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Flat Tax: l’inganno del taglio delle tasse

Che si vada al voto subito o che si riesca ad avere un governo, è chiaro che per Salvini il primo argomento/slogan elettorale sarà, oltre quello sull’immigrazione, il taglio delle tasse e soprattutto la cosiddetta “flat tax”. Sarà così sia che si vada alle elezioni, dove la proposta sarebbe nel programma elettorale di Salvini, sia con la lega all’opposizione con un Salvini che durante la stesura della Legge di Bilancio potrà dire che con la flat tax si sarebbe avuto quello shock fiscale per far ripartire l’Italia.

In verità la cosiddetta “flat tax” disegnata da Salvini non è nient’altro che una riduzione degli scaglioni dell’IRPEF e dietro la fatidica aliquota del 15% si nasconde l’inganno l’inganno delle tasse e dei benefici per tutti i contribuenti. Uso la parola inganno proprio perché la “flat tax” non garantirebbe per tutti i contribuenti un risparmio fiscale, ma solo per alcuni, anzi pochi.

Attraverso alcune simulazioni vi spiegherò perché la “flat tax” non garantirebbe il risparmio fiscale.

Sorpresa, con la flat tax si paga di più!

Secondo uno studio effettuato dal sindacato UIL viene evidenziato come una flat tax generalizzata e seguita dall’effetto congiunto dell’abolizione delle detrazioni, delle deduzioni e del “bonus degli 80 euro”, sia fortemente penalizzante per i redditi più bassi. Come si può infatti vedere dalla tabella: un cittadino, che abbia un reddito di 10.990 € lordi annui dovrebbe pagare in un anno 1.819 € di tasse in più. Poiché, ad oggi, per effetto delle detrazioni e delle deduzioni l’imposta netta versata è mediamente pari al 7,19%, un lavoratore con un reddito lordo annuo pari a 13.490 €, vedrebbe un aumento di tasse di circa 1.774 €, mentre un reddito di 22.830 € avrebbe un aumento della tassazione di 985 €. Similmente si genererebbe un aumento di imposta per tutti i redditi fino a 26.600 € lordi annui.

Come spiegato nello studio infatti “generalmente, dagli esempi realizzati, spicca la forte sperequazione che tale misura avrebbe per effetto non solo dell’unica aliquota, ma anche per la cancellazione di tutte quelle misure come le detrazioni che agiscono in modo diretto e speculare alla situazione familiare del contribuente, come le spese mediche ad esempio. Va inoltre considerato che l’utilizzo e l’accesso a detrazioni e deduzioni, è puramente soggettivo e proporzionato alle necessità del singolo contribuente”. Inoltre “non è chiaro come la tassazione possa essere sottoposta ad una valutazione del reddito familiare ipotizzata ai 55.000 € lordi annui. Infatti, è evidente la distorsione che escluderebbe una famiglia con due redditi da 28 mila € lordi annui ed invece garantirebbe uno sconto fiscale a chi guadagna, da single, 54 mila € lordi annui”. 
 
Da un altro studio effettuato dal Cer (Centro Europa ricerche) nel nuovo Rapporto presentato al Cnel, emerge che “con specifico riferimento all’aliquota del 15%, tale livello di imposta è di fatto già vigente per i contribuenti con redditi fino a 26 mila euro”. A livello individuale beneficerebbero, dunque, dalla flat tax “solo” i contribuenti fra 26 e 55 mila euro. Si tratta di “circa 8,2 milioni”, un quinto del totale. “La perdita di gettito sarebbe di 16 miliardi”, al netto di interventi sulla struttura di deduzioni e detrazioni, che complessivamente ammontano, per i redditi compresi fra 26 e 55 mila euro, “a oltre 30 mld”. Spiega ancora il Cer: “apparentemente, il 15% evoca un’imposizione molto più bassa dell’attuale. Non è però così, dal momento che l’attuale struttura dell’Irpef, basata sul riconoscimento di deduzioni e detrazioni, fa sì che le aliquote effettive siano molto inferiori a quelle legali. Con specifico riferimento all’aliquota del 15%, tale livello di imposta è di fatto già vigente per i contribuenti con redditi fino a 26 mila euro”.
 
