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"Cristianofobia" e religione sul lavoro, la Corte europea giudica quattro casi inglesi

La Corte eu­ro­pea per i di­rit­ti del­l’uo­mo si è pro­nun­cia­ta oggi su ben quat­tro casi ri­guar­dan­ti pa­ven­ta­te di­scri­mi­na­zio­ni nei con­fron­ti di cri­stia­ni in Gran Bre­ta­gna. E che hanno fatto gri­da­re alla ‘cri­stia­no­fo­bia’ le frange più in­te­gra­li­ste, com­pli­ce anche una certa stampa sen­sa­zio­na­li­sta. No­no­stan­te le as­so­cia­zio­ni di non cre­den­ti come la Bri­tish Hu­ma­ni­st As­so­cia­tion e la Na­tio­nal Se­cu­lar So­cie­ty ri­le­vas­se­ro come i casi an­das­se­ro ri­di­men­sio­na­ti e che non si con­fi­gu­ras­se af­fat­to una ‘per­se­cu­zio­ne’ nei con­fron­ti dei cri­stia­ni.

Si­mil­men­te la Cedu si è orien­ta­ta nel senso del ri­spet­to della lai­ci­tà contro le in­va­den­ze re­li­gio­se, dando ra­gio­ne a una sola ri­cor­ren­te su quat­tro. Ovvero a Nadia Eweida, ad­det­ta al check-in della Bri­tish Air­ways, che non si era ade­gua­ta alle regole in­ter­ne valide per tutti che proi­bi­va­no gio­iel­li, spille o ca­te­ni­ne, quindi anche sim­bo­li re­li­gio­si. Qui la corte di Stra­sbur­go ha rav­vi­sa­to una vio­la­zio­ne del­l’ar­ti­co­lo 9 della Con­ven­zio­ne eu­ro­pea per i di­rit­ti del­l’uo­mo sulla li­ber­tà di pen­sie­ro, co­scien­za e re­li­gio­ne.

Per gli altri casi invece le pre­te­se dei cre­den­ti che in­ten­de­va­no sia osten­ta­re la fede sul posto di lavoro, sia fare in modo che in­fluis­se sulle loro at­ti­vi­tà non sono state ac­col­te. Il ri­schio era quello in­fat­ti di dare le­git­ti­mi­tà a di­scri­mi­na­zio­ne e ne­ga­zio­ne dei di­rit­ti pro­prio sulla base delle cre­den­ze re­li­gio­se. Il se­con­do caso è quello del­l’in­fer­mie­ra Shir­ley Cha­plin, che in­si­ste­va nel­l’in­dos­sa­re il cro­ci­fis­so no­no­stan­te le di­spo­si­zio­ni del­l’o­spe­da­le, anche per que­stio­ni di sal­va­guar­dia della salute, non lo per­met­tes­se­ro. C’era poi quello di Lil­lian Ladele, un’ad­det­ta ai re­gi­stri pub­bli­ci che si era ri­fiu­ta­ta di uf­fi­cia­liz­za­re una part­ner­ship omo­ses­sua­le perché con­tra­ria alla sua fede or­to­dos­sa. E il con­ten­zio­so su Gary Mc­Far­la­ne, che non aveva trat­ta­to le coppie gay come quelle etero nel suo lavoro di coun­sel­lor presso Relate.

Plau­do­no alla de­ci­sio­ne della corte eu­ro­pea pro­prio BHA e NSS. Andrew Copson, di­ri­gen­te della BHA, evi­den­zia come questi casi siano stati con­fe­zio­na­ti e dati in pasto al­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca tra­mi­te una “nar­ra­ti­va vit­ti­mi­sti­ca”, “mon­ta­ta da gruppi di lobby po­li­ti­che cri­stia­ne che li hanno or­ga­niz­za­ti e da media con­ser­va­to­ri che li hanno rac­con­ta­ti”. Il tutto per dif­fon­de­re pro­prio l’idea che ci fosse una “mar­gi­na­liz­za­zio­ne” se non una “per­se­cu­zio­ne” nei con­fron­ti dei cri­stia­ni.

