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Delta del Niger, l’appello di Amnesty: "Strappa un impegno a Eni!"

Il territorio del delta del fiume Niger, in Nigeria, è ricco di enormi giacimenti di petrolio che da decenni generano ricavi per miliardi di dollari, mentre la maggior parte della popolazione vive in estrema povertà. Le attività estrattive di Shell, Eni e Total hanno contaminato la terra, l'acqua e l'aria mettendo a rischio la salute e il diritto a un ambiente sano, a condizioni di vita dignitose, al cibo, all'acqua pulita e a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. 
 
Queste aziende devono al più presto bonificare tutte le zone inquinate nel delta del Niger e il governo della Nigeria deve rendere più stringente la regolamentazione dell'industria petrolifera.

Firma qui l'appello di Amnesty International.

Dott. Paolo Scaroni 
Amministratore delegato
Eni spa

Egregio dott. Scaroni,
 
Siamo simpatizzanti di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.
 
Siamo seriamente preoccupati per l'impatto che le attività petrolifere di Eni stanno avendo sull'ambiente e sui diritti umani della popolazione del delta del Niger, in Nigeria.
 
Le fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti gestiti da Agip continuano ad essere un fenomeno ricorrente e hanno contaminato la terra, le falde acquifere, le paludi e i fiumi dai quali le comunità traggono l'acqua per tutte le esigenze della vita quotidiana. Le conseguenze delle fuoriuscite sono inoltre talvolta aggravate dal verificarsi di incendi e da ritardi nella bonifica dei siti inquinati. 
 
Nei siti produttivi di Agip è inoltre ancora presente il fenomeno del gas flaring a causa del quale gli abitanti sono costretti a vivere con una polvere nera che si deposita sulle case, sui vestiti e sugli alimenti e in molti lamentano problemi di salute, per effetto degli agenti nocivi e cancerogeni sprigionati da tali torce. La qualità di vita viene inoltre compromessa dal rumore delle torce di gas nonché dall'odore acre e dall'illuminazione che esse producono nell'area circostante ventiquattr'ore su ventiquattro. 
 
Sebbene l'Eni dichiari da anni di essere impegnata nella realizzazione di iniziative volte a una riduzione del fenomeno del gas flaring, anche attraverso l'utilizzo del gas associato all'estrazione petrolifera per la produzione di energia elettrica, annunciando ripetutamente l'obiettivo di diventare la prima compagnia petrolifera a porre termine a tale pratica in Nigeria, presso gli impianti di Agip il fenomeno del gas flaring è tuttora una realtà. Inoltre, sebbene Eni affermi di essere impegnata a contribuire a mitigare le grandi diseguaglianze in termini di accesso all'energia elettrica nei paesi in cui opera, diverse comunità del delta del Niger residenti in prossimità dei suoi stabilimenti estrattivi e produttivi continuano a lamentare il fatto di non disporre di elettricità. 


 
Oltre a essere responsabile nei casi in cui l'azienda gestisce direttamente gli oleodotti, Eni lo è anche attraverso la sua partecipazione del 5% alla Joint Venture, costituita con la società statale nigeriana NNPC (Nigerian National Petroleum Company) e con le compagnie petrolifere Elf ed SPDC (Shell Petroleum Development Company). 
 
Un importante rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) sulle conseguenze dell'inquinamento da petrolio nel territorio dell'Ogoniland, una zona del delta del Niger, pubblicato il 4 agosto 2011, ha sottolineato che sebbene la Shell sia la principale responsabile degli effetti negativi degli impatti dell'estrazione di petrolio da parte della Joint Venture, gli altri partner di quest'ultima hanno anch'essi una parte di responsabilità. 
 
Per questi motivi, Le chiediamo di dichiarare pubblicamente l'impegno di Eni a intraprendere una revisione dell'impatto di tutti i progetti relativi al petrolio e al gas sui diritti umani, assicurando una piena consultazione e un'adeguata informazione alle comunità colpite e rendendone pubblici i risultati.
 
Le chiediamo di assicurare che Eni intraprenda una bonifica di tutte le zone inquinate consultando le comunità locali, le autorità di monitoraggio e rendendo note le informazioni con regolarità.
 
La sollecitiamo inoltre a rendere pubblici i rapporti d'indagine e i dati di ogni fuoriuscita di petrolio che avviene nelle aree in cui opera.
 
Relativamente alla pratica illegale del gas flaring, tuttora attiva in alcuni degli impianti di Eni, Le chiediamo urgentemente che l'azienda vi ponga fine.
 
Infine, riguardo al ruolo svolto da Eni all'interno della Joint Venture guidata da SPDC, Le chiediamo di supportare la richiesta di bonifica dell'Ogoniland e di contribuire allo stanziamento del fondo raccomandato dall'Unep.
 
La ringraziamo per l'attenzione.

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