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"Crop circles", tracce di intelligenza

Come si fanno, e che significato hanno i cerchi nel grano? Lo abbiamo chiesto all’esperto Francesco Grassi, in un’intervista di cui pubblichiamo la prima parte.

Nel 2002 il giornalista Matt Ridley, appassionato dei girotondi nel grano, pubblicò un articolo sulla rivista Scientific American, in cui descrisse le tecniche (molto semplici, in realtà) che usava per creare cerchi nel grano nell’Inghilterra settentrionale. Il 12 agosto del 2006 è stato riprodotto anche il logo di Mozilla Firefox. Nel 2009, poi, alcune persone del gruppo olandese D-Sign hanno realizzato presso la cittadina di Goes in Olanda uno dei cerchi più grandi al mondo, denominato Atlas.

Nel 1980 il Wiltshire Times fu il primo giornale inglese a occuparsi di queste straordinarie formazioni. I believers, a caccia di sensazionalismo, tentarono, senza successo, di ricercare materiale storico che potesse in qualche modo, provare la presenza di agroglifi nel passato. Per fare questo mostrarono l’immagine di copertina de Il diavolo mietitore, un pamphlet del 1678, il cui racconto-metafora è volto a diffondere una morale dualista (ricco/povero) tipica della cultura dell’epoca, che però nulla ha a che vedere con i crop circles contemporanei.

Così come non esiste alcuna correlazione tra le ricognizioni aeree su ampie zone del Regno Unito nel secondo dopoguerra e le nostre particolari sculture. Dopo la guerra, infatti, furono compiute delle osservazioni aeree per studiare il fenomeno della differente maturazione del grano a terra. Studi successivi rilevarono come la presenza di resti di antichi edifici, sepolti sotto la superficie terrestre, determinasse una diversa maturazione delle piante.

Per parlare dei crop circles abbiamo rivolto delle domande al massimo esperto italiano di queste formazioni, l’ingegnere Francesco Grassi, ricercatore del Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale (Cicap) e autore del recente volume Cerchi nel grano. Tracce d’intelligenza. Ufo, alieni e Incontri Ravvicinati del 2° tipo.

Benvenuto, e grazie per l’intervista rilasciata a LucidaMente. Il fenomeno dei “girotondi nel grano” è legato al mito ufologico, la cui storia ha inizio, come è noto, nel 1947, in seguito alle dichiarazioni del pilota americano Kenneth Arnold e agli sviluppi del cosiddetto “caso Roswell”. Ci può spiegare le origini dei crop circles e parlare dei pionieri di questa nuova forma d’arte?

«Grazie a voi. Non c’è dubbio: i due pionieri di questa strana attività notturna – che per alcuni può essere vista come una nuova forma d’arte e per altri come una moderna branca dell’illusionismo – sono gli artisti e pittori inglesi Doug Bower e Dave Chorley. Doug e Dave rivelarono la loro storia alla stampa e alla tv nel 1991; il loro obiettivo iniziale era quello di creare una burla, facendo credere alla gente che una navicella spaziale fosse atterrata in un campo.

Avevano iniziato intorno al 1978 e per i primi anni le loro formazioni non furono notate; a partire dal 1980 il fenomeno cominciò a essere divulgato sui quotidiani locali e la cosa si è poi notevolmente trasformata nel tempo, diventando il caso che tutti quanti oggi conosciamo. Da semplici e piccoli cerchi le formazioni sono divenute via via più complesse, presentando dimensioni sempre più grandi, grazie all’ingresso in campo di nuovi "circlemakers" organizzati in team. Fin dall’inizio ci si è, dunque, interrogati su chi o che cosa fosse in grado di creare queste opere misteriose: ufo, alieni, intelligenze misteriose?».

Durante i suoi anni di ricerca in questo settore lei è stato anche in Inghilterra, la patria d’origine – per così dire – di queste formazioni nei campi di grano, e ha avuto modo di incontrare circlemakers tra i più bravi in circolazione. Cosa le hanno detto in merito a queste sculture?

«Nel 2004 mi sono recato in Inghilterra e non solo ho conosciuto i circlemakers, ma ho anche partecipato alla creazione di importanti formazioni inglesi, apprendendo direttamente "l’arte del circlemaking". Dialogando con loro ho potuto verificare che non creano i cerchi nel grano per burlarsi o prendersi gioco di chi andrà a fare visita alla formazione nei giorni successivi. Per semplificare, si può dire che i circlemakers si muovono sostanzialmente seguendo due tipi di approccio: c’è chi persegue finalità solo artistiche e c’è, invece, chi aggiunge allo scopo estetico qualcosa di più, una parte spirituale molto peculiare.

Io, in Inghilterra, ho avuto modo di unirmi a team del secondo tipo, partecipando anche a vere e proprie preghiere in stile "new age", prima di iniziare a creare fisicamente la formazione. Nel mio libro "Cerchi nel grano. Tracce d’intelligenza" do spazio, nell’appendice, a tre ore di interviste a dieci circlemakers, trascritte e tradotte in italiano, attraverso le quali ci si può fare un’idea precisa della loro filosofia».

E ci spiega come si fanno questi cerchi?

«Gli strumenti per creare cerchi nel grano non sono molto tecnologici: con i piedi si tracciano le linee di costruzione del disegno, mentre le rotelle metriche tengono le distanze fra chi fa da centro e chi ruota intorno. Servono, inoltre, dei paletti con bandierina numerata per marcare i punti chiave del terreno e, infine, per mezzo di tavole di legno (con una corda fissata ai due bordi in modo da tenerle sotto il piede) si riesce ad appiattire la vegetazione. Questi sono gli strumenti di base del circlemaking e, poi, c’è tanto spazio per la fantasia e la creatività, come avviene in tutte le arti».

Le immagini: un disegno presente in un manifesto inglese del 1678, dal titolo Il diavolo mietitore; il cerchio di Poirino progettato da Francesco Grassi; lo stesso Grassi mentre esegue il cerchio; la copertina del libro Cerchi nel grano. Tracce d’intelligenza.

 

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