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Divorzio breve, la proposta di legge sta per arrivare in aula

 

Tra i tanti tristi primati del nostro paese c’è anche quello della lunghezza dei tempi per ottenere una separazione o un divorzio: tra i mille e i millecinquecento giorni. La legge italiana è una delle più restrittive d’Europa, e da tempo si cerca, invano, di adeguarla ai tempi. Nel 2003, una proposta DS per ridurre da tre a un anno il periodo minimo di separazione per poter divorziare fu subito edulcorata, subordinandone l’applicabilità all’assenza di figli e alla consensualità della separazione.Ma nemmeno la manovra di alleggerimento sortì qualche effetto: quando giunse in aula, un’alleanza trasversale tra i cattolici di centrodestra e centrosinistra riuscì comunque a bocciare anche tale soluzione minimale.

Nove anni dopo, scrive oggi Maria Novella De Luca su Repubblica, un testo quasi altrettanto prudente sta nuovamente per approdare in parlamento. Pare che sia stato concordato tra PD e PDL, e prevede che il divorzio possa essere concesso in un anno se non ci sono figli o sono maggiorenni, e in due se si ci sono minori. Anche questa proposta è tuttavia un’incognita: non si sa come la pensano UDC e Lega Nord, mentre anche i radicali potrebbero opporsi, giudicando il testo troppo debole.

Sullo sfondo, come al solito, l’ombra delle gerarchie ecclesiastiche. Ne scrive in un articolo a corredo la sociologa Chiara Saraceno. Che ricorda che, se è vero che i consulenti familiari consigliano di attendere un po’ prima di presentare ai figli i nuovi compagni, “concordano anche che l’incertezza nello statuto del rapporto tra i genitori, unito ai contenziosi che ne scaturiscono, rendono più difficile ai figli l’elaborazione della separazione e la ridefinizione delle relazioni”. E osserva: “tempi di attesa troppo lunghi possono fare male soprattutto ai figli minori”.

Un dato che non interessa alle gerarchie ecclesiastiche, che continuano a chiedere ai parlamentari cattolici un impegno deciso a favore della famiglia così come la concepisce il Catechismo, contrario a ogni forma di divorzio. E non come la ‘praticano’ quegli stessi parlamentari, pochi dei quali si trovano nella condizione che il magistero cattolico, che così spesso evocano nei loro discorsi, prescrive.

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