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Egitto: Fratellanza Musulmana, Costituzione e altri ostacoli

E’ scontro aperto fra le forze politiche egiziane su chi, come e cosa scrivere sulla nuova Carta Costituzionale. La formazione liberale del Blocco Egiziano che si era attestata sul 12% durante le elezioni dell’Assemblea del Popolo (Camera Bassa) e ancor meno nelle successive per il Consiglio della Shura (Camera Alta) ha esplicitato una rottura formale ritirando i propri deputati dal voto parlamentare. Un voto che serve a definire chi dovrà partecipare all’Assemblea Costituente. L’accusa sollevata dal leader del Blocco, il tycoon copto Sawiris, è che la maggioranza parlamentare stia monopolizzando quei posti per dare un’impronta islamista alla Carta del nuovo Egitto. Queste le dichiarazione lasciate all’Associated Press: “E’ ridicolo che una Costituzione sia scritta da una sola forza politica. Noi e la sinistra stiamo facendo la nostra parte”.

Quando parla della sinistra il miliardario liberal-liberista si riferisce alla formazione socialista Tagammu, che alle elezioni s’è presentata col Blocco in base al comune denominatore della difesa dello Stato laico. Anche il responsabile di questa componente Rifaat Al-Said sottolinea come la Costituzione non può essere appannaggio di una parte, pur politicamente maggioritaria, del Parlamento “La Carta deve riflettere l’opinione dell’intera società”.

Altri leader hanno evidenziato come il gruppo preposto al delicato compito costituzionale non può essere formato solo da parlamentari, che hanno interessi di parte, servirebbe almeno il 50% di figure pubbliche di alto profilo istituzionale. Ma a due mesi dalle elezioni presidenziali, fissate per il 23-24 maggio dalla stessa Giunta militare cui è stata strappata la promessa del successivo passaggio di poteri, diversi candidati alla presidenza (finora 158) temono il seguente scenario: le elezioni del Presidente e il suo insediamento avverranno senza che siano stati definiti i poteri Costituzionali. Così potrebbe accadere che il dominio islamico sul Parlamento propenda per un rafforzamento del ruolo del premier sulla stessa figura presidenziale. Però il Partito della Libertà e Giustizia, che ha dominato con il 42% dei consensi le votazioni in entrambe le Camere, pur mettendo sotto pressione il Consiglio Supremo delle Forze Armate perché liquidasse il gabinetto guidato da Ganzouri non è per ora riuscito a spuntarla e a lanciare un proprio uomo alla guida d’un nuovo Esecutivo.

Così in accese sedute parlamentari è iniziato il fuoco di fila dei suoi deputati sulla casta di Tantawi con accuse esplicite, dirette, sferzanti che abbracciano colpe vecchie e nuove. Si punta il dito contro la debolezza mostrata nel dare indicazioni sulla formazione dell’Assemblea Costituente, si ricordano le responsabilità palesi e occulte nell’ultima grande strage allo stadio di Port Said.

L’impacciata e subdola acquiescenza nella vicenda delle Ong straniere accusate d’ingerenza nella politica egiziana conclusasi, dopo il viaggio americano di militari e uomini del governo, col rilascio degli operatori stranieri inizialmente posti agli arresti. I deputati della Fratellanza hanno anche tuonato sulla pessima gestione dei fondi statali, stimati in 10 miliardi di dollari, e il fallimentare recupero del denaro contrabbandato fuori dal Paese da Mubarak e soci d’intrallazzi finanziari prima che politici.

Il maggior partito del Paese non sta, dunque, a guardare, ma l’attivismo che gli compete dal ruolo ricoperto è anche una conseguenza di difficoltà esterne e interne. Quest’ultime hanno coinvolto la scelta presidenziale. Gli ordini iniziali erano non presentarsi con un proprio candidato, dopo l’enorme successo elettorale si puntava solo sull’ovvia carica di primo ministro. Poi c’è stata la disobbedienza di Abdul Fotouh, per la quale il carismatico sessantenne è stato addirittura espulso dal partito. Nelle scorse settimane l’uomo politico ha subìto una misteriosa aggressione da parte di due soggetti armati che lo hanno percosso (non gravemente) in strada. Azione di agenti dei Servizi, provocatori assoldati, faide interne alla Fratellanza? A tutt’oggi non è dato sapere. Il gesto parrebbe a metà fra l’intimidazione e la propaganda.

Comunque Fatouh correrà per la carica di presidente ed è un personaggio forte che raccoglie simpatie fra i giovani islamici, fra gli stessi liberali che lo ritengono un riformatore e recentemente anche fra la metà dei vescovi copti. Insomma uno dei volti più accreditati assieme a Moussa e Shafiq. In questi giorni la dirigenza dei Fratelli Musulmani per bocca del segretario generale Mahmoud Hussein ha dichiarato che “il partito è stato forzato dallo stato delle cose a intervenire nella corsa alla presidenza” e ha fatto il nome di Khairat Al-Shater, per quanto ci fosse già in ballo il magistrato Al-Ghariyani su cui gli stessi salafiti s’erano dichiarati disponibili a far convergere la preferenza.

Avere più candidati, sebbene Fotouh venga ormai considerato un esterno, è una mossa ritenuta da parecchi un grave errore perché porterebbe alla dispersione di voti. Eppure gli avversari liberali agitano lo spettro del possibile en plein degli islamisti sul fronte presidenziale, del premierato e su quello costituzionale. L’ultimo anatema è scagliato contro le pretese dei salafiti che proporrebbero (il condizionale è d’obbligo perché si tratta d’intenzioni) d’inserire nella Carta che si va a vergare il riferimento a un antico statuto che sostiene come i princìpi islamici erano la fonte della legislazione d’Egitto. Secondo gli uomini di Sawiris i deputati di Al-Nour lo sosterrebbero, mentre tanti onorevoli della Fratellanza scuotono la testa e dicono che si tratta d’una boutade. Se mai venisse avanzata loro sarebbero contrari. 

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