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Gino Strada non è la Madonna

Che Gino Strada fosse contrario alla guerra in Libia, era prevedibile. Ed è, checché se ne dica, certamente giusto quanto sacrosanto. Nel dibattito dialettico su quanto opportuna sia questa guerra, che vede come al solito la contrapposizione tra intervento e neutralità, si rivela di fondamentale importanza la posizione intransigente del pacifismo instancabile e inveterato. Tuttavia, al di là della retorica fine a se stessa, è forse il caso, come ha scritto anche Concita De Gregorio, di rispolverare quella pratica un po’ consunta dalla tarma della trascuratezza che è l’esercizio del dubbio. Non dovrebbe essere, anche in un periodo di guerra che si prospetta abbastanza lungo, un sacrilegio farlo. Anzi, appare più che altro un lusso di cui spesso si preferisce non adornarsi. Ma proviamo ad insinuarlo ugualmente.

Di notizie ne girano parecchie, alcune vere, altre un po’ meno, altre ancora che sono balle catastrofiche. Partiamo quindi dai fatti, ricavabili da quei canali informativi che normalmente consideriamo affidabili e che non si vede perché stavolta non debbano esserlo. Gheddafi è certamente un tiranno sanguinario, e chiunque tenti solamente a sminuire la sua figura, cercando di farlo apparire meno delinquente di quanto sia, è a sua volta un delinquente. Noi europei, e in primis italiani, lo sapevamo da un pezzo, non ce ne siamo certamente accorti ieri. Tuttavia, nell’ipocrisia imperante che fa da cornice alla politica internazionale, ci siamo rapportati a lui considerandolo come interlocutore e capo di stato degno di legittimazione, a patto che garantisse i nostri interessi economici. Ed è stato certamente un imperdonabile errore. Ma il fatto che oggi sia in atto una strage, non può passare come un fatto secondario. Chi prova a bollare come aspetto di secondo piano questa realtà è di fatto un perdente. Nel vero senso della parola.

Alcuni, meglio conosciuti come sciocchi, vanno affermando che non sia vero che le truppe di Gheddafi stiano trucidando civili inermi e ribelli, ovvero quegli insorti la cui dimestichezza con le armi fa quasi imbarazzo. E tutto quanto leggono dai giornali lo imputano all’evidente propaganda del regime imperialista mirante a giustificare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’intervento militare in Libia. Di queste persone va certamente apprezzata la fantasia con la quale foraggiano la loro presa di posizione pur di non intaccare la loro inveterata convinzione che la guerra sia sbagliata. Che, per inciso, è una convinzione lecita quanto veritiera. Ma da qui a utilizzarla come schermo pur di non vedere quel che sta accadendo si fa un passo che conduce dritto dritto nel ripugnante funambolismo intellettuale. Basta leggere la corrispondenza dal fronte di Vincenzo Nigro su Repubblica o altre ugualmente valide per rendersi conto che quanto di più disumano possa essere messo in atto dall’uomo sta attualmente avvenendo in Libia. Teste senza scalpi, corpi mutilati dai bombardamenti a tappeto, cecchini sui tetti che sparano a casaccio colpendo, indistintamente, ribelli e civili, medici e pazienti, donne e bambini. Se c’è una linea sottile che separa una guerra da un selvaggio massacro, in Libia è stata certamente varcata.

Questa è, in spiccioli, la strategia militare di Gheddafi. Ammazzare chiunque gli si opponga. Bombardare il suo popolo. Fare una strage. E l’idea che non l’avrebbe fatto se non ci fosse stato l’intervento provocatorio degli Alleati non può e non deve convincere nessuno. Sarebbe stato più facile, anzi, e più rapido per lui perpetrare la sua carneficina. Perché, lo abbiamo detto, è da sempre un dittatore sanguinario, un fottuto criminale.

