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Europa: cade il velo dell’ipocrisia

La Gran Bretagna ha dissipato, se mai ci fosse stato bisogno, ogni dubbio sui fini che spingono alcuni paesi nell’aderire all’Unione europea, con le richieste che David Cameron ha fatto recapitare a Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo e anche al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.

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Richieste che tendono a rinegoziare i rapporti fra Regno Unito e l’Ue, per garantire ogni tipo di facilitazione ed eludere ogni impegno, ma fondamentalmente per apparire all’ala più euroscettica del partito conservatore come un leader degno.

Sono esplicativi due punti: rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali e l’equiparazione dei rapporti fra i paesi dentro e fuori l'Eurozona.

Esiste un Parlamento europeo, espressione dell’elettorato dei singoli stati, che è già poco incisivo rispetto agli interventi del Consiglio europeo, composto dai capi di Stato o di governo dei vari paesi, che si vuol rendere ulteriormente ininfluente per rafforzare le legislazioni nazionali.

Una richiesta che marcia non certo per un’omogeneizzazione delle leggi, ma ad una conflittualità, allora per quale motivo rimanere insieme? Solo per godere dei benefici?

Un Regno Unito che è un’isola e tale vuol rimanere, controllando l’immigrazione, limitando le libertà di movimento - questo vale anche per i cittadini del nuovo paese che entra nell’Unione Europea - e varare una legge sul diritto di asilo che permette l’accesso al welfare (sgravi fiscali, case popolari e bonus per i figli) solo dopo quattro anni di residenza nel paese.

Le quattro richieste che l’Unione europea non può prendere in considerazione, perché allontana non solo la realizzazione di un’integrazione europea, ma anche l’idea di un’Europa unita.

I Parlamenti delle varie nazioni dovrebbero perdere le loro capacità di legiferare indipendentemente per delle Leggi valide in ogni paese, come le politiche economiche e diplomatiche dovrebbero far capo ad un solo responsabile e non essere frutto d’individualismi.

La Gran Bretagna è disposta a utilizzare 475 mln di sterline, oltre ai milioni di euro dell’Unione europea, per tenere lontano dall’isola ogni sorta di migrazione e si affianca alla Germania non solo a togliere, ma addirittura a favorire l’entrata della Turchia nell’Ue, nonostante il comportamento liberticida del governo turco, se si fa carico di bloccare i migranti.

Un’inversione su di ogni precedente convinzione sull’opportunità di non accettare la candidatura della Turchia, non solo perché musulmana – dimenticando la proposta di allargamento dell’Unione all’Albania –, ma sino a quando non avrebbe ritirato le truppe da Cipro, riconosciuto il genocidio armeno, l'interruzione di ogni atteggiamento persecutorio nei confronti delle minoranze – vedi ad esempio quella kurda –, che si può riassumere nel rispetto dei Diritti umani.

L’Unione europea sarebbe disposta a sorvolare anche sulla “limitata” libertà di stampa, per svendersi se la Turchia assume il ruolo di area di parcheggio dei profughi e prima difesa dalle invasioni migratorie, ma Erdogan rilancia, valutando la gestione della migrazione, ottenendo 3mld di euro, ma sul tavolo rimane la questione dei Diritti Umani in Turchia.

 

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