Genova per noi laici
Ancora una volta, una calamità naturale si è abbattuta sul nostro già martoriato paese. Non c’è alcun dio a inviarla per punirci di chissà quali colpe. E verrebbe da dire: “peccato”. Perché di colpe ce ne sono veramente tante.
Si dice ora che si poteva evitare. Che i soldi ci sono, i progetti anche, ma che poi la burocrazia blocca tutto, che il Tar tarda a esprimersi sul contenzioso. Siamo purtroppo in una situazione in cui tutto il contenzioso che il cittadino ha con lo Stato deve passare attraverso la giustizia amministrativa, che si tratti di un’insignificante messa illegittima o di vite umane da proteggere ricostruendo velocemente gli argini. Un buon uso della ragione suggerirebbe di intervenire al più presto. Suggerirebbe anche di risolvere una volta per tutte un triste primato italiano: i lavori pubblici più inutili, lenti e costosi d’Europa.
Nel frattempo la popolazione se la prende con i politici, tutti. Ha molte ragioni per farlo. Se l’è presa anche con il cardinal Bagnasco, l’arcivescovo della città. E si può capirla. Il presidente della Cei ha stanziato un milione di euro per la sua città. Per farlo ha attinto ai fondi ricevuti con l’Otto per Mille: circa tre milioni di euro. Al giorno. La negoziante inviperita la sa forse più lunga di quei giornalisti che, acriticamente, hanno ripreso ed enfatizzato il comunicato stampa Cei.
E dire che lo Stato potrebbe e dovrebbe impiegare per le calamità naturali la quota di sua pertinenza di quell’Otto per Mille: circa 170 milioni ogni anno. Che potrebbero diventare un miliardo, se il governo facesse il suo dovere e se i contribuenti fossero più informati. Perché dubitiamo proprio che, se i cittadini fossero informati, non capirebbero che è meglio impiegare per prevenire e fronteggiare le catastrofi naturali i 156 milioni che la Cei spende invece ogni anno “per il culto e la pastorale nelle diocesi”. O i 122,5 milioni che finiscono alla “costruzione di nuove chiese”, inutili in un paese che si va secolarizzando, in cui sempre meno fedeli vanno a messa. In cui il rischio idrogeologico è tra i più alti al mondo. Eppure, per la sua edilizia destinata al culto, il cardinal Bagnasco attinge anche alle casse dissestate del Comune di Genova, ricavandone altri centomila euro l’anno. Per farlo,bara anche sul numero dei fedeli.
“Il papa ha pregato per Genova”, si è letto e sentito ovunque, come se fosse una notizia. È amaro constatare come i mezzi di informazione italici siano rimasti alla Controriforma, a prima del terremoto di Lisbona e della riflessione di Voltaire su di esse: difficilmente quel dio che non ha impedito la catastrofe potrà ora porvi rimedio. Il cambiamento climatico è un dato di fatto, per quanto negato dalla destra religiosa, e va affrontato a ragion veduta trasformandolo in una priorità. Genova è per noi laici ciò che è Parma, ciò che è la Maremma, ciò che sarà il prossimo territorio che verrà colpito. È un’idea come un’altra: che il nostro paese è troppo dissestato e troppo a corto di risorse per spenderle inutilmente.
Raffaele Carcano, segretario Uaar
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