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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Francesco Guccini: un po’ asteroide, un po’ farfalla

Francesco Guccini: un po’ asteroide, un po’ farfalla

 

E' previsto per il 6 novembre, al Palalottomatica di Roma, il ritorno dell'artista senza età e del suo canto libero.
 
Attesissimo, dai seguaci fedeli e non solo, il concerto di Francesco Guccini ed il suono rombante della sua Locomativa, da sempre portatore, di generazioni lontane e senza tempo.
 
Come “un vecchio e un bambino”, padri e figli attendono il suo show di musica e dialoghi. Lo scambio di un credo che nella sua dolce durezza, riesce ancora ad intonare la stessa passione.

Deliziosa poesia di un settantenne già leggenda, che canta e scrive come sente e vive. Autore impegnato, di grandissimo spessore e coerenza morale, sanguigno come un buon vino, Guccini darà spazio, ancora una volta, ad un rapimento fatto di parole, idee, poesia, chitarra e sentimenti. Un originale incontro di note d'oltreoceano, di culture e tradizioni lontane, di miti, leggende, di lotte e contestazioni

Santo atipico dalla scintilla divina nella penna. Poliedrico, schivo ed accogliente, brutale e dolce, malinconico e lottatore, il fascino e la summa cultura gucciniana echeggiano nelle più disparate sfaccettature della quotidianità.
 
Curato ed empatico il suo scritto, suggestiva e disincantata la sua melodia, inconsapevole la sua misticità. I suoi brani, come le corde della sua chitarra, fotografano appieno, con passione e verità, quasi a preannunciarle, le molteplici espressioni di un volto più che mai umano.
 
Lineamenti acuti e spigolosi, nascosti da una barbuta ed accogliente dolcezza, preannunciano un Guccini dal temperamento fermo e tranquillo, portatore di uno sguardo lucido e vissuto, che racconta con semplice e critica verità, l'uomo di sempre.
 
La sua musica riprende i lineamenti di quel volto, la sua chitarra folk sprigiona la forza di una speranza mai celata, la sua ballata rock è saggiamente anticipatoria. Un blues contadino vicino, nostrano che fa sorridere, cantare, emozionare e ancora sognare.
 
Ballate folkeggianti e metropolitane, accompagnano racconti di convenzioni e borghesie, di solitarie e malinconiche visioni campestri. La plasticità del suo inchiostro delinea rumori di favole spente, di ricordi lasciati tra i castagni, di gioie taciute, in scenari comuni ornati di "erba paretaria".
 
Amori sentiti ma mai urlati, passati o sognati intrecciano letteratura, leggenda, delusioni e contestazioni crude contro il mondo di quelli “con il naso corto”. La sua indignazione e brutalità così come la sua profondità e la sua speranza, riescono a rendersi complementari, così come sono complementari gli abbracci delle generazioni che riesce ad unire sotto il suo palco, così come i tempi scanditi, che padroneggiano i suoi brani.
 
Ad attenderlo un pubblico che lo ama, lo segue, lo scruta. Un pubblico desideroso di sentirsi raccontare con un canto libero e speranzoso, che lo renda per qualche ora, un po' asteroide, un po' farfalla.

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