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Gigi Di Fiore rilegge distorsioni e misfatti degli Alleati nel Sud dopo il 1943

 

Si intitola "Controstoria della Liberazione, le stragi e i crimini dimenticati degli Alleati nell'Italia del Sud", l'ultimo libro di Gigi Di Fiore sempre per l'editore Rizzoli. Dopo le analisi sulle distorsioni e i misfatti del Risorgimento, dopo i testi sulla criminalità organizzata, l'interesse storico del giornalista e scrittore napoletano si sposta su anni più recenti: quelli della Liberazione-Resistenza.

Nel 2013 saranno trascorsi 70 anni da quel fatidico 1943 e sicuramente gli anniversari-celebrazioni si moltiplicheranno. Di Fiore anticipa tutti e, con attenzione verso il Mezzogiorno come è tradizione delle sue ricerche, ricostruisce vicende scomode legate alla Liberazione alleata e, soprattutto, analizza le eredità buie lasciate nel sud dell'Italia repubblicana riunito di nuovo con il nord. Ne parliamo proprio con l'autore.

Di Fiore, come mai un'altra controstoria?

“Al di là della provocazione da editing del titolo, ho sempre avuto la curiosità di raccontare episodi poco noti, o rimossi, perchè scomodi alle ricostruzioni storiche ufficiali. L'ho fatto sul Risorgimento e il mio ultimo libro è naturale prosecuzione dei precedenti”.

In che modo si inquadra nella scia delle sue ricerche?

“La mia attenzione è puntata sulla storia del Mezzogiorno. Da inviato del Mattino, ne racconto spesso i problemi attuali e l'interesse storico è nato proprio dalla ricerca verso le cause remote di ciò di cui oggi scrivo da giornalista. Dopo 83 anni dalla sofferta unificazione, l'Italia era nel 1943 di nuovo divisa in due dalla terribile guerra: al nord la Repubblica di Salò, giù il piccolo regno del Sud. Due storie diverse che portarono alla nuova riunificazione, con sofferenze e squilibri”.

Di che genere?

“I modi differenti in cui l'Italia venne liberata, crearono differenze alla ripresa. Per motivi strategico militari, cominciando l'avanzata alleata nel Sud, i bombardamenti a tappeto furono concentrati nelle regioni meridionali. Il risultato fu che, alla ripresa, il 64 per cento dell'apparato industriale meridionale era distrutto. Al nord, invece, i patteggiamenti dei grossi gruppi industriali con i tedeschi in ritirata salvarono gli stabilimenti. Uno squilibrio oggettivo alla ripresa nel dopoguerra”.

Ce ne furono altri?

“Nel sud vivemmo una vera occupazione dei vincitori della guerra. Ci furono due anni di distorsioni, rapporti complessi, che crearono le condizioni per la rinascita della criminalità organizzata, mafia e camorra in testa, alimentarono inflazione selvaggia con la circolazione indiscriminata delle Am lire. Nella memoria in tante zone martoriate, l'idea della guerra è diversa da quella ufficiale”.

Su che episodi si sofferma il libro?

“Diversi. Gli stupri di migliaia di donne in Ciociaria da parte delle truppe coloniali francesi e i loro calvario successivo, ad esempio. Vicende su cui esiste ancora il segreto di Stato in Francia fino al 2047. I complicati due anni di occupazione anglo-americana a Napoli, i bombardamenti anche dopo l’8 settembre, le fucilazioni a freddo dei soldati italiani prigionieri da parte degli americani in Sicilia. E poi la subordinazione degli italiani alle volontà alleate nei governi fragili che si insediarono a Brindisi e Salerno”.

Che insegnamento se ne può trarre?

“Mi sono divertito nel gioco delle analogie e differenze con quanto era accaduto 83 anni prima. Risorgimento e Liberazione-Resistenza sono i due momenti fondanti della nostra Repubblica. Ai meridionali, in entrambi i periodi, si è sempre addossata una condotta passiva in quei due processi storici fondamentali. Nenni parlò di vento del nord a sottolineare che, con il movimento partigiano, nel centro-nord c'era stata una liberazione più virtuosa che al sud. Era vero per un complesso di ragioni, ma sembrò radicare un'idea di diversità etica tra nord e sud nei confronti della guerra. Analizzo, per questo, partendo dalle vicende ricostruite, anche l'avvio del dibattito nord-sud nel dopoguerra, con delle idee finali precise”.

Quali?

“Dalla loro storia di 150 anni i meridionali devono imparare che è finito il tempo di piangersi addosso, di addossare sugli altri sempre i loro problemi. Ci sono anche responsabilità nostre, soprattutto della nostra classe dirigente. Bisogna capire che i meridionali devono diventare protagonisti del nostro destino, senza attendere più il demiurgo di turno. Fosse Garibaldi, o fossero gli americani”.

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