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Criticità ambientali del progetto per una centrale a biomasse a Furnari (Messina)

La ventilata realizzazione di una centrale elettrica alimentata a biomasse in un’area agricola del Comune di Furnari (già noto alle cronache ambientaliste per subire da anni l’inquinamento causato dalla vicina discarica di rifiuti di Mazzarrà Sant’Andrea, una delle più grandi del Meridione), oltre a suscitare le dure proteste dei cittadini, ha innescato una violenta querelle, a suon di dichiarazioni sulla stampa, comizi, manifesti, ecc., tra maggioranza e opposizione.

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Il sito previsto per l’impianto

Il progetto, presentato formalmente il 23 aprile scorso dalla Comet Bio srl di Messina (rappresentante legale l’ing. Ivo Blandina, già presidente provinciale di Confindustria), prevede la costruzione in contrada Maraffino di un impianto di co-generazione, per la produzione combinata di energia elettrica e termica, alimentata da biomasse “pravalentemente forestale”, di poco inferiore al megawatt di potenza, consentendo così una procedura abilitativa semplificata (P.A.S.).

Successivamente alla convocazione della conferenza dei servizi del 5 giugno scorso in cui hanno dato il loro parere tutti gli enti interessati, l’amministrazione furnarese ha pubblicato sul sito internet del Comune alcuni documenti relativi alla centrale Comet Bio, compreso il verbale della conferenza stessa. Verbale del quale, a leggerlo con attenzione, fanno “parte integrante ed essenziale” ben otto note allegate relative ai pareri espressi dagli altri enti convocati (le direzioni Servizi Tecnici di Viabilità e Ambiente della Provincia Regionale di Messina, gli assessorati dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità e del Territorio e dell’Ambiente della Regione siciliana, il Comando del Corpo Forestale, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente - Arpa Sicilia, il Comando Regione Militare Sud; la Soprintendenza dei Beni Culturali). Nonostante sia stata conclamata la pubblicità e disponibilità di questi atti, alla data odierna è reperibile integralmente solo il parere della Soprintendenza che ha bocciato l’impianto perché “sarà realizzato su aree agricole indiziate di presenze archeologiche e in aree contraddistinte dalla presenza di Beni isolati”.

Dal verbale della conferenza dei servizi si evince tuttavia che l’assessorato regionale dell’Energia ha ritenuto di non dovere di esprimere alcun parere; l’assessorato Territorio e Ambiente ha declinato ogni commento in attesa di chiudere l’istruttoria, riservandosi comunque di richiedere “ulteriore documentazione integrativa”; no comment pure dal Comando Regione Militare Sud, che necessita di altri 90 giorni per esaminare il progetto.

La Direzione Servizi Tecnici di Viabilità della Provincia Regionale di Messina ha invece espresso “il proprio nulla-osta per quanto di competenza ai soli fini viabili, con la condizione, che, prima dell’inizio dei lavori, sia ottenuta l’autorizzazione prevista dall’art. 26 del D.L. 285/92”, relativo al nuovo codice stradale. La strada provinciale di collegamento al futuro sito, secondo quanto documentato nel corso della conferenza dei servizi, risulta attualmente però “in molti tratti dissestata a causa di frane verificatesi in occasione dell’alluvione del 2008; per la maggior parte impraticabile; interdetta (da un’ordinanza sindacale) alla viabilità dei mezzi pesanti”. Il Comando del Corpo Forestale della Regione Sicilia ha invece autorizzato i lavori di realizzazione dell’impianto a biomasse “ai soli fini del vincolo idrogeologico”, condizionandoli però al rispetto delle previsioni progettuali e al conferimento in discarica autorizzata per rifiuti speciali dei volumi in eccedenza. “Inoltre dovranno essere acquisiti gli ulteriori nulla osta di competenza delle Autorità Amministrative preposte alla gestione di eventuali altri vincoli che gravano sulla zona”, raccomanda il Corpo Forestale.

Ancora un “parere favorevole condizionato” quello espresso dall’Arpa Sicilia – Struttura Territoriale di Messina. Nello specifico, nella nota indirizzata al Comune di Furnari e assunta al prot. n. 5576 del 5 giugno 2014, l’Arpa richiama l’attenzione del Comune su alcuni aspetti che, se non esaurientemente chiariti, possono costituire motivo di diniego dell’autorizzazione.

Ma quali sono queste condizioni che l’Arpa ritiene necessarie per la “valutazione positiva del progetto”?

Se la ratio della normativa sull’utilizzo delle FER (Fonti energia rinnovabili) è il principio della riduzione dei gas serra, non si può non evidenziare come debba essere garantito che l’approvvigionamento delle materie prime risponda ad un’esigenza di offerta prevalentemente locale (la cosiddetta filiera corta). Se il cippato (legno triturato) per la centrale dovesse invece arrivare da altre province (quando non addirittura da altre nazioni), tutto su camion, andata e ritorno, addio “filiera corta” e “non inquinamento”.

