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Cultura, Religione, Risate e Sentimenti…

La Rivoluzione Americana, che ha preceduto la Rivoluzione Francese ed era ispirata alla filosofia illuminista, ha creato le basi dell’attuale cultura occidentale, insieme alle sue radici greche e giudaico-cristiane.

“Cancellate l’America, la sua libertà, il suo ottimismo, le sue istituzioni… e la sua tradizione educativa (antiteologica, liberale e meritocratica), e dell’Occidente resterà ben poco, a parte le routine geriatriche di un’Europa reale senza potere… L’esperimento americano ha deposto due doni preziosi ai piedi dell’umanità: una democrazia vitale e una tecnologia inarrestabile” (Roger Scruton, 2008, p. 8-9). “Ma diversamente dalla scienza, la cultura non è un patrimonio di informazioni obiettive o di verità teoretiche; non coincide neppure con l’acquisizione di abilità particolari, non importa se retoriche o pratiche. Eppure, essa è una fonte di sapere: sapere emotivo (o indottrinamento sentimentale) su cosa fare e che cosa pensare” (Scruton, p. 10).

Il distacco fisico delle grandi menti americane dalle logiche di potere religiose romane e da quelle monarchiche europee, ha di certo aiutato lo sviluppo di una cultura più innovativa e democratica: lo constatiamo tutti i giorni con la fuga dei migliori cervelli verso gli Stati Uniti. Però l’Unione Europea è nata dalla pace che è seguita a due guerre mondiali atroci, ma che hanno segnato anche benevolmente la psiche europea. Purtroppo in America, come in molti altri paesi, il capillare addestramento militare che “educa” mente e corpo alle tecniche dell’omicidio, ostacola lo sviluppo della volontà di pace della maggioranza degli uomini (Einstein). Anche la religione può spingere alcune persone a relativizzare il valore della vita umana quando diviene una forma di fanatismo: “Che importanza ha morire, è solo un passaggio verso l’altra vita. Che importanza ha uccidere, Dio riconoscerà i suoi…” (Luc Montagnier, 2009). 

E veniamo quindi ai vari significati della cultura: gli antropologi definiscono “cultura” gli usi, i costumi e i manufatti la cui condivisione apporta coesione sociale; gli etnologi intendono la cultura in modo più ampio, includendo tutte le caratteristiche intellettuali, emotive e comportamentali trasmette con l’apprendimento e l’interazione sociale; i sociologi invece hanno una visione più ristretta della cultura: per loro è l’insieme delle nozioni, istituzioni e consuetudini con cui le persone definiscono la propria identità di gruppo e rivendicano il possesso di un territorio sociale. Quindi la cultura può essere sia un prodotto sia un produttore di élite. Però, pur essendo un prodotto di élite, il significato della cultura sta in emozioni e aspirazioni che sono comuni a tutti, che fanno parte di una tradizione duratura di riferimenti sociali (Scruton, p. 15). L’educazione culturale emotiva e cognitiva ha il suo momento topico nella nascita dell’abitudine della risata: ridere di qualcosa è già giudicarla. “Una battuta “di cattivo gusto” non è solo una caduta di stile: è un’offesa, e uno degli aspetti più importanti dell’educazione morale consiste nell’insegnare ai bambini a non offendere scherzando” (Scruton, p. 21). In quasi tutte le sue forme, la risata è una risposta sociale e anche una risposta di costruzione della società. Impariamo a ridere in compagnia (Scruton, p. 57). E così facendo impariamo a giocare con le parole e a mettere in discussione un ordine precostituito: la risata è quindi la fonte divina dello spirito critico. L’umorismo è un sistema che limita le forme di predominio poiché ridimensiona i rappresentanti del potere ed è anche “uno strumento di precisione per valutare il tipo di relazione che si ha con una persona” (S. Pinker). 

L’elemento del gioco per fortuna riesce ad aprire le categorie del linguaggio e del pensiero e permette di fare delle esperienze più complesse. La prima attività del bambino è appunto quella di giocare per fare esperienza delle leggi fisiche ed emotive del mondo, dei materiali e degli esseri viventi: animali e persone. Lo psicologo Erik Erikson descrive molto bene queste prime fasi della vita (Infanzia e società, Armando, 2001. I giocattoli del bambino e le ragioni dell’adulto, Armando 1981), mentre l’antropologo Clifford Geertz ha compreso l’evoluzione del meccanismo del gioco nell’espressione dei diversi riti culturali umani (Interpretazione di culture, il Mulino, 1998).

Perciò la cultura e il linguaggio di ogni popolazione derivano dall’essenza dell’uomo, ma a sua volta l’essenza dell’uomo viene determinata dalla lingua e dalla cultura. “Siamo qui nella peculiare situazione del movimento circolare. Dobbiamo uscire dal circolo? Nient’affatto! Non dobbiamo uscire, ma restare nel circolo per mettere in movimento il vortice. È la peculiarità del pensiero filosofante di muoversi in un vortice che porta al non-fondamento” (Heidegger, Marinotti, 2008).

Invece “Lo scopo dell’insegnamento religioso è, da una parte, l’educazione del cuore, non della testa, mentre lo scopo delle dottrine è dare senso a quell’altro sapere che tramite i riti, i discorsi ispirati e gli esempi acquisiamo più facilmente che non attraverso qualunque forma di teoria. Dall’altra parte l’educazione delle emozioni attraverso la religione ha luogo solo se si crede in tali dottrine” (Roger Scruton, La cultura conta. Fede e Sentimento in un mondo sotto assedio, www.vitaepensiero.it, 2008, p. 51). Ma l’educazione religiosa spaccia spesso per parola di Dio i discordi dottrinari di burocrati della fede che finiscono per sovraccaricare il rapporto con Dio di troppi elementi superflui, irrilevanti, fuorvianti e inopportuni. Si arriva così all’idolatria della parola e delle scritture come fanno molti filosofi e teologi. Chi volesse fare un’analisi critica del Vangelo che è arrivato fino a noi, consiglio di leggere “La verità sul codice da Vinci” di Bart D. Ehrman o “Inchiesta su Gesù” di Corrado Augias e del biblista Mauro Pesce. Poi, per riflettere emotivamente ancora più a fondo, vi consiglio anche lo straordinario e complesso film “Bad Boy Bubby” di Rolf De Heer (Italia-Australia, Fandango, 1993). Forse bisognerebbe credere solo in Dio impersonale e imparziale: “nell’armonia governata dalle leggi di tutto ciò che esiste, ma non in un Dio che si preoccupa del destino e delle azioni dell’umanità (Albert Einstein).

Per capire come opera l’educazione religiosa vi racconto un piccolo aneddoto: il 14 aprile 1912 il Titanic affondò e si salvarono quasi tutte le donne e i bambini aiutati dall’equipaggio anglosassone e dai passeggeri di prima classe (alcuni miliardari famosi morirono eroicamente). Invece il 4 luglio 1898 il transatlantico francese Bourgogne affondò e si salvò quasi tutto l’equipaggio, ma una sola donna (L’apocalisse della modernità, E. Gentile, 2008, p. 156). C’è chi dice che la cultura cristiana protestante abbia fatto la differenza: traete voi le vostre conclusioni. Del resto tutti quei latini che motteggiano allegramente “si fa ma non si dice”, oppure “si può fare tutto, basta pentirsi”, la dicono tutta su questa forma antiquata di educazione che rammollisce la fibra morale delle persone. Anche perché quando le cose si fanno, prima o poi si vedono le conseguenze. L’inevitabile mancanza di rispetto delle rigide e inutili norme di condotta sessuali ci abitua a trasgredire le più necessarie leggi sociali. E il numero eccessivo di leggi inutili difficili da rispettare ci invita a trasgredire anche quelle più importanti e fondamentali (come i limiti dei 50 km orari o dei 70 km orari nelle tangenziali a due o tre corsie o nelle strade fuori dai centri abitati).

