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Felici e sfruttati: la sociologia della rete di Carlo Formenti

Felici e sfruttati” è un saggio che tratta l’evoluzione del capitalismo digitale e lo sfruttamento commerciale dei cittadini (Egea, 2011, anche in versione eBook).

Carlo Formenti è saggista, ricercatore, professore di Teoria e tecnica dei nuovi media all’Università del Salento (collabora con Il Corriere della Sera). Questa pubblicazione è un ricco contributo, eclettico e informale, alla Sociologia della Rete. L’abile esposizione offre una buona panoramica dello sviluppo tecnologico e relazionale delle società più moderne. Il libro è

"esplicitamente e orgogliosamente ideologico, nel senso che è un libro che osserva la realtà dal punto di vista della guerra fra idee, del conflitto fra parole, concetti e categorie che, da un lato, rispecchiano gli interessi materiali di certi attori sociali, dall’altro lato, sono gli strumenti della battaglia per l’egemonia culturale che si svolge fra tali attori".

Ad esempio si parla dell’Ibm, che dopo una lunga crisi è riuscita a risorgere grazie al fatto “che il management Ibm ha accettato di sottostare alle regole della comunità, facendo sì che il lavoro di migliaia di propri dipendenti venisse messo liberamente a disposizione di tutti”. E di Apple e del “suo App Store, che non funziona solo come un gigantesco hub per attirare larghe comunità di partner, ma anche come dispositivo di mobilitazione di massa per milioni di utenti-consumatori, sui quali vengono scaricati i costi dell’innovazione culturale” (p. 31).

E si parla dei più importanti teorici della rete come Manuel Castells, il quale afferma di come il capitalismo stia colonizzando la rete, ma allo stesso tempo di come le imprese private siano colonizzate dalla cultura comunitaria di Internet e dal fenomeno “dell’autocomunicazione di massa” (2009). La considerazione più importante di Castells è questa: il potere della comunicazione paritaria online sta superando molti poteri economici e politici. Perciò “il consumatore è un cittadino che controlla e confronta, anche sul web: se dici una bugia ti stanano subito” (Guerino Delfino, Ogilvy).

Invece secondo Formenti il web è il responsabile diretto del “crollo dei redditi e dei livelli occupazionali di classi medie e lavoratori della conoscenza, delle concentrazioni monopolistiche, e pure dell’inasprimento delle leggi sulla proprietà intellettuale”.

La prospettiva di Formenti risulta in parte giusta, però a mio parere il crollo dei redditi è più legato a una deregolamentazione generalizzata, all’inflazione dei titoli di studio e a una maggiore concorrenza globale sempre più forzata e spietata, anche grazie all’animalesco e incontrollato aumento della popolazione umana.

Comunque, una cosa è fare volontariato e condividere le conoscenze con tutti, altro è lavorare gratis per qualcuno che guadagna o risparmia grazie al tuo lavoro. Questo significa lasciarsi sfruttare. Se un individuo collabora gratis con una fondazione è un volontario, se collabora gratis con un’azienda privata è uno stagista italiano schiavizzato o un cretino più o meno cosmopolita e patentato.

Ai tempi del muro di Berlino, tutti gli attuali paesi del mondo più attivi economicamente e più in concorrenza con l’Occidente, avevano una forza lavoro meno numerosa e meno acculturata (Cina, India, Brasile, Sudafrica). Quindi la disoccupazione non è un fenomeno congiunturale: è una caratteristica strutturale dell’evoluzione del capitalismo industriale nell’attuale capitalismo finanziario estremo, parassitario, usuraio e mafioso (il Debitalismo). E forse deriva anche dalla sovrappopolazione: se in molti paesi pure le pornostar, le prostitute e le donne delle pulizie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, significa che gli esseri umani sono diventati davvero troppi.

Per evitare guai più grossi sarebbe meglio pensare al più presto a fissare dei livelli di reddito di consumo minimo di sussistenza, vincolati alla buona condotta sociale (se si paga vitto e pensione ai carcerati si possono premiare gli incensurati). Si potrebbe ridurre l’orario di lavoro a 6 ore giornaliere per cinque giorni a settimana per tutti i paese aderenti al WTO e creare delle giornate di festa internazionali per ridurre la pressione della produzione e favorire la maggiore redistribuzione dei redditi derivante del turismo (i più ricchi viaggiano e spendono di più). Anche in Italia andrebbero progettati dei sistemi di welfare più flessibili, ispirati ai sistemi scandinavi e più vincolati alla riqualificazione professionale (a tutti i livelli di età e di professionalità).

