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Egitto: costruzione di una democrazia

La destituzione del presidente Mubarak nel marzo del 2011, l’approvazione della nuova costituzione egiziana avvenuta pochi giorni fa, sono tutti esempi di come l’Egitto o meglio, il popolo egiziano, stia cercando di porre le basi per un nuovo paese, più florido, più sicuro e soprattutto più democratico. Ma la situazione sta davvero mutando oppure siamo di fronte ad un nuovo recesso?

Tutto cominciò più di un anno fa, il 25 gennaio del 2011, quando iniziarono le prime contestazioni in piazza Tahrir, al Cairo, divenute ben presto scontri armati tra la popolazione, polizia e militari e che causarono molte vittime. Ad agitare il popolo egiziano era la crescente disoccupazione, il bisogno di riforme costituzionali e soprattutto il governo di stampo militare istituito da Hosni Mubarak, che salì al governo nel 1981, instaurando la legge marziale e, di fatto, limitando la libertà di stampa e legalizzando gli arresti preventivi degli oppositori politici.
 
In soli 18 giorni di rivolte, il popolo riuscì a far destituire Mubarak, ponendo fine al suo governo trentennale. Il potere passò poi nelle mani del Consiglio supremo delle forze armate, con il compito di portare il Paese verso elezioni presidenziali democratiche. Elezioni avvenute nel giugno 2012, che hanno decretato la vittoria di Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani. Inizialmente il nuovo presidente si è dimostrato di ampie vedute democratiche, salvo poi modificare la propria politica attribuendosi nello scorso novembre, tramite decreto costituzionale, una serie di poteri. La motivazione ufficiale è da trovare nell’intento di Morsi di rendere non impugnabili i propri decreti, per garantire all’Assemblea costituente di lavorare senza ostacoli nella formulazione della nuova costituzione. Sono seguiti scontri nelle piazze che hanno portato alla revoca del decreto ma non alla cancellazione del referendum costituzionale fissato per il 15 e il 22 dicembre scorsoil cui esito è stato l’approvazione della carta costituzionale.
 
Elezioni in egitto_agi.it

Elezioni in Egitto © agi.it

Sin dal primo turno di votazione era già prevedibile che il testo sarebbe stato accolto, visto che il sì ha vinto con il 57%; la conferma è arrivata con il secondo spoglio del 22 dicembre che ha fatto arrivare i consensi al 63,8%. La nuova costituzione ha suscitato polemiche fin dalla sua gestazione. I 236 articoli che la compongono sono stati approvati in sole 19 ore da una Assemblea a maggioranza musulmana, dopo l’abbandono dei partiti dell’opposizione ed è stata messa a votazione dopo neanche un mese dalla sua stesura definitiva. Durante le operazioni di voto non sono mancate denunce di irregolarità, come la mancanza dei magistrati preposti al controllo in diversi seggi e le lunghe file d’attesa in quelli delle donne, si crede per scoraggiarle a votare. Analizzando alcune sue parti fondamentali si possono individuare ambiguità e contraddizioni.

Innanzitutto la costituzione non riconosce la supremazia del diritto internazionale sulle norme interne; ciò comporta dubbi su come lo Stato potrà adempiere agli obblighi contenuti nei trattati internazionali. Il principio generale IV, che stabilisce l’uguaglianza davanti alla legge, si scontra inevitabilmente con il contenuto degli articoli 2 e 219, che elevano i principi della shari’a - la legge islamica - a “fonti primarie della legge” e a “regole fondamentali della giurisprudenza”. Il loro uso potrebbe comportare il sorgere di gravi discriminazioni, in particolare nei riguardi delle donne, in materie quali diritto famigliare e privato. L’articolo 10 decreta che “lo stato e la società devono preservare la vera natura della famiglia egiziana” mentre il successivo dichiara che “lo stato deve proteggere l’etica, la morale e l’ordine pubblico”. Seppur di notevole portata queste affermazioni risultano troppo generiche e potrebbero essere interpretate restrittivamente per limitare i diritti fondamentali. Con l’articolo 43 viene garantita la libertà di credo per musulmani, ebrei e cristiani, mentre per tutte le altre religioni, lo Stato non ha l’obbligo di istituire luoghi di culto. Infine una grande ferita alla democrazia è data dall’articolo 198, che inserisce nella costituzione la possibilità di instaurare processi civili di fronte alle corti marziali, acconsentendo, di fatto, un potere giuridico dei militari sulla popolazione.

Egitto, approvata nuova Costituzione, ora ci sarà referendum

Egitto © mtvnews.it.jpg

Non mancano i commenti a caldo dopo la notizia della sua approvazione. Heba Morayef giornalista e responsabile in Egitto di Human Rights Watch ritiene che la carta sia nata vecchia e risulti meno garantista rispetto alla precedente del 1971, soprattutto per quanto riguarda la libertà religiosa e le concessioni giuridiche date ai militari. Secondo Mohamed el-Baradei, capo dell’opposizione e premio nobel per la pace nel 2005, “questa carta divide il Paese e presenta lacune nelle definizioni dei valori fondamentali, dalla libertà di religione a quella di espressione, all’indipendenza del potere giudiziario”. Sul piano internazionale il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Patrick Ventrell, si augura che il Presidente Morsi, dopo la ratifica della carta, “affronti la necessità urgente di mettere fine alle divisioni, di costruire la fiducia e di allargare la base del sostegno politico”. Anche l’Unione Europea, con le parole di Catherine Ashton, responsabile per la politica estera europea, invita il presidente egiziano a “ristabilire la fiducia nella democrazia”.

Alla crisi istituzionale si aggiunge quella economica; il deficit pubblico è arrivato a quota 13 miliardi, la lira egiziana è in rapida svalutazione e la disoccupazione non accenna a calare. È notizia recente che il prestito concesso dal Fondo Monetario Internazionale di 4,8 miliardi di dollari all’Egitto è stato congelato, perché Morsi è contrario a imporre ulteriori misure di Austerity volute dal Fondo come garanzia.

In conclusione l’Egitto, con un governo ancora troppo autoritario, una costituzione di stampo religioso e una crisi economica che non rallenta, non ha ancora trovato un equilibrio; uno spiraglio di luce potrebbero essere le elezioni parlamentari che si terranno tra due mesi, occasione per il popolo egiziano di dare una spinta effettiva verso il progresso del Paese.

Alberto Grugnetti

 

 

Foto Logo: Andrea Bodekull ©

 
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