• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Giacomo Casanova, fuga dai Piombi di Venezia.

Giacomo Casanova, fuga dai Piombi di Venezia.

Nel luglio del 1755, quando viene arrestato e portato nel carcere dei Piombi, Giacomo Casanova ha trent’anni.

E’ alto, aitante, ha una voce calda e profonda, si destreggia con grande abilità tra i tavoli da gioco e nei salotti.

E’ ateo, anticonformista, si professa libero pensatore. E’ un avventuriero, un uomo di grandi risorse.

Che cosa erano esattamente i Piombi?

Giacomo Casanova, fuga dai Piombi di Venezia.

Diciamo subito che erano piccole stanze completamente foderate di legno che si trovavvano nel sottotetto di Palazzo Ducale.

Erano molto piccole e potevano ospitare una o due persone al massimo.
 
Erano sette in tutto: quattro davano sul rio del Palazzo (Ponte dei Sospiri) tre sul cortile interno.

Non erano le celle più scomode del Palazzo Ducale: nei sotterranei ce ne erano delle altre che si chiamavano Pozzi, parzialmente immerse nell’acqua e illuminate da un piccolo pertugio affaccaito sul rio.

La cella di Casanova aveva una grossa trave che attraversava il soffitto. Quella trave oscurava il lucernaio e questo non era un particolare da poco perché, per il timore degli incendi, non potevano essere accesi i lumi.

Le celle erano gelide d’inverno e roventi d’estate a causa della copertura del tetto che era di piombo.
 
 
Il soffitto era molto basso e Casanova che era sul metro e novanta, e quando stava in piedi doveva stare leggermente curvo.

Suoi compagni di cella topi e pulci.

L’arredamento era spartano: una mensola e un bugliolo. Ma era consentito farsi portare dei mobili da casa. Casanova si fece portare una poltrona e dei libri e passava le ore di luce a leggere.

La stanza si trovava sopra la Sala dei tre inquisitori di stato.

Erano tre patrizi eletti a scrutinio segreto: due di loro indossavano una veste nera, il terzo una rosso sgargiante.

Casanova li chiamava il Rosso e i Neri.

"I signori inquisitori - scrive nelle sue memorie - devono fare ogni sforzo possibile per tenere in prigione un colpevole; ma il colpevole che, per sua fortuna non è prigioniero sulla parola, ha ugualmente l’obbligo di tentare ogni via per riguadagnare la libertà: il diritto dei primi ha per fondamento la Giustizia, quello del secondo la Natura".
 
 
E alla fuga Casanova comincia a pensare sin da subito.

Procuratosi in maniera fortunosa un ferro acuminato, comincia a praticare un buco nel pavimento di legno.

L’idea è quella di calarsi nottetempo nella Sala degli Inquisitori e svignarsela.

Proprio quando il lavoro notturno di scavo è arrivato quasi alla sua conclusione, gli viene concesso il trasferimento in una cella più comoda.

Nella nuova destinazione Casanova entra in contatto con un altro detenuto, padre Balbi, condannato per avere ingravidato tre perpetue.

I due decidono di fuggire dai tetti. Casanova che ha praticato il buco dal quale fuggire nella sua cella, ha bisogno di far pervenire a Padre Balbi lo spuntone di ferro acuminato da lui utilizzato.
 
 
Ecco l’espediente al quale ricorre: nasconde lo spuntone di ferro nel dorso di una enorme Bibbia e prega un carceriere di fare avere il volume a Padre Balbi.

Per evitare che il carceriere si accorga dell’arnese, usa uno stratagemma che ha dell’incredibile: chiede al carceriere di portare a Padre Balbi la Bibbia insieme con un piatto di maccheroni al burro.
Mette nel piatto talmente tanto burro che quando consegna al carceriere il volume con il piatto di maccheroni sopra pieno all’orlo, il carceriere protesta.

E’ preoccupato all’dea di versare il burro e sporcare il libro.
Giacomo insiste. Il carceriere vorrebbe portare prima i maccheroni e poi il libro.

"Gli risposi sorridendo - scrive Casanova - che così il mio regalo avrebbe perso tutto il suo incanto. Si decise finalmente a prenderlo, non senza lagnarsi perché avevo messo troppo burro e avvertendomi che se l’unto fosse colato sulla Bibbia, non sarebe stata colpa sua".

Il piano riesce e otto giorni dopo anche Padre Balbi ha praticato il foro che gli consente di evadere dalla cella.

E così nella notte del primo novembre i due evadono. Si ritrovano nel sottotetto. Dopo varie difficoltà e avventure finiscono in un archivio.

E’ la festa di Ognissanti e il Palazzo è deserto.

 
Casanova, rendendosi conto che è impossibile abbattere dall’interno il portone monumentale, decide molto audacemente di affacciarsi ad una finestra.
Viene notato da un guardiano che pensa di trovarsi di fronte ad un magistrato rimasto chiuso dentro il palazzo.

Una volta in Piazza, Casanova prende una gondola e si fa portare a Mestre.

Pochi giorni dopo è a Bolzano.

Racconterà la sua fuga dai Piombi per anni e anni, in tutti i salotti d’Europa.
 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares