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Eco- tra -nomia e -logia... chi vincerà?

Ai tempi dell’Origine delle Specie la parola ecologia non esisteva ancora, l’avrebbe coniata qualche tempo dopo un fedele seguace di Darwin: Ernst Haeckel. 

La disciplina, ancora senza nome, era però molto familiare a Darwin che la chiamava “economia della natura”. Darwin era stato influenzato da un saggio economico di Malthus e aveva trasferito al mondo naturale l’intuizione economica del suo ispiratore. Il concetto è semplicissimo. Nulla può crescere all’infinito, e se qualcosa cresce c’è qualcos’altro che decresce. Più semplice di così...

Adesso guardiamoci attorno e vediamo cosa ci aspettiamo. Ci aspettiamo la crescita. Tutto deve crescere, deve crescere la produzione, e devono crescere i consumi, deve crescere la popolazione, e deve allungarsi la prospettiva di vita. Se non c’è crescita non c’è futuro, ci dicono tutti. Bé, non proprio tutti. Gli scienziati della scuola di Roma, qualche decennio fa, formularono un famoso manifesto intitolato: "I limiti dello sviluppo". Sviluppo altro non è che la crescita, e si faceva presente che ci sono limiti. Cassandre. Il problema però è che Cassandra aveva ragione nelle sue predizioni, e la maledizione che la affliggeva era di non essere creduta. E quindi Cassandre ben si addice per etichettare gli ecologi che, da sempre, mettono in guardia dalla crescita.

Il motivo è semplice. Il successo di una specie si misura con il numero di individui che la rappresentano, e ogni individuo ha una pulsione irrefrenabile per la riproduzione. Agli uomini, che non possono fare bambini, piacciono le donne (perché li sanno fare) e alle donne piacciono i bambini. Tutto il resto è sovrastruttura culturale. Tra parentesi, se vuoi vendere qualcosa ad un uomo... mettici una donna nuda. Se vuoi vendere qualcosa a una donna... mettici un bambino piccolo. Funziona. Benissimo, il nostro destino è crescere. E così fanno tutti i viventi. Tutti hanno un impulso irrefrenabile alla crescita. Più si cresce, però, e più si usano le risorse che sono indispensabili per la sopravvivenza della specie. Di solito si tratta di risorse rinnovabili (le piante o gli animali che costituiscono la dieta di un animale, o lo spazio fisico per le piante), ma se si consuma ad un ritmo maggiore rispetto alla velocità di rinnovamento della risorsa, allora cominciano i guai. Perché la natura non riesce a soddisfare i bisogni di tutti questi individui della stessa specie.

Poco male. Se i bisogni non sono soddisfatti, si comincia a morire per fame. Il numero diminuisce e si torna a numeri compatibili con la disponibilità di risorse. Oppure ci si sposta, in cerca di nuove risorse, ma prima o poi bisogna fare i conti con numeri troppo elevati rispetto a risorse non sufficienti per tutti. Gli ecologi chiamano “capacità portante” il numero massimo di individui di una specie che riesce a vivere utilizzando le risorse di un dato ambiente. Raggiunta la capacità portante la crescita si ferma. È una legge di natura. Le due leggi di natura: crescere crescere crescere, e quella della capacità portante sono in apparente contrasto tra loro. Ma ci dicono che c’è una cosa che non esiste in natura: la stabilità. Le situazioni sono sempre dinamiche e l’evoluzione, l’adattamento, sono sempre in moto, perché appena ci si è adattati a qualche situazione, ecco che la situazione cambia. A volte cambia proprio perché ci si è adattati ad essa. E quindi la vita è una lunga rincorsa verso il futuro, e non c’è mai un attimo di tregua.

E noi invece cosa ci aspettiamo? Da una parte vogliamo crescere, e dall’altra vogliamo la stabilità. Sono aspettative infantili, da bambini viziati, che ancora non hanno capito come funziona il mondo.
Gli economisti non studiano ecologia. Non la ritengono una materia necessaria alla loro formazione. Peccato. L’ecologia cerca di decifrare le leggi della natura, e di vedere come essa le applica. Conoscere le leggi della natura aiuta molto a vivere meglio. Perché si può persino prevedere. Le altre specie tendono tutte a crescere e, se ci riescono, devono poi affrontare il problema del collasso dovuto a mancanza di risorse. Noi, invece, visto che siamo attrezzati intellettualmente per capire queste cose, dovremmo prendere le opportune misure di compensazione. Crescere sì, ma fino a un certo punto. Senza rovinare la natura che ci sostiene. E invece no. Gli economisti, comunque, non sono ignoranti. Lo sanno che c’è la natura. Però l’hanno esclusa filosoficamente dal loro lavoro. Lo hanno formalizzato con il concetto di esternalità. Con l’esternalizzazione hanno “messo fuori” dai loro bilanci i costi ambientali che ogni nostra impresa necessariamente richiede. Il risultato lo vediamo chiaramente. Gli ambienti collassano, la natura non ce la fa a darci quel che le chiediamo e noi, invece di capire, la forziamo sempre di più.
Non ci vuole la sfera di cristallo dei futurologi per capire una cosa semplice semplice. Se l’uomo formula leggi a proprio uso e consumo e queste leggi sono in contrasto con le leggi della natura, quali leggi prevarranno? Persino un economista non può dire che prevalgono le sue leggi rispetto a quelle della natura. O meglio, le leggi dell’economia, nel breve termine, prevalgono, ma alla fine non c’è scampo, prevale la natura.

Siamo una specie intelligente, queste cose le dovremmo capire. Non sono neppure nuove, sono secoli che qualcuno le dice. Eppure, guardatevi attorno, e vedrete che tutti, ma proprio tutti, vogliono la crescita.
Non è facile dire quando avverrà qualcosa che ci costringerà a capire, ma è facile prevedere cosa succederà. Quando la natura non ce la farà più a reggere il nostro peso, semplicemente si sposterà da una parte e ci farà cadere. Prendendo altre direzioni. Non è la natura ad essere in pericolo. Tutte le specie di grande successo si sono estinte, basta pensare ai dinosauri. E si sono estinte proprio per il loro estremo successo. Poco male. Morte loro ne sono arrivate altre. Noi, per esempio. Ma anche noi facciamo parte di quel gioco. Dobbiamo capirne le regole se vogliamo giocare un po’ più a lungo dei nostri predecessori. Ma siamo proprio degli zucconi.
È morta Amy Winehouse. Il successo in eccesso l’ha portata dall’esaltazione all’autodistruzione. Emblematica rappresentazione dell’estinzione.

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