevole pretesto di prendere l’acqua di montagna che ora invece, è banalmente quella dell’acquedotto di Imola? Un danno – e qui poi arriveremo alla sentenza della Corte Costituzionale - di perdita di identità, di storia, di civiltà non poter più bere ad una fonte che esisteva dal 1.200. O una gora come quella del sig. T. V. con origini risalenti al 1000 perché già usata dai frati Camaldolesi di Luco. In questo processo abbiamo prove, testimonianze, documenti, pietre, lapidi. [...] Lapidi a gogò del 1.800. A memoria d’uomo tutti posti d’acqua. Niente. Tutti, non ci sono più.
L’elenco potrebbe continuare, ma ci fermiamo qui.
Poi – voglio dire - secondo la sensibilità di ognuno, se ad uno gli piace stare in coda, in centro, dentro un Suv, è un discorso. Ma ci sono anche i danni di chi per scelta di vita si è trasferito in campagna, sulla riva di un fiume, di un mulino, perché gli piace sentire scorrere l’acqua, non stare nello smog, chi voleva fare un bagno in una polla d’acqua fresca una domenica d’estate.
Ed allora, l’alternativa... Ripeto, si potevano fare questi danni: segui l’iter! Ma non se dovuti all’ignavia di chi non ha avuto il coraggio di dichiarare che questi danni si sarebbero verificati, evitando di assumersi le responsabilità e realizzandoli.
E poco importa [...] ricorrere allo schermo dei soliti vuoti luoghi comuni usando a vanvera parole come ‘progresso’ e ‘modernità’, dietro le quali si nascondono invece solo ordinari esercizi di potere ed arroganza, come testimoniato nel colloquio Cece – T. V., dove di modernità e di progresso c’è ben poco, mentre c’è solo la prova di un’ordinaria manifestazione dell’utilizzo delle prerogative di una posizione di potere usata dal forte contro il debole:
Teste T. V. - Sì, con Cece ho avuto modo di parlarci anche in seguito. No, loro sostenevano che... Insomma, nessuno mai... dove era scritto che si doveva riportare l’acqua nei fossi, nelle sorgenti, tutti i lavori... i discorsi che comunemente venivano fatti erano questi. Comunque, dice: ’ovunque noi si va, questo succede. Dove è scritto che noi si deve restituire l’acqua ai pozzi, portare...eccetera?’. Questa era un po’ la strafottenza anche, scusatemi il termine, che veniva fuori in queste riunioni quando venivano pressati un po’ dagli agricoltori e dalla popolazione. Per cui, l’impressione che si aveva è che questi andavano a diritto, diciamo, senza... così, proprio con un’altra mentalità. Come dire: ’ma voi vi preoccupate dell’Appennino, delle castagne, dei laghetti, delle cose, ma noi si deve fare quest’opera. Chi ve l’ha detto che...?’. Questa era la sensazione a pelle, nettissima, che si aveva parlando anche con l’ingegnere Longo (4), per esempio, mi viene in mente un altro nome però successivo, che è subentrato, credo, al Cece.
Lo ripeto, tecnicamente non sono né progresso né modernità. Ma, per gli economisti e i giuristi, solo casi di “esternalità negative” non ammissibili in uno Stato di diritto ed efficiente.

(1) Ing. Massimo Cece, imputato CAVET
(2) A. E., responsabile di cantiere CAVET
(3) Dr. Antonio Miola, imputato CAVET
(4) Ing. Michele Longo, imputato CAVET

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