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Elezioni in Sudafrica: vince (ancora una volta) l’ANC

L’African National Congress, il partito di Nelson Mandela al potere dal 1994, vince ancora una volta le elezioni

di Giovanni Pigatto

Lo scorso 8 maggio si è votato in Sudafrica per eleggere il parlamento e i nove consigli provinciali delle altrettante province di uno degli Stati più influenti e occidentalizzati del continente africano.

Al termine dello scrutinio, il partito del presidente uscente, l’African National Congress (ANC) si afferma ancora una volta come primo partito del Paese, ma i suo consensi sono al minimo storico (57%). Secondo partito la Democratic Alliance (DA) con il 21% dei seggi e terzo l’Economic Freedom Fighters (EFF) con il 10%.

Lo scenario

Si tratta delle seste elezioni dalla fine dell’apartheid, nell’ormai lontano 1994, quando si tennero le prime elezioni libere e democratiche del Paese, che aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1961.

Ma si tratta anche delle seconde elezioni tenutesi dopo la morte del leader Nelson Mandela, primo Presidente del Paese, morto nel 2013 a 95 anni. Dopo la presidenza di Mandela si sono succeduti altri quattro presidenti, compreso l’uscente Cyril Ramaphosa, che si è candidato a capo del suo partito per un secondo mandato.

Finora tutti i presidenti del Sudafrica (cinque) sono stati espressione del partito di Mandela, l’ANC, che però nelle ultime tornate elettorali (compresi il 2014 e il 2009) sta vivendo un lento declino, con i consensi che sono gradualmente diminuiti fino a scendere sotto il 60%, per la prima volta nella sua storia.

Il presidente uscente, Cyril Ramaphosa, è succeduto a Jacob Zuma che, in carica dal 2009, si è dimesso nel 2018 per evitare un voto di sfiducia da parte dell’Assemblea Nazionale. Zuma è stato infatti un personaggio molto controverso della politica sudafricana, ed è stato costretto a dimettersi a seguito delle gravi accuse di corruzionenei suoi confronti, e soprattutto a causa delle presunte pressioni che da Presidente avrebbe fatto nei confronti delle autorità giudiziarie per far cadere i capi di imputazione.

Anche per questi motivi, oggi, l’ANC non ha più la forza e il prestigio di un tempo. Fondato nel lontano 1912, il suo primo obiettivo era quello di formare una coscienza panafricana anche in Sudafrica. Dopo il 1948, il focus si spostò sulla lotta all’apartheid contro le politiche di esclusione attuate dal Partito Nazionalista che aveva vinto agevolmente le elezioni nel secondo dopoguerra (soprattutto perché solo i bianchi poterono votare). Durante gli anni dell’apartheid, moltissimi membri dell’ANC vennero arrestati, mandati in esilio, financo uccisi, e fu grazie a Frederik W. de Klerk, presidente del 1989 al 1994, se il partito poté uscire dalla clandestinità, partecipare e infine vincere le elezioni del 1994 con Nelson Mandela.

I competitor

Oggi sulla scena politica ci sono altri due partiti che sono riusciti a ritagliarsi un certo spazio, sebbene siano ancora molto lontani dal raggiungere la maggioranza dei seggi (nemmeno coalizzandosi – anche perché tra di loro non hanno nulla in comune).

Il secondo partito del Paese è, come detto, la Democratic Alliance, che dal 1994 guadagna sempre più terreno sull’ANC. È particolarmente forte al sud, e il suo leader e il suo candidato alla presidenza è stato Mmusi Maimane, 39 anni, già candidato sindaco di Johannesburg nel 2011. Alle scorse elezioni, l’Alleanza Democratica aveva preso il 22,2% dei consensi e 89 seggi (su 400).

Risultati delle elezioni dal 1994 al 2014 (primi due partiti)

Il terzo partito sullo scenario politico sudafricano attualmente è l’Economic Freedom Fighters (EFF), un partito di estrema sinistra che si è posto in netto contrasto con i due principali partiti, accusati di essere troppo dalla parte delle lobby industriali ed economiche. L’EFF nasce dalla scissione di alcuni giovani dell’ANC, espulsi dal partito per le loro posizioni troppo estremiste nel 2013. La base di questo partito è formata soprattutto da giovani sotto i 24 anni (il 49% del loro elettorato, secondo un sondaggio Ipsos) e neri (99%). Il loro obiettivo è fare meglio di quel 6,4% che permise loro nel 2014 di ottenere 25 seggi.

Legge elettorale e sondaggi

La legge elettorale prevede che i 400 membri dell’Assemblea Nazionale vengano eletti in modo proporzionale con liste bloccate. Metà dei membri dell’Asseblea sono eletti da liste di partito nazionali, l’altra metà in collegi che coincidono con le 9 province. Il Presidente è eletto, successivamente, dal Parlamento.

I sondaggi pre-voto davano l’AMC in testa, ma in calo di consensi: una tendenza che è stata poi confermata dai risultati finali. E un EFF sopra il 10% dei consensi lascia presupporre che i voti persi dal partito di governo siano proprio stati dirottati verso questo partito secessionista e più radicale. Dall’altra parte, il DA, che ha registrato un calo rispetto al voto del 2014, non è riuscito a sfondare e a porsi come una vera alternativa di maggioranza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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