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Ddl misure alternative, un provvedimento insufficiente

Uno tra gli ultimi provvedimenti che il Ministro della Giustizia ha provato ad affrontare (bloccato dalla Lega ed IDV, ma non per motivi che elencherò) è il ddl misure alternative finalizzato principalmente allo svuotamento degli istituti di pena come alternativa all’amnistia. Tale discussione non è mai stata affrontata dalle Camere, anche se l’emergenza carceraria è stata sollecitata dal PDR nel luglio 2011,e soprattutto, mai più richiamata all’ordine e all’attenzione della politica a dei cittadini.

In realtà il significato delle misure alternative al carcere è un altro: reinserimento socio-lavorativo e risocializzazione del condannato.

Dietro tali misure c’è un grande lavoro di professionisti penitenziari e le difficoltà che tali figure si trovano a dover affrontare nel quotidiano sono numerose tra cui, non indifferente, la continua diminuzione dell’organico che non permette un lavoro continuo e costante danneggiando sia il detenuto che la società stessa.

Statistiche riportano che solo il 18% dei detenuti che hanno usufruito delle misure alternative tornano a delinquere, mentre, per chi non ne usufruisce, ha un tasso di recidiva pari al 79%.

Oggi le misure enunciate da Gozzini sono cambiate: in questi ultimi anni si preferisce concedere misure controllabili come la detenzione domiciliare (misura che, a parer mio, non permette la risocializzazione e il reinserimento) e, l’affidamento in prova al servizio sociale (nocciolo delle misure alternative), sta sparendo in quanto viene camuffato dalla “detenzione domiciliare con permessi lavorativi” e, quei pochi che vi accedono hanno un fine pena di pochi mesi. Per di più, le misure alternative vengono concesse con molta parsimonia: sono davvero poche le persone che ne usufruiscono a fronte di quante ne avrebbero diritto.

Inoltre, come si può chiedere una maggiore concessione di misure alternative, che prevedono il lavoro come primo elemento costitutivo per il reinserimento, se non è stata rifinanziata la legge Smuraglia? Con questo sistema numerose cooperative sono state costrette a chiudere riducendo il lavoro dei soggetti in esecuzione penale esterna. Vittime di questi tagli sono stati anche gli enti locali, i quali non hanno più possibilità di finanziare progetti lavorativi come misura alternativa.

Delle misure alternative di oggi ne devono discutere gli operatori preposti e la Magistratura di Sorveglianza perché, purtroppo, tali misure non sono più quelle previste dalla Gozzini, ma completamente reinterpretate e riorganizzate in base alla comodità del momento. In questa situazione non possiamo chiederne l’aumento finalizzato allo sfollamento delle carceri. Le originali misure alternative della l. 663/86 stanno scomparendo per colpa di questi provvedimenti “cerotto” come ad esempio la l. 199/10, la l. 211/11 etc che, sempre di più, mirano alla reclusione continua e perpetua del soggetto all’interno del proprio domicilio senza la possibilità di reinserimento e risocializzazione.

Se vogliamo rendere efficace tale provvedimento bisogna reintegrare l’organico carente degli uffici preposti al reinserimento, rivalorizzare la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale e, chissà, magari limitare la detenzione domiciliare e iniziare l’utilizzo del braccialetto elettronico.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.22) 4 gennaio 2013 13:36

    Condivido gran parte delle tesi, ma non vedo proposte nelle agende di partiti e movimenti e sono preoccupato. Si capiva che questo governo nulla avrebbe prodotto in materia. Bisogna puntare sul nuovo codice penale ( la proposta Pisapia) e nell’immefiato all’ampliamento delle misure alternative che solo una nuova amministrazione potra’ avere a cuore.

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