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Galantino al Meeting di Rimini. Quel senso del limite applicato sempre agli altri e mai a se stessi

Il passaggio del vescovo Galantino, segretario della Cei, al meeting riminese di Cl segna il ritorno della Chiesa cattolica alla sua vecchia e cara abitudine di accusare mantenendosi sul vago, di lanciare frecciate senza far capire chiaramente a chi sono rivolte, così che ognuno possa fornirne un’interpretazione vantaggiosa per sé e redirigere le velate accuse contro qualcun altro. Con la differenza che stavolta la tecnica non ha funzionato, chi si è sentito toccato dal discorso non ha alzato il naso per aria fischiettando. Troppo alta la tensione in questa finestra agostana, calda non solo per via dell’anticiclone delle Azzorre e piovosa soprattutto di critiche e accuse reciproche tra il mondo politico e quello ecclesiastico.

Proprio vero, cosa non si direbbe per raccogliere consensi

Era stato lo stesso Galantino a parlare in modo insolitamente esplicito e aggressivo, quando puntava il dito contro i leader politici che si oppongono all’accoglienza dei migranti soccorsi nel Canale di Sicilia. «Piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse», aveva tuonato il vescovo in un’intervista su Radio Vaticana, e pur in mancanza di uno straccio di nome non era affatto difficile capire con chi ce l’avesse. La Lega di Salvini, innanzitutto, che solo qualche giorno prima aveva provocatoriamente detto in un tweet: «Altri 800 clandestini sbarcati in Italia. Li staranno portando a Bruxelles o in Vaticano…?». Lo stesso Salvini ha infatti replicato prontamente a Galantino ma, almeno all’inizio, senza chiudere del tutto le porte alla Chiesa specificando che il problema non è la Chiesa nel suo complesso, ma «qualcuno che fa politica a nome della Chiesa». Purtroppo per lui, però, quel “qualcuno” è il segretario della Cei, ovvero la Chiesa in Italia, mica un parroco di quartiere. Quella stessa Chiesa con cui si sono sempre trovati in piena sintonia quando l’argomento erano i crocifissi e le radici cristiane, l’ora di religione e le scuole paritarie, le famiglie arcobaleno e perfino il presepe.

È probabile che nel mirino di Galantino ci fosse anche il M5s, fresco annoverato tra i rigoristi dell’accoglienza per via della dura presa di posizione espressa da Beppe Grillo sul suo blog. O forse anche no, chissà, bisognerebbe chiederlo direttamente a Galantino. Il senatore grillino Morra non ha dubbi e ha messo subito le mani avanti: il vescovo non ce l’aveva con loro perché il M5s, a differenza dei leghisti, «non vuole sparare sui barconi, ma impedire che i fenomeni migratori producano altra morte».

È verosimile che la preoccupazione principale di Morra non fosse tanto il presunto rimprovero ecclesiastico quanto il rischio di essere dipinti come xenofobi, il che sarebbe più che comprensibile, ma corre voce che all’interno dell’universo a cinque stelle si stia meditando su un passetto avanti in direzione del Vaticano. Nell’ambito di questo cambio di rotta potrebbe inserirsi anche la“benedizione”, è proprio il caso di dirlo, dell' intervento del deputato Fantinati alla kermesseromagnola ciellina. Sì, proprio quella Cl che qualche anno fa Grillo apostrofava chiamandola “Comunione e disperazione”. Potremo capire di più solo dopo che Fantinati avrà avuto modo di parlare. (l'aritcolo è stato scritto prima del duro intervento del grillino contro Cl, ndr)