Comunque il web è semplicemente lo specchio virtuale dove si riflette la natura umana e quindi si possono trovare le menti più creative, ma anche i fondamentalisti, gli imbonitori, i truffatori e i cretini. Però il grande punto di forza di internet è la creazione di innumerevoli insiemi di legami deboli (le conoscenze e le amicizie meno intime), che richiedono meno investimento di tempo e consentono di ampliare i contatti in grado di dare nuovi stimoli e nuove idee (come spesso ricorda Richard Florida, il teroico della Classe creativa).

Quindi per ottenere buoni risultati bisogna incentivare l’innovazione tecnologica, la tolleranza nei confronti delle minoranze, la meritocrazia e la ricerca dei talenti (l’Italia è in fondo a tutte queste classifiche). Il web ha il grande pregio di “superare/neutralizzare le barriere fra nazioni, etnie, culture e classi sociali”. E di indebolire “tutte le forme di potere centralizzato – governi, corporation, partiti politici, chiese”. Inoltre invita le persone “a costruire autonomamente le proprie reti di relazioni, fondate sulla libera scelta e non su identità predeterminate ed eterodirette” (Formenti, p. 144). Ad esempio Atomium Culture è una rete di Università e aziende. Mentre negli Stati Uniti ci sono molte reti politiche informali tra professionisti di diverse specialità: Center for American Progress, Cognitive Policy Works

D’altra parte sempre più persone oggi sono del parere che “Il capitalismo non è un successo. Non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso, e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace, e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi” (John Maynard Keynes). Anche per gli esseri umani più civilizzati le abitudini sono dure a morire e il web potrebbe finalmente aiutarci nel ridurre i circoli viziosi dei comportamenti passati e indicarci nuove strade come la Personal Democracy e l’avviamento di centri media civici apolitici gestiti direttamente dai cittadini.

Una cosa è quasi certa: “rinunciare al principio di neutralità significherebbe aprire la strada alla “balcanizzazione” della rete, sia stratificandola su diversi livelli di velocità in base agli interessi commerciali delle imprese, sia limitando la libertà di espressione degli utenti” (p. 62). Però per impedire gli intasamenti in certi orari, si potrebbe porre un limite quantitativo di accesso a tutte le persone che scaricano film, musica, foto e filmati più o meno idioti in modo ossessivo e massiccio. 

Conclusioni personali: i giovani giornalisti lavoravano gratis o quasi gratis anche prima dell’avvento del giornalismo online; internet è un sistema informativo policentrico come il libero mercato (quello veramente libero da monopoli, duopoli e oligopoli); la qualità, la quantità e la rapidità delle informazioni che emergono dai sistemi spontanei sono in genere superiori a quelle originate dai sistemi centralizzati (Hayek) e sono spesso utili quanto quelle prodotte nei centri di ricerca. 

Infine aggiungo che in genere l’artista è l’unica figura che non si lascia ipnotizzare dalla tecnologia: “L’artista è sempre impegnato a scrivere una storia minuziosa del futuro perché è la sola persona consapevole della natura del presente” (Marshall McLuhan, in Gli strumenti del comunicare). Del resto in ogni società quasi tutti gli adulti diventano “i primitivi di una nuova cultura” (McLuhan).

E “la verità è che non siamo legati a nessuna singola cultura più di quanto non lo siamo a un solo libro” (Marco Pigliacampo - McLuhan, Aforismi e profezie, 2011). Però “Chi decide cos’è il sapere, e chi sa cosa conviene decidere? La questione del sapere nell’era dell’informatica è più che mai la questione del governo” e dell’autogoverno (Jean-Francois Lyotard, Rapporto sul sapere, 1981).

Appendice - Segnalo alcuni siti ricchi di news sull’evoluzione della rete: http://lareteingabbia.net (Marco Ciaffone), http://craphound.com (Cory Doctorow), www.lessig.org (Lawrence Lessig), www.clubdeicreativi.it, il www.clubdeimediasociali.it, www.ted.com (la creazione e la condivisione delle idee) e http://cesaremarchetti.org (analista di sistemi e fisico applicato multidisciplinare).

Invece qui di seguito riporto dei siti dove si trovano delle riflessioni economicamente sensate sull’Europa e sul capitalismo: www.wyplosz.eu (Charles Wyplosz, docente di Economia a Ginevra), www.ceps.eu (Centre for European Policy Studies), www.bimboalieno.it (studioso indipendente), www.quattrogatti.info (l’economia e la società dalla parte dei giovani), www.zerohedge.com (Speculatori & C.), www.leadingtrader.com (il “trader” Alessio Rastani), www.wallstreetitalia.com, www.dowjones.com/factiva (informazioni sull’Ict in francese, inglese, tedesco e giapponese), www.fee.org (Foundation for Economic Education), www.thefreemanonline.org (le libere idee sulla libertà), http://baldi.diplomacy.edu (la cyber-diplomazia), www.diplomacy.edu (corsi online). 

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