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Decifrare i blog prima di legiferare

Oggi faccio il paio con Massimo Mantellini su Nòva/IlSole24Ore e con Marco Montemagno in un’ intervista su DailyNet. In qualche modo le due cose sembrano collegate: da una parte si prova ad analizzare i fenomeni, proprio mentre c’è chi tenta di legiferare in un modo che appare inconcepibile.

Su Nòva, Massimo torna sull’articolo di Wired che sostiene che i blog sono morti, esprimendo invece parere esattamente opposto. E io concordo decisamente. Nel mio pezzo cerco di individuare delle logiche con cui valutare non solo i blog, ma le applicazioni digitali in genere; scrivo di come affrontare il mare in piena degli ambienti online con cui è opportuno avere a che fare.

Nòva di oggi è peraltro ricco di tanti articoli interessanti: si tratta di cloud computing, di lavoratori dell’immateriale e poi Giampaolo Colletti accenna ad una ricerca dell’Università Bocconi sul rapporto tra aziende e social media. Con l’occasione: simpatica discussione avviata da Maurizio su FriendFeed in cui si enfatizza la qualità di Nòva.

Su DailyNet, l’articolo di Fabbricini riguarda il noto decreto che prevedrebbe l’obbligo di iscrizione al registro degli organi di comunicazione (Roc) per i blog collegati ad un’attività economica. Marco come me è ovviamente contrario. Io magari esagero ma dico, tra l’altro, che se una legge bisogna fare, allora facciamone una che obbliga i legislatori a fare dei corsi per capire internet prima di legiferare. È un tema caldissimo e delicato, ben ripreso anche da Mario Adinolfi su Europa di oggi.

Commenti all'articolo

  • Di Bernardo Parrella (---.---.---.90) 18 novembre 2008 00:56
    Bernardo Parrella

    spero di non scandalizzare nessuno qui, ma a me nova non e’ mai piaciuto ne’ onestamente mi pare abbia senso nell’attuale panorama nostrano - se non per ripetere nel cartaceo, in modo rapido e irriflessivo, quanto andiamo discutendo variamente nella blogosfera - vedi proprio l’esempio sulla "morte della blogofera" gia’ abbondantemente ripreso in giro (anche qui su agoravox.it)

    che senso ha continuare con l’autoreferenzialita’ a tutti i costi? e coprire le solite technicalities che leggiamo un po’ ovunque online, in inglese, italiano o altre lingue? e dove sono gli spunti di riflessione, le critiche socio-politiche-culturali all’andazzo di internet? cui prodest chiudersi in una tecnologia fine a se stessa, raccontare degli ultimi gadget e via di seguito? non bastano gia’ i molti, soliti "bloggher", appunto, che lo fanno per mestiere (alcuni) e fanatismo (tanti)?

    d’altronde in passato ho provato a proporre a luca de biase temi piu’ approfonditi o di piu’ ampia portata - invano...

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