Il Pd non si sentiva tra le parti in causa, anzi approfittava della situazione per prendere la scia della Cei e criticare a sua volta leghisti e grillini, descritti dall’onorevole Boccia come capaci solo di dire di no. Secondo Boccia la Chiesa «ha il sacrosanto diritto di esprimere le sue opinioni»; non ravvisava quindi, a differenza di Salvini, nessuna ingerenza politica nell’iniziativa del segretario della Cei. Ma l’intesa tra il principale partito di governo e la Chiesa, o sarebbe meglio dire quella che il Pd percepiva come un’intesa, non è durata molto perché dopo giusto qualche giorno è arriva una nuova stoccata di Galantino, ma stavolta indirizzata al governo. In un’intervista pubblicata da Famiglia Cristiana il vescovo rimproverava all’esecutivo di limitarsi a «salvare i migranti in mare per mettere a posto la coscienza nazionale», spiegando che nelle strutture gestite dalla Chiesa «la polizia ci porta gli immigrati e poi chi si è visto si è visto». Peccato che nelle stesse ore era stata diffusa la notizia del “lager” per ragazzi immigrati gestito dalla diocesi di Reggio Calabria, a smentire con i fatti l’assunto per cui la Chiesa sarebbe la sola vera dispensatrice di carità, anzi, di Caritas, e che quello fosse il suo unico obbiettivo.

Al fuoco, al fuoco! Qualcuno chiami i pompieri

A questo punto ad essere contrapposta alla Cei era una buona parte dell’arco parlamentare. Debora Serracchiani, numero due del Pd, pur evitando di alzare troppo i toni rispondeva «a tutti quelli che dispensano soluzioni, a chi dà giudizi ingenerosi, a chi la fa facile» dicendo che il governo «sta affrontando con razionalità una soluzione difficile», e aggiungendo di aver «fatto sì che tutta l’Europa si muovesse». La situazione era talmente tesa che Famiglia Cristiana ha dovuto sconfessare il suo giornalista, spiegando che le dichiarazioni di Galantino erano state riportate con toni esagerati ed esprimendo le sue (del giornale) scuse ufficiali al vescovo.

Troppo odore di napalm nell’aria, urgevano interventi autorevoli per cercare di sedare l’animosità. Il primo tentativo in tal senso lo ha fatto il cardinale Bagnasco incontrando i profughi presso il seminario arcivescovile della sua Genova, cornice ideale per giustificare un intervento sul tema dell’immigrazione che non potesse essere ricondotto inequivocabilmente alle accese polemiche in corso. E quale potrebbe essere il modo migliore per gettare acqua sul fuoco se non quello di creare un diversivo? Ad esempio puntando il mirino al di fuori dei confini nazionali, in modo che tutti distogliessero gli sguardi dai reciproci avversari interni. «Mi chiedo se questi organismi internazionali, come l’Onu in modo particolare che raccoglie il potere politico ma anche il potere finanziario, hanno mai affrontato in modo serio e deciso questa tragedia umana», ha dichiarato Bagnasco aggiungendo che spetta a tutto l’Occidente «affrontare seriamente e trovare vie di soluzione efficaci a questa tragedia immane, a queste persone che fuggono dai loro paesi per guerra, violenza, carestia». E giù anche col solito spot pro Otto per mille, con i ringraziamenti per i contributi attraverso cui la Chiesa ha potuto accogliere così tanti profughi. Qui si potrebbe obiettare benissimo che solo una parte della tassa di religione viene effettivamente utilizzata per solidarietà, e ancora meno per quella sul territorio nazionale, ma è già sufficiente far notare a Bagnasco che tante strutture di accoglienza non religiose fun­zio­na­no con i soli contributi dello Stato, senza percepire nessun Otto per mille, a differenza delle Caritas.

Il diversivo di Bagnasco è stato prontamente esaltato dall’ex numero uno leghista Maroni, con l’evidente intento di dare una mano a ricucire lo strappo tra i vescovi e il suo partito. Anzi, il governatore lombardo ne ha anche approfittato per attaccare l’esecutivo: «un governo incapace non sa fare altro che imporre con la forza invio di clandestini nelle Regioni di centrodestra». Anche il governatore veneto Zaia ha plaudito all’intervento di Bagnasco, e anche lui secondo lo schema citato in premessa che è quello di sezionare il discorso avocando a sé le parti condivisibili, in questo caso l’attacco all’Onu, e tralasciando quelle scomode, in questo caso l’accoglienza ai profughi. In pratica quello che è sempre accaduto con tutte le esternazioni della Cei fino a Bagnasco, buone per tutti, come in un aperitivo buffet dove ognuno prende solo le tartine che gli piacciono.

