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Gioia del Colle (BA): sette milioni di euro l’anno per lebbrosario religioso

Repubblica segnala il caso del lebbrosario Colonia Hanseniana Opera Pia Miulli a Gioia del Colle in provincia di Bari, poco utilizzato ma che continua a costare ai cittadini circa sette milioni di euro all’anno. La struttura, tra le pochissime rimaste in Europa, è gestita da un ente collegato alla diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e ogni anno chiede i rimborsi alla Regione. I pochi ricoverati potrebbero ormai tornare a casa dato che non sono più positivi alla malattia, a fronte di una sessantina di dipendenti e almeno 100 posti letto.

Una dipendente della struttura ha presentato una denuncia a Corte dei Conti e Procura della Repubblica, perché il Miulli percepisce finanziamenti per pazienti che potrebbero anche non rimanere, ma anche per altre irregolarità e sprechi, come un “commercio” di generi alimentari e scambi di “favori”. Le linee guida concordate fin dal 1999 dalla Conferenza Stato-Regioni sul morbo di Hansen (il nome scientifico della malattia) stabilirebbero che nessuno dei degenti è in condizioni tali da dover rimanere nella struttura.

Un ex ricoverato, rimasto per vent’anni nell’ospedale per “paura di affrontare la vita” anche se avrebbe potuto andarsene, sostiene che la sua presenza, “come quella di tanti altri, serviva solo a giustificare l’esistenza della colonia”. L’uomo fa capire di aver subito pressioni per rimanere e quindi tenere in piedi il sistema che finanziava la colonia. Per gli stessi pazienti, che hanno difficoltà a reinserirsi nella vita sociale, l’ospedale era diventato una sorta di pensione, dove ricevere un sussidio giornaliero, vitto e alloggio.

Arrivato il caso sulla stampa, è intervenuto don Domenico Laddaga, il delegato del vescovo Mario Paciello. Il sacerdote ha detto che “la diocesi in sé e per sé non c’entra” nella gestione del Miulli, amministrato però da “un ente ecclesiastico”. Laddaga precisa inoltre che “non c’è nessuno stipendio” per i lavoratori della struttura, finanziata “dai soldi della colonia”. “Impressiona la tempistica” con cui sono comparsi gli articoli sul caso Miulli, afferma Laddaga. Il sacerdote infatti attende la sentenza di appello per il ricorso presentato da un medico, licenziato lo scorso ottobre “per alcune irregolarità che avevamo riscontrato nella gestione delle cartelle cliniche e delle presenze dei malati” e che “si è appellato dopo aver perso il ricorso ex articolo 700 per il reintegro”. Laddaga chiarisce che la contabilità del Miulli “è assolutamente separata” da quella della Curia e che tempo fa venne chiesto “al Ministero di chiudere la colonia, ma loro ci hanno chiesto di mantenerla aperta poichè, essendo l’unico centro di riferimento nazionale per i malati di lebbra, potrebbe essere necessario il suo utilizzo in caso di ricoveri di emergenza, soprattutto di extracomunitari”. In media, ci sarebbero dai trenta ai settanta pazienti, a seconda dei periodi.

Intanto la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi regionali, presieduta da Leoluca Orlando, ha disposto una richiesta di relazione all’assessore per la Salute della Regione Puglia Tommaso Fiore sull’attività del lebbrosario.

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