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Gioventù sprecata, generazioni perdute

Nel saggio “L’Italia che non cresce” (Laterza, 2013), Alessandro Rosina riesce a dialogare con l’anima demografica nazionale, sempre più apatica e rassegnata.

Giovane” ha la stessa radice del verbo “giovare”, che significa anche contribuire al bene comune. I giovani sono in grado di adattarsi più velocemente ai cambiamenti e sono il vero motore creativo e produttivo della società. L’esempio italiano è un esperimento naturale molto illuminante che dimostra dove possono portare le scelte politiche obsolete e castranti delle vecchie classi dirigenti.

In Italia i giovani sono diventati troppo dipendenti dalla famiglia e la scuola non favorisce la promozione sociale: per l’Ocse siamo “una delle nazioni con la correlazione più elevata tra il reddito dei genitori e quello dei figli adulti” (2010). Inoltre una donna su due non lavora e date le cattive condizioni economiche si fanno pochi figli (al Sud lavora solo una donna su tre). Negli anni Novanta "la fecondità del Sud Italia era ancora posizionata sopra 1,6 figli per donna, oltre la media europea, mentre il valore del Nord era 1,1". Però negli ultimi anni le cose si sono invertite: “nel 2010 nell’Italia settentrionale il valore risulta pari a 1,47 contro 1,25 dell’area meridionale” (p.67). Il fenomeno è anche dovuto alla maggiore presenza di immigrati nelle regioni più ricche del nord.

Nel nostro paese “la combinazione tra popolazione anziana crescente e popolazione attiva in riduzione rende l’indice di dipendenza degli anziani italiani uno dei peggiori al mondo”. Quindi la spesa sociale italiana risulta troppo sbilanciata in favore della “vecchiaia” (51 per cento) e della sanità (25,8 per cento), e trascura la famiglia (4,8 per cento) e i disoccupati (3 per cento). Inoltre l’Italia investe nelle politiche familiari solo l’1,3 per cento del Pil: “è il valore più basso dell’Europa occidentale (la media europea è pari al 2,1 per cento)”. In Italia i vecchi burocrati continuano a riempirci le orecchie di buone parole, anche se le chiacchiere non hanno mai sfamato nessuno.  

Comunque Rosina è ottimista e considera l’uomo un essere speciale: “Quelli che per le altre specie sono semplicemente dei vincoli, per lui, grazie alle sue grandi capacità di adattamento e innovazione, sono sfide per migliorarsi e raggiungere mete impensabili fino a poco tempo prima”.

Io sono più realista e penso che gli esseri umani possono spostare i limiti nel tempo e nello spazio, ma non possono eliminare i grandi limiti. Alla natura non si comanda e di certo non tutti i Paesi possono fare come i cinesi, che dopo aver inquinato e ucciso i pesci delle loro coste, sono costretti ad andare a pescare in tutto il mondo, fino a finire davanti alle coste sovrappopolate del Marocco.

Alessandro Rosina è professore di Demografia e Statistica sociale presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. Nel 2009 ha pubblicato “Non è un paese per giovani” (Marsilio).

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