Mentre un altro studio effettuato dall’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica di Milano evidenzia che per i redditi fino a 28mila euro l’aliquota fiscale media (tenendo conto delle detrazione e delle deduzioni fiscali) è già più bassa del 15%. Per la precisione, l’aliquota media effettiva sui redditi fino a 15mila euro è del 5,2% e sale al 14,4% (inferiore all’aliquota ipotizzata dai teorici della flat tax) sui redditi fra 15 e 28mila euro. La percentuale di contribuenti con reddito sotto i 28mila euro (che paga già meno del 15% di tasse) è pari all’80%. Significa che tre contribuenti su quattro non avrebbero vantaggi dalla flat tax al 15%. E, prevedibilmente, in presenza di regime opzionale sceglierebbe comunque l’attuale sistema fiscale. Inoltre, l’applicazione della flat tax al 15% conviene dai 28mila ai 55mila euro, redditi che con il sistema attuale pagano un’aliquota media del 21,4%. Attenzione: non significa che tutti coloro che hanno redditi sopra i 28mila euro abbiano convenienza ad applicare la flat tax. In presenza di detrazioni elevate (figli a carico, presenza di familiari con handicap), può continuare a essere conveniente il sistema ordinario. Fra i 55mila e i 75mila euro, attualmente i contribuenti pagano un’aliquota media del 27,5%, si sale sopra il 33% per i redditi superiori ai 75mila euro.
 
Ecco spiegato l’inganno
 
Riepilogando, i tre studi dimostrano che sia per il sistema fiscale attuale che per la composizione delle classi di reddito, l’introduzione della flat tax al 15% significherebbe per la maggior parte dei contribuenti un aumento delle imposte e soprattutto l’assenza di benefici. Tutto ciò perché l’attuale sistema progressivo, per effetto delle detrazione, delle deduzioni e dei bonus, garantisce già delle aliquote effettive medie inferiori all’aliquota del 15% proposta da Salvini. 
Inoltre è chiaro che si tratterebbe di una “partita di giro” perché l’onere fiscale si abbatterà soprattutto sui contribuenti con un reddito basso o medio, mentre i contribuenti più ricchi otterranno un maggior sconto fiscale.
La progressività delle aliquote ha, rispetto alla flat tax, effetti di incentivo a una maggiore offerta di lavoro da parte degli individui. Infatti, quanto più basse sono le prime aliquote, tanto più per chi non è ancora sul mercato del lavoro è conveniente entrarvi e per chi già lavora è conveniente aumentare le ore lavorate. L’effetto complessivo è di una maggiore disponibilità di lavoro nell’economia.
Infine, L’applicazione in deficit della flat tax richiede un taglio fiscale imponente, il quale porterebbe gravi rischi sulla tenuta dei conti pubblici tali da annullare o ridurre di molto i benefici della rimodulazione delle aliquote. L’indebitamento, in valore assoluto, non può essere incrementato a dismisura. Il debito italiano ha raggiunto i limiti massimi di sostenibilità e ha un costo finanziario gigantesco. Il debito attuale finirà per colpire le generazioni future.
 
Cosa dovrebbe proporre la sinistra
 
Se da una parte è chiaro che la flat tax non conviene alla maggioranza dei contribuenti, dall’altra parte la sinistra non può limitarsi a dire il perché la flat tax sarebbe dannosa per il nostro sistema fiscale, ma dovrebbe avanzare delle proposte in ambito fiscale che provo ad elencare qui sotto:
  • Ridurre la pressione fiscale complessiva e, al suo interno, il peso delle imposte che gravano sul lavoro, relativamente ad altre forme di tassazione;
  • Armonizzare il carico fiscale, riconducendo alcune tipologie di reddito all’interno della progressività e di distribuirlo meglio tra i contribuenti al crescere del reddito;
  • Separare la contribuzione fiscale dal welfare, sostituendo le agevolazioni fiscali con trasferimenti diretti;
  • Unificare le detrazioni per carichi familiari con gli assegni familiari in uno strumento unico di sostegno alle famiglie, da estendere anche ai lavoratori autonomi, in modo da superare il problema dell’incapienza; 
  • Introdurre una patrimoniale che si applichi a tutte le forme di ricchezza mobiliari ed immobiliari;
  • Tutte le multinazionali devono garantire piena trasparenza delle loro attività attraverso la rendicontazione del profitto realizzato nel nostro paese affinché paghino le tasse in Italia;
  • Tassazione sulle transazioni finanziarie a solo fine speculativo, ovvero la Tobin Tax e il controllo sui movimenti dei capitali.
Naturalmente queste sono solo alcune delle riforme necessarie per armonizzare il sistema fiscale italiano e garantire equità.
Questo articolo è stato pubblicato qui

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