Keith Por­teous Wood, di­ret­to­re della NSS, aveva evi­den­zia­to alla vi­gi­lia del pro­nun­cia­men­to quanto questo sa­reb­be stato una “pietra mi­lia­re” nel “de­ter­mi­na­re la futura di­re­zio­ne della legge sul­l’u­gua­glian­za nel Regno Unito e po­ten­zial­men­te anche in Europa”. In­di­ca­ti­vo che pro­prio la NSS sia stata l’u­ni­ca as­so­cia­zio­ne am­mes­sa per in­ter­ve­ni­re in so­ste­gno del go­ver­no in­gle­se, con­tro­par­te ri­spet­to ai ri­cor­ren­ti, sot­to­po­nen­do le sue ar­go­men­ta­zio­ni alla corte.

Cir­co­stan­ze in cui lo Stato e i pri­va­ti siano giu­sti­fi­ca­ti nel li­mi­ta­re l’o­sten­ta­zio­ne dei sim­bo­li re­li­gio­si

“So­ste­nia­mo con forza che la co­scien­za re­li­gio­sa non do­vreb­be so­pra­van­za­re le regole sulle uni­for­mi o sulla salute e la si­cu­rez­za sul lavoro”, ha ri­ba­di­to Por­teous Wood. Non man­can­do di ag­giun­ge­re, a scanso di equi­vo­ci: “So­ste­nia­mo il di­rit­to di ognuno di ma­ni­fe­sta­re la pro­pria re­li­gio­ne e in­dos­sa­re sim­bo­li re­li­gio­si, ma oc­ca­sio­nal­men­te ci pos­so­no essere par­ti­co­la­ri cir­co­stan­ze in cui lo Stato e i pri­va­ti siano giu­sti­fi­ca­ti nel li­mi­ta­re l’o­sten­ta­zio­ne dei sim­bo­li re­li­gio­si o, cer­ta­men­te, anche espres­sio­ni di non cre­den­za, nel­l’in­ten­to di pro­teg­ge­re i di­rit­ti dei col­le­ghi, degli utenti dei ser­vi­zi pub­bli­ci e dei clien­ti pri­va­ti”. Non esiste in­fat­ti, seb­be­ne il vit­ti­mi­smo in­te­gra­li­sta se ne la­men­ti, alcun “bando ge­ne­ra­liz­za­to” dei sim­bo­li re­li­gio­si sul posto di lavoro, “come mi­lio­ni di per­so­ne che in­dos­sa­no una croce sul posto di lavoro pos­so­no te­sti­mo­nia­re”, ri­cor­da il di­ri­gen­te in­gle­se.

La sen­ten­za della Cedu po­treb­be aprire nuove pro­spet­ti­ve per quanto ri­guar­da la difesa dei di­rit­ti civili e della lai­ci­tà e la lotta contro le di­scri­mi­na­zio­ni su base re­li­gio­sa. Tra l’al­tro, il Regno Unito è un paese dove la quota di atei e agno­sti­ci è cre­sciu­ta sen­si­bil­men­te. E dove, forse pro­prio a causa di questo, i gruppi re­li­gio­si più con­ser­va­to­ri sono sulla di­fen­si­va e la­men­ta­no la per­di­ta di spazi di pri­vi­le­gio, per­si­no al­l’in­ter­no di una si­ste­ma im­pron­ta­to sul mul­ti­cul­tu­ra­li­smo.

Il pro­nun­cia­men­to della corte po­treb­be però aprire nuovi spazi anche alle bat­ta­glie laiche con­dot­te in altri paesi eu­ro­pei, come l’I­ta­lia. La brutta sen­ten­za della Grande Camera di due anni fa a pro­po­si­to del cro­ci­fis­so (un’i­ni­zia­ti­va legale pro­mos­sa e so­ste­nu­ta dal­l’Uaar) sembra in­fat­ti non co­sti­tui­re af­fat­to la pietra tom­ba­le dei di­rit­ti laici, come temeva qual­cu­no. Mar­gi­ni di ma­no­vra sem­bra­no es­ser­ce­ne, ed è com­pi­to di as­so­cia­zio­ni come la nostra cer­ca­re di uti­liz­zar­li.

 

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