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Cultura è lavoro

 

Spesso ci si dimentica, in questi tempi, che la cultura di un popolo, data dalla somma della cultura di ciascun individui, è basilare per la crescita umana, sociale, economica ed etica dello stesso.

Cosa s’intende, oggi, per cultura? Forse il leggere frettolosamente le notizie del quotidiano che si trova al bar o forse il cliccare su un motore di ricerca per trovare il commento a un fatto di cronaca? Oppure la cultura è “quel bagaglio di conoscenze e di pratiche acquisite ritenute fondamentali e che sono trasmesse di generazione in generazione”? Oggi, nell’epoca della globalizzazione, le conoscenze trasmesse dalle generazioni che ci hanno preceduto rischiano di essere accantonate per essere sostituite dalle fugaci conoscenze acquisite tramite i canali informativi e formativi che imperversano (chat, social network, sms, ebook, ecc.). Se a questo scenario non si porrà alcun correttivo, tra alcuni decenni la cultura delle origini resterà retaggio dei popoli ancora etichettati come ‘sottosviluppati’.

Un esempio banale: quanti giovani oggi sono capaci di individuare un oggetto utilizzato dai loro nonni o bisnonni, come “ a’ cannata, u’ carrateddu, u’ picu, a’ tannura, u’ trirenti? Quante ragazze sono capaci di preparare il pane di casa? Quanti ricordano a memoria la storia delle nostri origini? Chi prova emozioni ascoltando le nenie siciliane del passato? Difficile poter fornire dei numeri poiché una ricerca vera e propria su questo fenomeno sociale ancora non è stata messa in campo, eppure è sotto gli occhi di tutti la modifica dei comportamenti legata alla trasformazione del modo di pensare e di vivere. Pensate che tutto ciò non si traduca in un approccio diverso dei giovani per la ricerca di un posto di lavoro? È possibile rettificare il modo di interagire con i mezzi culturali?

Il ritorno al ‘vecchio libro’, al gusto della lettura, al confronto diretto e non mediato dai media con gli altri, alla riscoperta delle emozioni e dei sentimenti veri, all’introspezione per ritornare a essere e non ad apparire, alla consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità, tutto ciò potrà, forse, ricreare una cultura moderna, evoluta, globalizzata e, allo stesso tempo, innovatrice anche per il mondo del lavoro, pur restando con le radici immerse nella terra delle conoscenze antiche. Una libreria, l’unica libreria presente in una delle nostre città non può chiudere i battenti, solo perché non si trova più chi compra un libro da leggere! Questo sta succedendo e certamente è l’espressione di una potenziale regressione, i cui sviluppi si estenderanno, se non fermati in tempo, nel mondo del lavoro e della convivenza civile.

 

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