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Diventeremo sempre meno europei

Il consolidamento di un partito fascista in Grecia, il successo di Beppe Grillo e Silvio Berlusconi in Italia, i milioni di disoccupati in costante crescita, lo smantellamento dello stato sociale e il ritorno dei salari da fame nel Sud Europa; tutto questo, e molto altro, sta determinando l’ascesa dei partiti antieuropei in Grecia, Francia, Finlandia, Regno Unito, Italia e persino in Germania.

Niente di tutto questo sembra smuovere la teutonica cancelliera Angela Merkel che, imperterrita, continua a predicare rigore con toni arroganti e a provocare tempesta senza muovere un ciglio.

  • Lo stato sociale? Niente da fare!
  • La crescita? Verrà da sola, con l'austerità e la "fata" fiducia!
  • Populismo e antieuropeismo? Questioni interne!
  • Disoccupazione? Fate ulteriori riforme strutturali, regole più rigide, più flessibilità e precariato!

Quindi, le situazioni peggiorano. In Europa uno o due paesi resistono, gli altri 25 membri stanno affondando lentamente nella miseria. Non si sa nemmeno dove mettere le forbici: le tasse, i tagli, la recessione e la disoccupazione galoppante hanno distrutto i consumi e la domanda interna, le imprese. Il benessere e la speranza di un futuro sono, ormai, concetti dei bei tempi. È uno scenario da collasso economico, ma il creditore principale d’Europa, la Germania, continua a dire che non c’è altra via d’uscita: l'austerità non è incompatibile con la crescita. Più o meno, è la stessa cosa che diceva cinque anni fa. Da allora è successo di tutto, paesi in crisi recessiva, impoverimento dei popoli, disoccupazione, disperazione, ma la Merkel non si è spostata nemmeno di un millimetro dalle sue posizioni.

L’epilogo di questi cinque anni si può sintetizzare più o meno in questo modo: ci avvieremo verso una pericolosa tensione sociale e politica. Se non ci saranno risultati migliori di questi, la situazione degenererà ulteriormente, e molto in fretta.

“Se la politica europea non cambia, andiamo incontro a una catastrofe politica”, ha spiegato Jean-Christophe Cambadélis, uno dei leader del Partito socialista francese, autore di un illuminante documento presentato al Parlamento Europeo che sintetizza: “Siamo l’unica area del mondo che ha trascorso cinque anni in recessione. Il diritto europeo pone l’accento sulla competitività fra Stati membri, ma fa un errore enorme: non saremo mai competitivi come l’India e la Cina, se vogliamo mantenere un livello di protezione sociale decente. La ricetta neoliberista ha generato una disoccupazione mastodontica, insopportabile per molte nazioni europee e, dove non esiste il fenomeno della disoccupazione, come per esempio in Germania, ha prevalso il lavoro precario, con bassi stipendi e diritti negati”.

Un altro grosso problema è che il Partito popolare europeo domina l’Europa politica e pone la sua base ideologica sul modello di rigore tedesco sostenendo, altresì, che l’austerità conduce alla crescita e richiede solo una quota minima di solidarietà. Eppure la gente è stanca di essere condizionata dall’Europa e dalla Germania, i popoli europei non accetteranno più di cedere ulteriore sovranità in nome di un’Europa sempre più lontana dalle necessità reali. Serve solidarietà, distribuzione della ricchezza, coesione sociale; questo è l’unico modo per non disgregare l’unione di Stati che si considerano “amici”.

Anzi, in questa fase è la Germania che dovrebbe uscire dall’Euro. Infatti, sempre più spesso la Merkel pone veti incrociati che, tra l’altro, aumentano il pericolo di scontro tra “fede e ragione”, allontanando sempre più la nazione tedesca dal resto d’Europa. L’Europa meridionale è frustrata dall’intransigenza e dall’arroganza della Germania con questa storia infinita dell’austerità e in molti auspicano che arrivino presto le elezioni tedesche, perché le cose stanno cambiando anche lì. Perfino la Germania sta attraversando uno dei suoi momenti peggiori e l’istinto antieuropeo, fra l’elettorato tedesco, sta prendendo piede.

In ogni caso, esiste oggi la “rivolta meridionale”. Portogallo, Spagna, Italia e Grecia ne hanno avuto abbastanza e pure la Francia si sente molto più vicino a sud-est, spezzando così il vecchio asse franco-tedesco dei tempi di Sarkozy-Merkel. Il premier Enrico Letta, dopo essersi incontrato con Hollande, ha trovato in lui un alleato inatteso e insieme hanno messo le carte in tavola: se la Germania non cede alla coesione e la crescita, allentando il rigore, rischia di far morire l’Europa intera. I tedeschi sembrano sempre più isolati, quindi, ma nulla suggerisce che cederanno di un millimetro.

Lo scrittore José María Ridao, in un’intervista, ha dichiarato: “Il problema non è la Merkel, ma l’Europa quale concetto unitario. Berlino non sembra comprendere in che misura, le ferite inferte al progetto europeo, potrebbero essere insanabili, forse ventisei milioni di disoccupati sono la linea del non ritorno. A volte le decisioni economiche producono situazioni politiche estreme, la Grecia è stata il primo laboratorio, seguita da Spagna e Portogallo, e altri ne seguiranno. Oggi l’Europa non è più associata al concetto di benessere e progresso, ma con la disoccupazione e l’esclusione sociale e, questo, è devastante per tutti!”

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