Crocifisso negli edifici pubblici: un’esperienza personale
Daniele Pulvirenti, padre di tre figli, è non credente. Vive a Turbigo, piccolo paese al confine tra Lombardia e Piemonte praticamente immerso nel bosco del Ticino. Ha contattato l’Uaar e ha gentilmente acconsentito alla pubblicazione della sua esperienza delle ultime settimane.
Circa un mese fa sul social network Facebook commentai un articolo del 2006 che raccontava di un imam di Segrate che si diceva pronto a portare avanti la sua battaglia anti infedele e chiamava a raccolta i suoi adepti. Nel mio commento scrissi che in molti paesi a maggioranza islamica pretendono che bambini di 7 anni imparino a memoria il Corano (che come tutti i libri sacri si presta a interpretazioni) e che a quell’età i bambini assorbono tutto, uccidendo la loro razionalità. Molto dell’educazione religiosa è dovuta all’insegnante: se l’insegnante è un fanatico e porta odio, i bambini cresceranno portando odio, per questo motivo io sono contro l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole materne e elementari. Dato che la nostra società, piaccia o no, è multietnica, il crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici è una prevaricazione cattolica lampante non solo per chi è di fede diversa, ma anche su chi, come me, non crede.
Una giornalista di un settimanale locale mi contatta e mi chiede se sono disposto ad approfondire il discorso. Accetto, a condizione che le domande e le risposte vengano fatte per email e che non vengano politicizzate, in quanto frequento un partito dichiaratamente di sinistra e una lista civica all’opposizione dell’attuale amministrazione di centro-destra. La giornalista accetta e io faccio un trattato attingendo molto dalle informazioni messe a disposizione dall’Uaar. Escono quattro pagine di una analisi neutrale di rapporto Chiesa Stato, costituzione e sentenze. L’articolo è uscito esattamente due settimane fa con un taglio provocatorio: titolo roboante “Daniele Pulvirenti provoca il comune, via i crocifissi da scuole e luoghi pubblici” e nelle locandine pubblicitarie “Daniele Pulvirenti choc, via i crocifissi da luoghi pubblici e scuole”. Ammetto che vedere il mio nome appeso sui muri del paese mi ha leggermente impressionato, a Turbigo non sono certamente una personalità.
È seguita la reazione della popolazione turbighese. Il giorno stesso dell’uscita del settimanale “Altomilanese”, mi reco in edicola dove trovo un signore anzianotto che sbotta: “Ma chi è quel matto che vorrebbe togliere i crocifissi?” L’edicolante risponde tra il divertito e il preoccupato: “È lui, questo signore di fianco a lei”. Mi guarda… i suoi occhi dietro gli occhiali e sotto al cappello lanciano saette e mi dice: “Ma perché? È la nostra tradizione, la nostra religione”. Rispondo con la massima freddezza e calma: “È la sua opinione, è la sua religione non la mia, è la sua tradizione dato che io non vorrei mai riconoscermi in un Paese che ha nella tradizione delitti efferati in nome di un dio che non riconosco”. Il suo sguardo carico di odio mi gela. Esce dicendomi “Lei è una cattiva persona!”.
Altre persone nei giorni seguenti mi fermavano e chiedevano spiegazioni. Esperienza dura, ma istruttiva. Nella mia ingenuità speravo che il giornale mettesse l’intervista in una posizione di dialogo e non di provocazione. Provocare un cattolico integralista potrebbe essere pericoloso per chi ha figli in età scolastica, ma pure per la propria incolumità. Non nego che i primi giorni mi sentissi come chi ha fatto rivelazioni pericolose, cercavo di capire cosa un concittadino pensasse di me ora che mi ero esposto pubblicamente su un tema tabù. Mi rimetto in contatto con la giornalista facendole le mie rimostranze. La sua risposta è che il direttore ha apprezzato il mio coraggio, che ce ne fossero di persone come me. Sarebbe uscita una replica la settimana dopo. E così è stato.
Il venerdì seguente esce il secondo tempo col titolo: “Crocifisso nei luoghi pubblici, la Chiesa tace. Sulla polemica sollevata da Daniele Pulvirenti, don Luigi non si pronuncia, perché?”. La giornalista interpella il parroco, che si chiude in un silenzio assordante, così come l’Assessore alla cultura. Parlano una cittadina (d’accordo con me) mentre contro mi ritrovo esponenti politici della Lega (ma non è mistero dato che è un loro cavallo di battaglia sbattere la religione cattolica in faccia alla gente per portare avanti i loro programmi anti-integrazione e xenofobi) e il capogruppo della lista del sindaco.
Quest’ultimo esordisce con queste frasi: “Il crocifisso rappresenta le nostre tradizioni e radici cristiane. Pertanto è nostro dovere e volontà difendere e valorizzare tutto ciò che identifica la nostra identità. Crediamo che la profonda cultura che caratterizza la nostra terra sia fondata su principi come il rispetto dell’uomo, l’unità della famiglia, l’amore, la pace e la bontà d’animo. Valori irrinunciabili che proprio la tradizione cristiana ha contribuito in modo cruciale a costruire. Non comprendiamo come possano essere di disturbo a qualcuno. Anzi, crediamo che questi valori siano il fondamento di una coesione sociale alla base del nostro vivere civile”.
Con mia moglie ho letto per ben due volte questa allucinante risposta, dove si confonde cristianesimo e cattolicesimo, dove è evidente che le motivazioni portate avanti da questa persona non abbiano basi per sorreggersi. Infatti vi sarà un terzo articolo dove mia moglie risponde a tono a queste parole, dove chiediamo a questa persona di darci una spiegazione del perché, nonostante siamo non credenti, i nostri figli stanno crescendo con la massima educazione (ce lo dicono le insegnanti seppur per noi dovesse essere una cosa normale), col rispetto delle altre persone che siano di colore, religione e pensieri diversi dai loro, di darci spiegazioni su cosa raccontare ai nostri figli delle tradizioni cattoliche che sono disseminate di stermini (vedi Inca e Atzechi), di predazione e guerre in nome di Dio (vedi crociate), di oppressione del libero pensiero (vedi santa inquisizione, Galileo, Giordano Bruno e lista interminabile).
Venerdì 31 gennaio è uscito il settimanale con la risposta di mia moglie. Intanto il discorso è stato politicizzato in quanto nella lista civica che frequento ci sono molti credenti e qualcuno di loro è poco aperto e disposto ad affrontare certi discorsi. Altri invece nel nome della libertà di opinione accettano con riserba, altri ancora, ma sono coloro che hanno un tasso d’istruzione più elevato, ammettono i limiti dei cattolici, ammettono le incongruenze.
Sulla pagina Facebook della Lega Nord locale invece addebitano le dichiarazioni al partito di sinistra che frequento ma di cui ancora non sono tesserato. E sto pensando seriamente se iscrivermi o no dato che il direttivo si è spaccato su questo argomento. Paura di perdere voti dai credenti cattolici alle comunali, nonostante il partito a livello nazionale nel programma preveda il tema della laicità dello Stato.
Daniele Pulvirenti
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