Forse è la lingua, il vero limite umano, il più fondamentale: il linguaggio non è sempre un “utensile-specchio” adeguato per descrivere il mondo e i movimenti fisici e pratici del corpo umano (Richard Sennett, L’uomo artigiano, Feltrinelli, 2008, p. 97). La parola in realtà ha anche dei grossi limiti per descrivere il mondo naturale che è molto sfuggente e sfumato: il linguaggio è invece uno strumento ideologico e categorizzato per cui ci conduce spesso e volentieri nelle strade già battute e conosciute che ci lasciano senza via di scampo cognitiva e quindi esistenziale. C’è poi da dire che i simboli sono più importanti delle parole: “oggi, come ieri, sono più le persone che guardano di quelle che leggono… il visivo possiede un’immediatezza folgorante, mentre la parola è più lenta e va masticata con la mente” (Marco Belpoliti, Il corpo del capo, 2009, p. 85). Inoltre per quello che riguarda ogni professione c’è chi dice che al di là dell’apprendimento istituzionale accademico siano necessarie almeno 10.000 ore di pratica per diventare un buon professionista: cioè circa 3 ore al giorno di lavoro o di esercizio per circa dieci anni (Daniel Levitin, psicologo, Fatti di musica: la scienza di un’ossessione umana, Codice Edizioni, Torino, 2008).

E la cultura appresa all’interno del proprio gruppo familiare e sociale è fondamentale per l’espressione della personalità degli individui: a differenza di quello che pensano molti sociobiologi la genetica non può condizionare più di tanto l’agire sociale, poiché la ricchezza del corpo, dei linguaggi verbali e non verbali e delle occasioni di imitazione fornisce materiale per un’ampia varietà di reazioni e di comportamenti creativi (Hans Joas, filosofo pragmatico tedesco). Molte culture possono sembrare simili, ma sono vissute in maniera molto diversa: pensiamo ai cattolici irlandesi e a quelli animisti africani o alle differenze religiose tra i piemontesi e i napoletani.

Infine chiudo in relax con un po’ dei “miei” classici aforismi: Il gioco è la più alta aspirazione dopo le necessità pratiche (F. von Schiller, Lettere sull’educazione estetica dell’uomo). La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca (Albert Einstein). Una persona può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole (Schopenhauer). “La bibbia è letteratura, non dogma; Per il volgo religione significa tributare sommo onore al clero” (Baruch Spinoza). La vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa (Norberto Bobbio). “Chi guarda al passato non può vedere il futuro; Può essere utile essere politicamente scorretti: bisogna esserlo con tutti però; È facile imitare Dio: basta stare a guardare e non fare nulla” (Amian Azzott). Il pensiero, quando è autentico, è pensiero della vita e perciò e in ciò è pensiero di Dio (Karl Barth, teologo). Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di qualcun altro… Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza! È questo il motto dell’illuminismo (Immanuel Kant). Io parlerò, mi capiti quel che mi capiti (Giobbe che parla a Dio, Gb 13,13).

Comunque, a chi non riesce a chiarirsi le idee e a chi non ha il coraggio delle sue idee, consiglio vivamente di affidarsi ad una persona esperta. Una brava però…

P. S. La casta medievale politica-cattolica dei cardinali dovrebbe dare l’esempio di una reale giustizia eleggendo il prossimo Papa tra i cattolici che hanno dato un grande contributo all’umanità e allargando il diritto di voto a preti, frati e suore. Tra le altre cose non sta scritto da nessuna parte che il Papa debba essere un cardinale. Come disse Gesù: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli… Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7,21-23). Vito Mancuso, se ci sei batti un colpo…

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