La verità è che non si doveva arrivare a tutto questo. Ma è pur vero che, volenti o nolenti, ci siamo arrivati. Anzi, abbiamo favorito che le cose prendessero una tale piega. E allora si dirà che è sbagliato l’approccio, che bisognava intervenire prima e con altri mezzi, che è stato fatto di tutto pur di non evitare l’uso della forza. Anche questo, purtroppo, è vero. Tuttavia impegolarsi nella retorica dello ieri, del ci-si-doveva-pensare-prima, non fa di noi delle anime belle. Perché continuare incessantemente a parlare dell’occasione perduta, senza concederci il lusso di ascoltare altri punti di vista, vuol dire privilegiare le parole e dimenticarsi della realtà. Che le parole servano per il futuro è quanto di più giusto si possa dire. Ma è altresì giusto riconoscere la drammaticità dello stato di cose attuale. Che la gente muore. E qualcosa bisogna pur fare. Perché non facendo assolutamente nulla, a babbo morto, non avremmo ricevuto alcuna eredità di cui andare fieri, né in termini di spiccioli e depravati interessi energetici, né soprattutto in quelli di dignità umana. Dignità che, agli occhi della Libia e di tutto il mondo, abbiamo già perduto. Ma un sostegno a favore degli insorti, sebbene non possa restituircela in toto, forse, e ripeto forse, consentirebbe in parte di sdebitarci. Certamente non ci riabiliterà agli occhi dei libici, ma forse i posteri un misero merito nel mare infinito dei demeriti che affollano il nostro trascorso pure ce lo riconosceranno.

Per quanto sia sacrosanto affermare che la guerra non è mai giusta, nessuno può dispensare sentenze sull’inevitabilità o meno – oggi, s’intende – dell’intervento. Perché dire che una guerra è giusta o che è inevitabile non è, a conti fatti, la stessa cosa. L’inevitabilità non sopperisce certamente alla mancanza di giustizia, non rende una guerra più giusta di un’altra, soprattutto perché, in questo caso, si è lavorato acchè la guerra divenisse l’unica strada possibile per fare qualcosa. Ma oggi nemmeno Gino Strada può affermare, senza concedersi il beneficio del dubbio (ma certamente se lo sarà concesso), che per salvaguardare le vite dei civili e dei ribelli libici l’intervento fosse senza ombra di dubbio da evitare. Può certamente dire quello che si poteva fare prima, e quello che si dovrà fare poi. Ma quel che si deve fare oggi, con assoluta certezza, no, non lo può dire. Ha certamente ragione Strada quando afferma l’assoluta necessità di sedersi al tavolo delle trattative con Gheddafi prima che si intervenisse militarmente. Ma confidare nella disponibilità di Gheddafi affinché rendesse questa strada davvero praticabile, è per alcuni un’idea condivisibile, per altri un po’ meno. Questo dubbio è certamente legittimo. Ed è anche il centro della questione. Si dirà, non si è nemmeno provato a praticarla. È vero, e sarà una macchia indelebile per la reputazione dell’Onu. Ma è pur vero che non c’erano assicurazioni che i massacri non fossero continuati mentre si tentava una riconciliazione. Non dimentichiamoci che, prima che la Francia intervenisse, Gheddafi era alle porte di Bengasi. Ed era un massacro annunciato.

Non che Strada sbagli a dire quel che dice, intendiamoci. Anzi, nessuno più di lui ha la facoltà e il diritto di dirlo, con tutte le ragioni e i meriti del caso. E non è assolutamente la sua persona, Dio me ne guardi, che si vuole contestare, e a cui va immenso e meritato rispetto. È un bene che in Italia ci siano persone come lui, che non possono essere altro che un lustro e un vanto per la nostra nazione. Fatti i doverosi convenevoli, l’intento è, semmai, insinuare un dubbio in tutte quelle persone che condividono senza passare al setaccio del proprio giudizio tutte le sue idee. Perché prima di uno Strada, prima di, per dire, un Berlinguer, prima di qualsiasi altra persona degna della più alta stima che siamo in grado di riservare a essere umano, ciò che non va mai perduta è la propria capacità di giudizio, per non accodarsi come pecore all’opinion leader di turno. Fanno un po’ di tristezza quei guru latori di un sano e radicale pacifismo che ripetono le ragioni e le idee del fondatore di Emergency in maniera confusa e a mo’ d’accozzaglia, dimostrando che, sebbene diano l'impressione di averle intese, non le hanno realmente comprese. Poi si può essere d’accordo comunque con quanto dice Strada (anche chi scrive – su gran parte delle sue opinioni – è d’accordo). A patto che ogni idea venga sempre e comunque sottoposta al vaglio della nostra ragione. Perché, checché se ne dica, nemmeno Gino Strada è la Madonna.

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