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Fagan, l’Impero Americano e il nuovo mondo multipolare

“Verso un mondo multipolare” è un saggio molto lucido e ben approfondito che spazia dalla geopolitica, alla storia e all’economia (Pierluigi Fagan, Fazi Editore, 2017, 349 pagine, euro 25).

Pierluigi Fagan è uno studioso della complessità e dei sistemi e in questo caso prende in esame e chiarisce bene il ruolo delle relazioni internazionali nell’era di Trump (un politico molto atipico).

Naturalmente anche “il discorso sull’economia del mercato di libero scambio è di per sé geopolitico, promosso da precisi interessi Stato-nazionali anglosassoni”, situati principalmente a Londra e Wall Street. Inoltre chi è difeso dagli oceani e dalla potenza marittima ha interessi diversi dalle nazioni legate alle comunicazioni via terra degli europei. Infatti il Regno Unito è stato dentro l’Unione europea senza moneta comune e con molte eccezioni fino a ieri, e si può anche affermare che l’attuale uscita anglosassone ha cambiato le relazioni europee del 10 o del 20 per cento circa.

D’altra parte negli ultimi decenni la società internazionale ha avuto due grandi trasformazioni: il passaggio da 1 miliardo a 7 miliardi di esseri umani in poco più un secolo e la moltiplicazioni degli Stati da 50 a oltre 200 in circa mezzo secolo. Il forte aumento della complessità aumenta gli attriti tra i sistemi e “un sistema dinamico, fatto di tante parti in relazione tra loro, che s’indirizza verso atteggiamenti caotici, è una perfetta descrizione di ciò che è complesso” (p. 15).

Purtroppo “L’organizzazione accademica, editoriale e sociale del sapere mima quella del lavoro ed esalta la specializzazione, ma il mondo, l’umanità, la relazione tra popoli e culture, l’adattamento di massa a condizioni radicalmente nuove sono problemi di carattere generale” (p. 33). Di conseguenza, “le dita di una mano eccedono il numero di pensatori seri di riferimento, qualcuno che sia in grado di darci una visione completa dello stato delle cose” del pianeta (p. 29).

Questo nuovo mondo potrebbe riservare una cattiva sorpresa all’Europa, che potrebbe diventare una semplice “pedina all’interno di un gioco a tre: Cina, Russia e America”. Anche il ruolo dell’India sarà molto decisivo, soprattutto a seconda degli schieramenti economici e militari. Tuttavia la Russia ha armi atomiche troppo potenti per essere sfidata (ad esempio i Satan 2), e non rappresenta un competitor economico, finanziario, valutario e culturale” (p. 132). Le priorità americane sono altre. La Cina non è aggressiva dal punto di vista militare, ma è molto attiva dal punto di vista economico e commerciale, e ha conquistato molte posizioni di forza in Africa e in Asia, anche grazie alla loro reciprocità e alla non ingerenza negli affari interni degli Stati (p. 116).

Il nostro pianeta è limitato, la popolazione è in aumento, le necessità energetiche pure. Gli Stati lottano per aumentare o per non diminuire il potere nazionale e “lo spazio vitale” (citato nella dottrina Monroe del 1823, riportato da Fagan a p. 81), quindi “la politica dello spazio promette di diventare il gioco di tutti i giochi” (il giocare va inteso nel senso di agire seguendo alcune regole, p. 49). Il realismo cinico di Trump toglierà molti veli a molte relazioni internazionali. I vecchi confini coloniali subiranno la forte pressione delle onde d’urto demografiche e religiose di alcuni popoli.

Non esiste un vero equilibrio o una pace totale e duratura. Almeno a livello di reputazione statale o a livello economico e finanziario gli Stati sono sempre in lotta tra di loro. Esiste “però lo sforzo al dialogo (diplomazia e negoziati), alla reciproca comprensione, all’etica universale (ovvero della reciprocità), alla ricerca di alleanze… Vero equilibrio dei poteri significa, ad esempio, che l’intenzionalità dello Stato è espressa in politica e non mossa da forze economiche o militari o (in alcuni casi) religiose, poiché queste sono tutte forze ontologicamente espansive che solo la politica ha facoltà di trattenere e domare” (p. 61).

