• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Religione > Gli evangelici alla ricerca dell’America Latina

Gli evangelici alla ricerca dell’America Latina

Spesso alleati dei governi più reazionari del continente, pur di raggiungere i loro scopi (politiche antiabortiste, sostegno alla società patriarcale, razzismo e discriminazioni contro comunità indigene e lgbt) gli evangelici non disdegnano nemmeno dei legami opportunistici con governi di centro-sinistra.

All’inizio del XX secolo, il 94% della popolazione latinoamericana era cattolica e solo l’1% degli abitanti del continente si dichiarava aderente al protestantesimo. Oggi gli evangelici sono divenuti il 20% e, in gran parte, hanno ricoperto un ruolo di primo piano nel sostegno ai governi più reazionari del continente latinoamericano, da quello brasiliano ai golpisti boliviani. Non è un caso se il palinsesto di Record Tv, il cui proprietario è il pastore protestante Edir Macedo, è divenuta la seconda tv del Brasile offrendo sempre maggiore spazio alle trasmissioni della Igreja Universal do Reino de Deus.

Il ricercatore argentino Ariel Goldstein, nel suo libro Poder Evangélico affronta il tema della crescita delle comunità evangeliche soprattutto nel Brasile di Bolsonaro e nella Bolivia della golpista Jeanine Añez.

Goldstein sottolinea che le caratteristiche principali delle comunità evangeliche reazionarie sono la militanza contro l’aborto, l’odio contro il femminismo e una visione patriarcale della società.

Tuttavia, pur sostenendo in maggioranza governi di ultradestra, gli evangelici, che sono penetrati in America latina a partire dagli anni Settanta per contrastare la Teologia della Liberazione, non disdegnano nemmeno avvicinarsi a governi di centrosinistra o, più precisamente, sono quest’ultimi a doverli corteggiare se hanno necessità di raccogliere voti e consenso elettorale come dimostra l’ambiguo legame tra il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador e il piccolo Partido Encuentro Social (legato agli evangelici) e il refrain che ama ripetere spesso il presidente autodefinendosi “discepolo di Gesù Cristo”, per non parlare dell’allora presidenta cilena anch’essa alla caccia dei voti evangelici quando correva per conquistare la Moneda.

Definendo i loro avversari come il “male assoluto”, utilizzando un linguaggio messianico che individua i contendenti politici come avversari da sterminare all’insegna di una missione divina, buona parte delle comunità evangeliche negli ultimi anni si è trasformata nel bacino di voti degli ultraconservatori, come dimostrano i casi del presidente colombiano Iván Duque, anch’esso evangelico e dell’ex presidente guatemalteco Jimmy Morales. Sembra inoltre che gli stessi evangelici abbiano contribuito a respingere gli accordi di pace tra lo Stato colombiano e la guerriglia delle Farc nel referendum dell’ottobre 2016, così come abbiano rivestito un ruolo di forte pressione su Evo Morales, finché è stato presidente, per spingerlo a varare una nuova legge sulla libertà religiosa che equiparasse le chiese protestanti a quelle cattoliche.

Dal primo incontro dei leader pentecostali in Brasile, nel 1985, e dalla fondazione del primo partito evangelico in Colombia, nel 1989, fino ad oggi, la situazione è talmente cambiata che la presidenta golpista boliviana Jeanine Áñez, non appena ha fatto il suo ingresso a Palacio Quemado, lo scorso 12 novembre, ha potuto dichiarare che “La Biblia vuelve a palacio” e che “Dios volvería al gobierno”.

Autodefinendosi elegidos por Dios, gli evangelici hanno costituito un fronte comune con i settori cattolici più reazionari, come del resto era già avvenuto in Guatemala negli anni Ottanta, quando prese il potere il sanguinario dittatore Ríos Montt, anch’esso un pastore evangelico e ideatore dell’operazione di sterminio Tierra Arrasada contro le comunità indigene.

Il Brasile resta tuttavia il paese dove il potere evangelico resta più influente, come dimostra la polemica sorta in occasione dell’ultima edizione del carnevale a Río de Janeiro, quando la scuola di samba Mangueira, fondata nel 1928, scelse per la sfilata un Cristo progressista che, “se nascesse oggi, vivrebbe nelle favelas e appoggerebbe le lotte dei neri, delle comunità indigene e lgbt e delle femministe” e fu costretta a fare i conti con un manifesto pubblico sottoscritto da numerosi pastori evangelici che ne prendevano apertamente le distanze.

L’alleanza tra Bolsonaro e il pastore evangelico Edir Macedo rappresenta il segnale più significativo, e inquietante, della penetrazione evangelica in America latina, insieme al gran numero di candidature di esponenti evangelici in occasione delle municipali previste in Brasile per il prossimo 15 novembre.

Su un totale di 885 candidati evangelici, gran parte di loro sono legati alla Igreja Universal do Reino de Deus dello stesso Macedo e appartengono al Partito repubblicano brasiliano e al Partito sociale cristiano, il cui leader è quell’Everaldo Pereira dell’Assemblea di Dio che ha battezzato il presidente Jair Bolsonaro. Attualmente, Pereira si trova in carcere per il suo coinvolgimento in un piano per depredare Río de Janeiro dei fondi stanziati per la sanità pubblica.

Attualmente, gli stati dove si candiderà il numero più alto di politici evangelici sono Amapá, Mato Grosso do Sul e Pará. Secondo il ricercatore del Centro di Religione, Economia e Politica André Ricardo de Souza, in Brasile la commistione politico-religiosa è cresciuta a partire dall’elezione di Bolsonaro al Planalto e a seguito della nomina a ministra della Famiglia di Damares Alves, che ha rivestito un ruolo di collegamento tra il potere e le chiese evangeliche. Inoltre, rivestono il ruolo di ministri anche André Mendonça, alla Sicurezza, e Milton Ribeiro, all’Istruzione.

Infine, gli evangelici possono contare anche sul forte sostegno del Grupo MK, una delle maggiori agenzie di notizie (e di disinformazione) più forti sul territorio brasiliano. Il gruppo, spiega la giornlaista Magali Cunha, del Coletivo Bereia, appartiene alla famiglia del senatore Arolde de Oliveira e ogni giorno produce fake news a tutto tondo. Convertito alla Igreja Batista e assai vicino alla famiglia Bolsonaro, Arolde de Oliveira è uno dei principali esponenti della bancada evangelica.

Il Coletivo Intervozes di recente ha lanciato la campagna “Fora Coronéis de Mídia”, per denunciare il cosiddetto coronelismo eletrônico che concentra i media nelle mani dei politici, anche di quelli evangelici. Chissà se basterà per fermare l’onda evangelica che sta scuotendo ogni giorno di più il Brasile e l’intera America latina.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità