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Gaetano Amato scrive il suo terzo romanzo "Gioco Segreto"

L'attore Gaetano Amato presenta il suo terzo romanzo, “Gioco Segreto”, in attesa di Woody Allen, Ultimo ed una barca attraccata di fronte al suo ristorante. Cronaca di un incontro a Castellammare di Stabia per parlare di giovani, "monnezza", politica, teatro e pasta con le patate.

Per tutti rimarrà sempre Sergio, il poliziotto de “La Squadra”, la serie tv di Rai Tre ambientata nel cuore di Napoli: ma Sergio Amato è prima di tutto una persona profondamente legata alla sua terra, alle sue radici, alla voglia di onestà e pulizia che lo spingono da sempre a combattere battaglie a viso scoperto, spesso come un guerriero solitario.

Con quella sua faccia che sa essere cattiva con uno sguardo e infinitamente buona con gli occhi, è un cane sciolto sul set, ma anche nella vita. Attore e scrittore, è giunto al suo terzo romanzo. In questi giorni, infatti, uscirà “Gioco Segreto”, edito da Testepiene, un thriller mozzafiato ambientato nella sua Napoli.

Quando ti sei scoperto scrittore?

“Io ho sempre scritto per cabaret e teatro, ma non ho mai pensato ad un libro. Poi sono stati gli altri a convincermi. In realtà un giorno ho scritto un soggetto di 120 pagine, che era per una serie tv, e l'ho dato ad un amico. Dopo due mesi, mi arriva la telefonata del Dottor Vitale perché erano interessati a pubblicarlo. Io pensavo che avessero sbagliato persona o che mi stessero prendendo in giro, perché quel mio scritto non lo avevo immaginato finalizzato ad un romanzo, ma invece per loro lo era".

Dopo averci lavorato, sei arrivato addirittura al Premio Bancarella.

“E ho battuto Camilleri, Odifreddi, Bignardi, De Luca, diciamo che sono stato molto contento”.

Ed ora un nuovo romanzo!

“Il nuovo romanzo è nato dall'idea di creare una storia incentrata su un serial killer a Napoli, dove di solito si parla di morti ammazzati dalla camorra. Perché un serial killer deve essere per forza americano e chiamarsi John? Il mio, poi, è un assassino “pulito”: ammazza con un colpo di pistola alla schiena. Quasi in sordina, senza spargimento di sangue. Ciò che intriga, al di là degli omicidi, è che si tratta di una gara di neuroni. Ad un certo punto i poliziotti capiscono che non possono farcela da soli e allora si fanno aiutare da una psicologa: per creare questo personaggio e farle dire le cose giuste, ho chiesto un aiuto alla mia compagna, che fa questo di mestiere! Grazie a lei, i poliziotti capiscono che per battere l'omicida devono cominciare a ragionare come lui, anticipandone le mosse”.

Tu sei molto legato alla tua città: cosa c'è che non va o che viene comunicato in maniera errata?

“Direi pittosto cosa non va nella mente di questo paese, negli equilibri di questo paese, nei poteri di questo paese. Cosa non va in chi è arrivato al potere: non va pensare che Napoli sia il sud di monnezza e dimenticare che è la culla della civiltà. Che qui sono arrivati i greci e che qui è nata la Scuola Medica Salernitana e poi la scuola pittorica, con Caravaggio e Velasquez che venivano a Napoli.

E poi vogliamo parlare del teatro e di come in Francia hanno cominciato a fare un certo tipo di teatro grazie a noi? Insomma dimenticare tutte queste cose è ingiusto. Se si analizza tutta la storia di Napoli, ti rendi conto che è andata avanti grazie a donne e bambini. Mentre spesso gli uomini sono stati pronti anche a vendere i propri figli, come abbiamo visto nei casi di papy e mamy”.

Tu vai spesso all'Università e nelle Scuole Superiori dove incontri i ragazzi: cosa dici loro?

“Dico che il futuro è nelle loro mani, perché noi abbiamo rovinato un giocattolo che era carino e ora gli stiamo consegnando una serie di pezzi che loro dovranno salvare. E' talmente ignobile tutto questo. Non posso credere in chi crede in Bossi, che è un uomo che ha cominciato la sua carriera mentendo proprio alla moglie, dicendole che era laureato in medicina e non era vero. Come si fa a credere in una persona così? E che Napoli possa essere vittima di questo mi fa rabbia”.

Come risolvere il problema della spazzatura?

“Risolvere la monnezza sarebbe semplice: bisognerebbe riposizionare tutte le persone dove vanno messe. Se devi andare in galera, vai. Non puoi continuare a gestire la Eco4. A Napoli chi ha vinto l'appalto per i rifiuti è una ditta in odore di mafia. Ma perché non mettere il vuoto a rendere? Sono stato in Grecia e si faceva. Intanto si risolverebbe il problema del vetro. E lo stesso lo si potrebbe fare con la carta. Perché non fare il porta a porta? Io vedo Napoli mortificata. Se la stanno mangiando come si sono mangiati l'Italia e questo mi fa star male. Ma che ci manca per essere davvero il più bel posto del mondo?”.

Cosa vorresti fare per smuovere le coscienze?

