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"Daybreakers", buone trovate per un film debole

Un film di Michael Spierig, Peter Spierig. Con Ethan Hawke, Willem Dafoe, Claudia Karvan, Michael Dorman, Vince Colosimo.Titolo originale Daybreakers. Azione, durata 98 min. - USA, Australia 2009.

Ormai tutte le istituzioni e i media sono in mano ai vampiri. La società è impostata sulle loro necessità. Soltanto il 5% degli esseri umani è sopravvissuta alla trasmigrazione razziale, e la sua preziosità (il nutrimento per i succhiasangue è agli sgoccioli) li rende fuggitivi ricercatissimi. A causa della carestia, già imperversa una sottospecie vampira che per disperazione si è nutrita di sangue intraspecifico, dando il via ad un metamorfosi mostruosa, e rappresentando ora una reale minaccia per l’ordine pubblico. Il governo, da una parte, cerca di sopprimere la nuova sottospecie disubbidiente e anarchica, dall’altra, con l’aiuto dell’ematologo Edward Dalton (Ethan Hawke), cerca un surrogato del sangue umano. Edward, vampiro refrattario, punta in realtà ad una cura che guarisca il male che ha spento ogni umano sentimento, ma il governo appare assai più interessato ad un prodotto che sappia produrre guadagni più che felicità.

Ben presto l’ematologo viene a contatto con un gruppo di umani che possiede la prova vivente dell’esistenza di una cura: un vampiro tornato umano (Willem Defoe). Il dottore si metterà al servizio della causa, con il governo alle calcagna.
Prima di diventare già-visto, daybreaker affascina con l’originalità della visione della società vambiresca e con spunti simpatici (macchine con vetri oscuranti e televisioni digitali per guidare di giorno, bicchieri di sangue sorseggiati come chianti, gallerie sotterranee per evitare la luce del sole), facendoci sperare in un film cazzuto. Purtroppo tutto si sfalda troppo presto, per appiattirsi sugli standard dei film d’azione, senza pretendere nulla oltre che intrattenere senza ambizioni. Lo stesso valore metaforico, che poteva essere importante, qui è un filo sottile, che solo con forzatura proviamo a tracciare lungo la trama e che continuamente si perde nella storia in se stessa. Bella la scena dei vampiri cannibali, trasformati dalla metamorfosi (e dalla povertà) in agonizzanti corpi allungati, mandati a morire dalla stessa società (“già non abbiamo da mangiare per noi, non possiamo occuparci di loro”, ricorda qualcosa?) sotto la luce del sole, dove il paragone visivo con gli ebrei nei campi di concentramento è immediato.

Attendiamo con ansia che i film horror smettano di limitarsi ad una parvenza di originalità, finalizzata solo ad attirarci nelle sale, ma si spingano ad approfondire i contenuti, in un genere che si presta tanto a metaforizzare una società tanto (h)orrorida come la nostra.

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