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Egitto, vince il sì ma i laici preparano ricorsi e riscossa

Il 64% degli elettori (71% nel secondo turno) approva la Costituzione su cui Mursi s’è giocato il ruolo super partes della sua presidenza. È una percentuale consistente, sebbene quei 16 milioni e mezzo che hanno atteso con pazienza davanti ai seggi per farsi macchiare il dito d’inchiostro rappresentino solo un terzo dei 51 milioni di egiziani aventi diritto al voto. Cosicché il Fronte di Salvezza Nazionale, che ha osteggiato nelle strade, col boicottaggio e col no sulla scheda l’approvazione della Carta giudicata islamista, continua a ripetere che le norme approvate non riscuotono il consenso della maggioranza del Paese. E per rincarare la dose ribadisce come nei seggi si siano verificate “manipolazioni, violazioni e difetti nella macchina organizzativa”. C’è però da dire che anche nel momento più partecipato dei molteplici confronti elettorali del nuovo corso egiziano - quello che fra il maggio e giugno scorsi ha contrapposto Mursi e Shafiq - i votanti non avevano superato il 49%, che costituiscono diciassette punti di percentuale in più rispetto all’attuale referendum, ma son sempre una quota inferiore alla metà degli iscritti ai seggi. Stavolta la partecipazione è stata anche più bassa del referendum del marzo 2011 che aveva visto una partecipazione maggiore (41%) e un assenso più deciso 77% circa.

La dirigenza del Partito della Libertà e Giustizia, che pure ha ammesso qualche imperfezione e falla nelle operazioni consultive, è ovviamente soddisfatta dello svolgimento referendario. Usa toni enfatici nel sottolineare il taumaturgico ricorso all’urna per la democrazia del Paese, visto che il voto popolare continua a premiare il blocco islamico di cui la formazione è il fulcro. I Fratelli ringraziano i milioni di elettori che hanno approvato il disegno costituzionale, i tanti giudici che si sono resi disponibili alla supervisione nei seggi (altri magistrati risultavano obiettori), le stesse forze dell’ordine e i militari, complessivamente 250.000 uomini, che hanno vigilato in vari punti della nazione soprattutto perché non si ripetessero violenze fra fazioni contrapposte. Nonostante le massicce operazioni di sicurezza nella sera di venerdì ad Alessandria s’erano ripetuti scontri con una sessantina di feriti, seppure non gravi. In attesa dell’ufficializzazione del risultato referendario che giungerà in giornata, domenica sera i vertici della Confraternita hanno diffuso, come loro costume, l’ennesimo annuncio buonistico e fraternizzante.

Diceva: “Vogliamo andare oltre l’esito di questo voto, che pure ha espresso un chiaro sostegno popolare. Vogliamo sforzarci di costruire le istituzioni del Paese con la partecipazione di tutti i cittadini. Non c’è dubbio che nessuna fazione può da sola sostenere la responsabilità della guida della nazione escludendo gli sforzi altrui. Invitiamo ciascuno a unirsi a noi per servire l’Egitto. Per risolvere a pieno tutto ciò che serve alla Patria e al popolo”. Difficilmente il blocco del no raccoglierà la mano tesa. Nel quartier generale del Fronte di Salvezza Nazionale, che domenica aveva parlato tramite Sabbahi, si faranno i passi necessari per contestare l’approvazione della Costituzione presentando ricorsi al Supremo Comitato Elettorale e all’Alta Corte, ma i più pragmatici preparano una riscossa su base elettorale, l’unica che può pesare nel confronto politico. Fra febbraio e marzo saranno indette ancora nuove consultazioni che dovranno riformare l’Assemblea del Popolo sciolta nel giugno scorso dalla Giunta Tantawi. 

Lì l’Egitto anti islamista spera di rovesciare gli attuali rapporti di forza. Intanto il vice-presidente Mekki ha rassegnato le proprie dimissioni perché la nuova Costituzione non prevede un simile ruolo. Era rimasto in carica nel delicato momento della recente crisi prodotta dalla contestazione a Mursi che aveva registrato l’imbarazzante forfeit di numerosi stretti collaboratori del Presidente, tutti uomini della Fratellanza.

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