“Io mi sono candidato alle Regionali. Mi interessava arrivare alla Regione e fare una serie di cose. Ma non ci sono riuscito. Vorrei far capire alla gente che essere furbi non serve a niente. La furbizia la paghi poi e la pagheranno anche i tuoi figli. A Castellammare di Stabia, dove vivo, i ragazzi sono campioni di canottaggio a livello mondiale. Non ci siamo fermati agli Abbagnale. E nessuno lo sa. E stanno per chiudere. Io vorrei far capire che la terra la dobbiamo tutelare perché è nostra. Se evitassimo di chiudere gli occhi, se non facessimo voto di scambio...”.

Quanto hai pagato per la tua trasparenza in termini lavorativi?

“Tanto. Non credo di essere l'ultimo arrivato. Ho vinto la Grolla d'oro con il “Grande Torino” eppure, dopo quella vittoria, non ho lavorato per un anno e mezzo”.

Questa estate anche tu eri sul set del nuovo film di Woody Allen: che esperienza è stata?

“Dovevo essere il protagonista di uno degli episodi. Ma Allen voleva un tenore. E io sono un baritono. Ho fatto due provini e ho cantato. Alla fine Allen ha preso un tenore vero e allora mi hanno chiesto di recitare una battuta con Benigni. Certo, se avessi fatto il film, sarebbe stato diverso. Ma la cosa che mi ha fatto piacere è che siamo tutti con una o due battute. Abbiamo accettato tutti gratis. E' stato bello vedere che c'è un modo di lavorare diverso da quello italiano, c'è un modo di lavorare dove, a prescindere dalle paghe, si cura il prodotto. Per una battuta, ho fatto una prova costume di 4 ore e mezza!”.

In questo periodo sei anche in scena a teatro...

“Con “Napoli chi resta chi parte”, abbiamo debuttato il 4 novembre a Pistoia. È uno spettacolo di Viviani che si rifà dopo 35 anni dal suo debutto e che vedeva sul palco un giovanissimo Massimo Ranieri. A distanza di tutti questi anni, la figlia del produttore Scarano ha deciso di omaggiare il padre riproponendolo. Siamo 16 attori in scena, più 25 comparse e 5 musicisti.

Una volta il mio maestro di teatro, Ciro Madonna, il più grande esperto di Viviani, mi fece un disegno per spiegarmi il teatro napoletano. Mi disegnò un palazzo con piano terra, primo piano, secondo piano e attico e mi disse: “Questo è il teatro napoletano. Al piano terra c'è Viviani, al primo Eduardo De Filippo, poi Scarpetta e poi Petito. E lo capirai da solo il perché di questa divisione".

E poi l'ho capito cosa mi voleva dire. Viviani parla il linguaggio della strada, una lingua fatta di suoni, non parole, di significanti e non significati. Eduardo sta al primo piano, dove si trova la borghesia. Scarpetta è un po' sopra le righe. Petito è un mondo a parte! In realtà è un percorso al contrario. Petito porta sulla carta il teatro dell'improvvisazione. Scarpetta trasforma Petito e le maschere come Pulcinella diventano le maschere umane. Viviani e Eduardo lo trasformano ulteriormente: uno porta le maschere della strada in scena (la prostituta, le voci dei venditori), l'altro invece dice che vuole andare all'interno delle famiglie e vedere cosa succede".

Il tuo sogno?

“Aprire un ristorante e vivere nella mia barca attraccata lì di fronte. E questo per sei mesi all'anno! E poi vivere in pantaloncini, con la camicia e gli infradito. Sono un bravo cuoco. Mi piace soprattutto cucinare i primi. Anzi mi dicono che la mia pasta con le patate è a dir poco proverbiale. Qualcuno dice, però, che sono come il casatiello. Anche se adoro la frolla liscia, l'impasto di ricotta e il profumo che si alza”.

Un luogo di Napoli che ti rappresenta?

“Mi sento molto Napoli sotterranea. Perché credo che in ognuno di noi ci sia tanto da scavare. Un luogo che mi rappresenta di Castellammare sono le acque perché sono 27 e la mia personalità è così multiforme: mi piace fare tante cose. Mi appassiono a tutto: è questo il mio problema vero”.

L'appuntamento in libreria

L’attore e scrittore campano presenta il romanzo “Gioco Segreto”, edito da Testepiene, venerdì 18 novembre alla Fnac di Napoli alle 18 (ingresso libero, via Luca Giordano 59). Partecipa all’incontro l’editore Luciano Chirico. Modera la giornalista Maria Michela Formisano.

Gaetano Amato chi è

Gaetano Amato è noto al grande pubblico per le innumerevoli partecipazioni da protagonista in serie televisive di grande successo (La Squadra, Il Grande Torino, L'uomo sbagliato, L'ultimo padrino, Crimini, Il coraggio di Angela) ma si distingue anche per lavori cinematografici e teatrali. Ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Charlot per il cabaret, la Grolla d'oro per Il Grande Torino, il Premio Qualità Televisiva per La squadra, il Mirto d'oro come attore dell'anno. Ha partecipato al film cult Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo. Attualmente sta finendo di girare Ultimo 4 con Raoul Bova ed è in tour teatrale con lo spettacolo “Napoli, chi resta e chi parte”.

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