La Comet Bio ha dichiarato che l’impianto sarà “alimentato da biomassa costituita da materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine proveniente da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura nella forma di cippato ovvero di trucioli non contaminati da inquinantì”, entro un raggio di 30-40 km, prevalentemente Monti Peloritani (area tra i torrenti Mazzarà e Patrì e bosco di Malabotta) all’interno dei territori comunali di Furnari, Tripi, Fondachelli Fantina, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, Francavilla di Sicilia, Antillo, Rodì Milici. La fornitura del materiale vegetale, secondo quanto asserito a Tempo Stretto da Ivo Blandina sarebbe “più che garantita da parte di proprietari di boschi e imprenditori agricoli, presenti nella compagine sociale, per circa 15.000 tonnellate annue; altri proprietari di boschi e imprenditori agricoli locali disponibili, ad oggi, per circa 5.000 tonnellate annue”.

Al riguardo - secondo quanto previsto dal punto 16.1, del Decreto Ministeriale del 10 settembre 2010 - “la valorizzazione dei potenziali energetici delle diverse risorse rinnovabili presenti nel territorio nonché della loro capacità di sostituzione delle fonti fossili […] la combustione ai fini energetici di biomasse di origine agricola-forestale potrà essere valorizzata ove tali fonti rappresentano una risorsa significativa nel contesto locale ed un'importante opportunità ai fini energetico-produttivi”. E’ così che l’Arpa Sicilia ha chiesto alla Comet Bio di presentare “un’esaustiva relazione in merito al materiale vegetale che sarà combusto indicando con certezza la tipologia ed i siti di approvvigionamento presi in considerazione nella stima dei quantitativi annui dichiarati a progetto, dando evidenza anche alla continuità temporale annua di tale approvvigionamento”. “Particolari cautele”, aggiunge l’Arpa, “dovranno essere impiegate nella gestione delle ceneri di combustione”, mentre per la verifica di conformità delle emissioni in atmosfera e diffuse “si dovrà fare riferimento a misurazioni o campionamenti della durata pari a un’ora di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose”.

Il gestore dell’impianto sarà inoltre obbligato all’osservanza delle disposizioni di legge per la protezione della popolazione “dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete generati dagli elettrodotti”.

L’Arpa evidenzia anche come la relazione tecnica della Comet Bio sia carente per quanto riguarda la valutazione dell’impatto delle emissioni sonore, ritenendo “necessario integrare la documentazione prodotta con una valutazione di impatto acustico redatta da un tecnico competente ai sensi della legge 447/95 ai fini di accertare il rispetto dei limiti di rumore assoluti e differenziali previsti in relazione al contesto ambientale in cui insiste l’insediamento”. L’Arpa, infine, prescrive che nel caso in cui la Comet Bio intendesse “utilizzare biomasse diverse da quelle dichiarate, di tale intenzione si dovrà dare evidenza […] al fine di poter poi proporre idonee prescrizioni”.

Nel progetto per la centrale a biomasse, la società di Blandina ipotizza che “a seguito di considerazioni di carattere tecnico e/o economico, una volta terminato il periodo d'incentivazione, l'impianto possa essere riconvertito”, senza però precisare a quali altre attività. Da qui i timori di amministratori, cittadini e ambientalisti che l’impianto possa essere utilizzato a medio-lungo termine per l’incenerimento dei rifiuti della vicina megadiscarica di Mazzarrà Sant’Andrea. “Si tratta di un timore privo di alcun fondamento”, replica lo stesso Blandina. “La specifica tecnologia prevista per questo impianto di biomasse non è assolutamente utilizzabile per la combustione di materiale che non sia di origine vegetale”.

Creare un inceneritore di rifiuti da una centrale a biomasse è comunque vietato dalle normative vigenti, ricordano gli ambientalisti. Per effetto della cancellazione dell’art. 17 del decreto legislativo n. 387 del 2003, un impianto a biomasse, una volta autorizzato, può bruciare solo i combustibili di questa specie inclusi nell’elenco dell’allegato X del decreto legislativo 152/2006: cioè legno cippato non trattato, scarti agroforestali e oli vegetali. Pertanto, se la Comet Bio volesse provare a riconvertire l’impianto di Furnari in un inceneritore per rifiuti dovrebbe aprire un nuovo procedimento autorizzativo che prevede obbligatoriamente lo svolgimento di una valutazione d’impatto ambientale (Via), se l’impianto dovesse trattare 100 tonnellate al giorno. In questo caso il progetto dovrà tener conto delle direttive europee di gestione e trattamento dei rifiuti che antepongono il recupero di materia al recupero energetico e chiedono agli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni di privilegiare soluzioni alternative o negare il nulla osta qualora l’impatto dell’impianto proposto provochi più svantaggi che vantaggi ambientali.

Sull’argomento è intervenuto pure il professore Beniamino Ginatempo dell’associazione Zero Waste Sicilia. “Nel progetto presentato dalla Comet Bio non è dimostrato che sia possibile alimentare la centrale a biomasse con il necessario quantitativo minimo compreso fra le 14.000 e le 16.000 tonnellate l’anno, con cippato tutto proveniente da filiera corta. L’impresa dovrebbe produrre degli atti in cui risulti garantito l’impegno annuale dei fornitori e per tutti i 20 anni dell’esercizio previsto, a tale fornitura.”

Ginatempo, ordinario di Fisica dell’Università di Messina, solleva poi profondi dubbi sulla reale convenienza economica dell’impianto previsto a Furnari. “Nonostante gli incentivi statali, per la Comet si può giustificare un investimento solo con una conversione in corso di vita dell’impianto a non precisate altre attività. Tale ipotesi, del resto, è esplicitamente non esclusa dal progetto esecutivo, quindi ritenuta sempre possibile…”.

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