Un passo indietro e due avanti

La mossa successiva di Galantino sembrava in un primo momento andare proprio nella direzione verso cui aveva cercato di spingere Bagnasco. Avrebbe dovuto intervenire a un convegno su De Gasperi a Pieve di Tesino (TN), ma ha disdetto scrivendo agli organizzatori di voler «evitare con la mia sola presenza, di contribuire a rafforzare polemiche o anche semplicemente di allontanare il momento del rasserenamento di un clima invano esasperato». E infatti alla fine non c’è andato. C’è andato però il testo del suo discorso che le polemiche le ha invece riaccese, e di brutto, intervenendo a gamba tesa nell’agone politico, quindi decisamente al di fuori dell’ambito proprio della Chiesa. L’intero mondo politico italiano è stato definito «un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi», ma a ben guardare questa è una definizione che invece calza a pennello proprio alla struttura della sua Chiesa, come ha detto perfino Daniela Santanché (Fi) che ha infatti dichiarato: «In quanto a cooptati, harem e furbi, evidentemente Galantino in quanto capo dei vescovi se ne intende assai». Peccato che queste cose vengano evidenziate solo nei momenti di crisi, mentre in tutti gli altri momenti la Chiesa viene costantemente tirata per la giacchetta.

E arriviamo così al meeting di Cl, in un clima tutt’altro che sereno. Qui Galantino interviene di persona con un discorso i cui toni sono ben lontani da quelli accusatori dei giorni precedenti, anche se non manca un messaggio rivolto alla politica laddove parla di «scelte, individuali e pubbliche, guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco meditati, dettati spesso dalla ricerca dell’utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza». Parole che in condizioni “normali” nessun politico si sognerebbe di criticare, mentre nel contesto attuale hanno attirato contestazioni dalle forze di destra.

In realtà le parti del discorso che meritano di essere sottolineate sono altre, diverse da quelle contestate. Sono quelle in cui Galantino critica il mondo post sessantottino reo di aver messo «al centro — talvolta enfatizzandola in maniera esclusiva — la libertà individuale». Perché per lui «la persona non è solo libertà e libertà assoluta» in quanto la sua sarebbe una «libertà creata», ma il relativismo «vuole promuovere a tal punto la libertà individuale da non tollerare chi la intenda in altro modo, limitando la libertà altrui al fine di difenderla». In altre parole, per Galantino vi è piena libertà solo quando loro possono essere liberi di privarne gli altri in nome di verità autoproclamate, concetto che si applica benissimo non solo contro gli individui ma anche contro partiti e istituzioni.

E che dire della parte sul limite come risorsa? Lì Galantino avverte che è sbagliato considerare «i gruppi e gli Stati per quanto sanno produrre o per le risorse finanziarie di cui dispongono», ma occorre che la società tenti «con i mezzi di cui realisticamente dispone di risollevare i poveri, per non creare un mondo a due velocità», facendo «attenzione a tutti i poveri, a quelli che non hanno il lavoro o lo hanno perso, a quelli che provengono da zone più povere ed economicamente arretrate». Dichiarazione ardita, visto che parlando di accoglienza finora quasi tutti si sono sempre riferiti ai profughi provenienti da zone di guerra o comunque perseguitati, mai ai cosiddetti migranti economici. Ma non è tutto, perché tra i poveri Galantino riesce a infilare perfino «quelli che non sono in grado di difendersi perché attendono di nascere e godere della vita». Il riferimento antiabortista, con annessi diritti invocati per chi non è ancora a scapito di chi invece è già, è fin troppo chiaro, ma questi temi non hanno mai infiammato particolarmente le parti politiche, men che meno quelle di destra che al momento risultano essere antagoniste del clero.

Massimo Maiurana

Questo articolo è stato pubblicato qui

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