Comunque nei prossimi anni “gli Stati Uniti possono solo perdere. Di più o di meno, più velocemente o lentamente, ma possono solo perdere potenza. È nella natura propria dei processi di complessificazione” (p. 172). Speriamo che il cambiamento degli stili di vita dell’Impero Americano avvenga lentamente, altrimenti è molto probabile che invece di assistere a un buon processo di autorganizzazione, si verificheranno alcuni fenomeni più o meno catastrofici.

L’attuale Impero Americano militare e finanziario può diventare un impero politico e mediatico inserito in “una nuova res publica mondiale di poteri plurali che si bilanciano in un equilibrio dinamico. Separazione dei poteri e concorrenza, i liberali dovrebbero essere entusiasti” (p. 174).

 

Pierluigi Fagan ha lavorato molti anni come manager di multinazionali. Questo libro è il risultato di uno studio lungo più di dodici anni. Per approfondimenti: https://pierluigifagan.wordpress.com. Inoltre consiglio di leggere accuratamente le note presenti nel libro, quasi tutte molto istruttive.

 

Nota demografica – “Nella nostra lunga storia, a ogni esubero temporaneo di popolazione è seguita una migrazione. Oggi le migrazioni continuano ma, data la nuova densità abitativa planetaria, queste generano frizioni che potenzialmente potrebbero attivare conflitti e quindi nuove migrazioni” (nota a p. 307). Tutti gli Stati dovrebbero quindi potenziare lo staff diplomatico.

Nota diplomatica – I politici e burocrati americani “hanno dedicato particolare attenzione alla Germania nella prospettiva di tenere separate Europa e Russia” per impedire la costituzione e il rafforzamento degli interessi terrestri euroasiatici (nota a p. 307). Infatti gli Stati Uniti sono una potenza marittima grazie allo sbocco su due oceani e grazie alle basi navali presenti in tutti i punti strategici del pianeta. Per molti militari, burocrati e multinazionali statunitensi il facile accesso degli europei all’energia e alle materie prime russe deve quindi essere molto limitato a tutti i costi. Bisogna poi ricordare che l’etnia tedesca è la più grande degli Stati Uniti con 46 milioni di abitanti su 325 milioni. Comunque negli Stati Uniti ci vivono 25 milioni di anglo-americani, 33 milioni di irlandesi e circa 53 milioni di persone appartenenti alle diverse etnie di origine ispanica.

Nota psicologica – “La nostra mentalità, ciò che ci permette l’adattamento alle mutevoli condizioni del mondo, non ha dimestichezza con i concetti di sistema e di interrelazione e con l’intreccio di feedback non lineari per i quali piccoli fatti locali possono generare potenti effetti non locali; non abbiamo confidenza nemmeno con i concetti di limite, di autolimitazione, di reciprocità, di dipendenza dal contesto, di responsabilità e strategia”… Abbiamo sostituito la Provvidenza divina con quella della “Mano Invisibile”, ma ora ci toccherà passare dalla Provvidenza alla previdenza… dal primato delle società a responsabilità limitata a quello delle società a responsabilità illimitata” (p. 32). Oltretutto dobbiamo comprendere meglio l’evoluzione dei processi di cambiamento.

Nota personale – Nel 90 per cento dei fenomeni si dovrebbe sempre prendere in esame il ruolo delle concause e non semplicemente quello delle cause. Inoltre i fenomeni umani a differenza di quelli naturali sono legati ai contesti spazio-temporali: “Il fenomeno umano non è ordinato da leggi sebbene mostri, a volte, comportamenti ricorrenti” (p. 54). Ad esempio “La rivolta tunisina scoppiò in seguito a due improvvise siccità avvenute contemporaneamente in Russia e Australia, le quali sottrassero improvvisamente grandi quantità di esportazioni di grano facendone lievitare il prezzo” (nota a p. 337). Comunque oggigiorno la mano invisibile del mercato è ben rappresentata dalla mano lesta dei maghi della finanza. Infatti “nei cinque protettorati e quattordici territori d’oltremare, la Gran Bretagna accumula 21.000 miliardi di dollari di evasione fiscale, riciclaggio, profitti del crimine organizzato e della corruzione, sette volte il suo PIL (nota 2 a p. 324). Inoltre quasi tutte le innovazioni produttive e informatiche favoriscono la divisione della produttività e dei profitti tra pochi privilegiati. E i lavoratori stanno ancora a guardare (la televisione).

