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 Home page > Attualità > Economia > Decreto agosto: sussidio mio ti riconosco

Decreto agosto: sussidio mio ti riconosco

In questa puntata ci dedichiamo ad alcuni punti qualificanti del cosiddetto Decreto agosto, quello che produce altri 25 miliardi di deficit. In particolare, alla decontribuzione “strutturale” nel Mezzogiorno, fortemente voluta dal ministro Peppe Provenzano, e che dovrebbe durare un decennio, sia pure a beneficio calante.

Servirà l’accordo di Bruxelles, sia in termini di autorizzazione agli aiuti di stato (ma non dovrebbe essere un problema, visto il clima politico da pandemia), sia per connettere questa decontribuzione fiscalizzata ad una parte del nostro Recovery Plan.

Qui suggerisco una chiave di lettura: poiché sono previsti imponenti investimenti, che dovrebbero (secondo la vulgata) contribuire a chiudere il gap di produttività tra Nord e Sud, ecco la motivazione per il décalage allo sconto contributivo. Non andrà così, temo, ma non spoileriamo.

Ed ecco, improvvise, due epifanie: una riguarda il costo del lavoro e l’altra la funzione delle imprese ma anche qui non vi anticipo nulla perché dovrete guardare il video. Tie’.

Il punto resta quello: poiché l’Italia tende ad uscire dalle recessioni con un minore dinamismo (eufemismo) rispetto ai paesi con cui ci confrontiamo, il timore è che questo baccanale di debito, pur se in larga parte inevitabile e necessario, finisca in iniziative che non solo non daranno apporto alla crescita ma la danneggeranno, ad esempio alimentando legioni di soggetti sussidiati che cercheranno con ogni mezzo di fare di questi sussidi un diritto acquisito. Ma io sono notoriamente cinico.

Ultima parte dedicata al nuovo poderoso moto di sdegno degli italiani: la fruizione, da parte di cinque parlamentari (e di numerosi altri eletti in ambito locale), del sussidio per le partite Iva.

Non è illegale perché, per motivi di efficienza (i.e. rapidità), si è sacrificata l’equità, e non si sono poste condizioni. Se ci fosse stato l’onere della prova dei mezzi (means testing), i tempi si sarebbero allungati. Ho una notizia per voi: esiste un tradeoff tra efficacia (detta anche equità) ed efficienza, lo sappiamo da sempre.

E qui deve entrare in gioco la variabile sociale e comunitaria: non chiedo qualcosa che pure formalmente mi spetta, se ritengo di non essere in condizioni sostanziali di bisogno. Ma questo, come noto, non pare essere esattamente tipico degli italiani.

Lo sdegno rischia di produrre una conseguenza non intenzionale (forse): dare fiato alla propaganda per ridurre il numero di parlamentari. “Ladri per ladri, meglio averne il minor numero possibile a mangiare sulle nostre spalle”, mi sembra già di sentire in lontananza. O forse sono impazzito (o in odore di santità) e sento delle voci.

Altra conseguenza: la domanda di normazione verrà ancor più potenziata, sulle ali dell’illusione che sia possibile regolare tutto, nel paese che ha inventato il certificato di esistenza in vita. Daremo i soldi solo ai “realmente bisognosi”, e vi specificheremo tutte le tipologie di bisogno e i documenti da produrre. Piccolo problema: la normazione crea interpretazione delle norme, nelle more della quale si producono comportamenti di aggiramento delle medesime (gaming the system, come dicono i cosmopoliti), e nuova normazione, in un circolo vizioso che spiraleggia senza fine.

La fine, anzi, c’è: una classe sempre più vasta di burocrati e “normatori”, con ampia parte della politica che si illude (o progetta deliberatamente) che, di norma in norma, sia possibile giungere all'”Uomo Nuovo”.

Se avessi uno strano senso dell’umorismo, vi augurerei buona visione.

 

Foto: Governo.it

Questo articolo è stato pubblicato qui

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