Nota statale – “Le “guerre umanitarie”, per promuovere diritti individuali, trasgrediscono il diritto degli Stati, il diritto a non subire l’ingerenza altrui, norma base per la convivenza in spazi sempre più stretti e affollati. Se c’è un valore che la stessa cultura liberale di origine anglosassone venera come inviolabile, questa è la privacy, il potere fare a casa propria quello che si vuole” (p. 67).

Nota aforistica – L’etnocentrismo è la cosa più diffusa al mondo (Lévi-Strauss, antropologo). Ci sono due regole geopolitiche di base: “Il nemico del mio nemico è mio amico”, divide et impera. “So tutto ma non ci capisco niente” (René Daumal, La Gran Bevuta). “Lo scrittore è l’ingegnere dell’anima” (Stalin, 1932, incontro di scrittori a casa di Gor’kij). “La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo” (Otto von Bismarck).

Nota africana – Se l’Isis è supportato dall’Arabia Saudita, “allora è questo soggetto che va iscritto nella lista delle potenze che tentano di egemonizzare l’Africa o una sua vasta parte” islamica (p. 168). Soprattutto perché “L’Africa è una miniera di materie prime nonché il campo da coltivare per l’intero pianeta” (p. 166). Tuttavia, probabilmente, nel 2050 “i giovani africani affamati diventeranno quattro volte di più di noi vecchi europei” (p. 167 e nota 50 a p. 324).

Nota esistenziale – Gli Stati Uniti sono pronti sempre pronti per combattere contro qualsiasi nazione creasse un qualsiasi problema molto sgradito. L’Europa non ha materie prime e risorse energetiche, “mentre è anagraficamente, culturalmente ed economicamente indisponibile a fare la guerra” (p. 284). Se L’Europa “si dissociasse dalle imprese più temerarie degli americani, questo potrebbe rappresentare un forte stabilizzatore per un mondo più pacifico”. Gli americani non potrebbero più agire in nome della legittimità dell’intera civiltà occidentale (p. 285).

Nota culturale – In Europa e negli Stati Uniti servirebbe “un Erasmus dei professori e degli studiosi, centri di ricerca pluritematici centralizzati e variamente distribuiti sul territorio” (p. 302). Ci sarebbe bisogno di approcci multidisciplinari approfonditi in tutte le università, soprattutto in campo economico, “forse quello più conservatore e arretrato presente nella cultura occidentale”. In effetti “La decennale storiella della visione della luce in fondo al tunnel è il sintomo della fuga di fronte alle complesse questioni della contemporaneità e della patologia reiterazione del ciclo della speranza, gelata a ogni bocciolo che spunta sempre più a fatica… Tutto questo è destinato a non funzionare e oltretutto a ingenerare una ulteriore passività da sconforto” (p. 149).

Nota russa – “Le sanzioni contro la Russia tendono a spingere contro Putin e il suo sistema di potere non il popolo, ma gli oligarchi che vedono sfumare il senso della propria ricchezza laddove questa non può circolare” (nota 3 a p. 324). La Russia è scarsamente abitata e, “con i suoi otto abitanti per chilometro quadrato… è al pari del Canada… uno dei nuovi candidati a “terra promessa” del futuro, soprattutto in vista del cambiamento climatico” (nota 31 a p. 321).

Nota istituzionale – “Le decisioni più importanti dell’FMI possono essere ratificate solo con votazioni che rispettino la soglia dell’85 per cento. Gli USA hanno il 16,73 per cento dei voti totali, e quindi hanno un sostanziale diritto di veto” (nota in fondo a p. 318). Ma “Quando si è vicini al nemico, bisogna fare in modo che egli creda che si è molto lontani” (Sun Tzu, L’arte della guerra). Oggi la presenza di sino-americani nelle università e nei centri di ricerca è a livelli altissimi. Un grande gioco, inteso in senso geopolitico, significa un conflitto in atto, soprattutto non armato.

Nota finale – “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati” (Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere). L’ideologia del libero mercato e della democrazia da imporre a tutti è una cosa morbosa.

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