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Crisi umanitaria nell’Egeo: il sistema di accoglienza dei rifugiati in Grecia è al collasso

Una recente missione di ricerca di Amnesty International nelle isole greche del mar Egeo ha riscontrato le tremende condizioni di accoglienza dei rifugiati che vi approdano, bambini compresi.

Un’insufficiente pianificazione, l’uso inefficace dei fondi europei e il blocco delle assunzioni causato dalla crisi hanno determinato l’incapacità delle autorità di Atene di venire incontro ai bisogni dei rifugiati e proteggere i loro diritti. E di mese in mese la crisi umanitaria, acuita dal dissesto finanziario della Grecia, peggiora.

Secondo le ricerche di Amnesty International, dal 1° gennaio al 22 giugno 2015 sono approdati sulle isole greche almeno 61.474 rifugiati, ben più dei 43.500 arrivati in tutto il 2014. Il numero sta aumentando al ritmo di oltre 5000 nuovi arrivi ogni settimana, nelle prime tre settimane di giugno.

A causa degli aumentati controlli di sicurezza, della costruzione di un reticolato e dei respingimenti collettivi alla frontiera terrestre tra Grecia e Turchia – pratiche illegali condannate dal governo ma che ancora proseguono – gran parte dei rifugiati e dei migranti tenta l’ingresso via mare.

Sulle isole dell’Egeo operano solo due unità mobili di prima accoglienza, a Lesbo e Samos. Non sono presenti nelle isole dove arriva un gran numero di rifugiati, come Kos e Chios. Altrove, il personale è largamente insufficiente.

Questo significa che la maggior parte dei nuovi arrivati non ha alcun accesso ai servizi di prima accoglienza, che dovrebbero determinare la loro nazionalità e fornire la prima assistenza medica, psico-sociale e umanitaria.

Inoltre, la mancanza di un sistema di screening fa sì che i nuovi arrivati in condizione di vulnerabilità, come i minori non accompagnati, non siano individuati. I dati ufficiali parlano di 1097 minori non accompagnati arrivati via mare e alla foce del fiume Evros nel 2014 e di 216 arrivati tra il 1° gennaio e il 3 giugno 2015, ma si tratta probabilmente di numeri inferiori a quelli effettivi.

A causa del limitato numero di posti nei centri dedicati, molti minori non accompagnati vengono trattenuti nei centri di detenzione per una media di 37 giorni.

Le condizioni nei centri di detenzione sono ben al di sotto degli standard nazionali e internazionali e possono arrivare a costituire trattamento inumano e degradante. Il sovraffollamento è cronico e l’igiene è assente: le toilette traboccano, i materassi sono sudici, lenzuola e vestiti scarseggiano, la corrente elettrica va via e manca l’acqua calda.

Spesso i nuovi arrivati non vengono forniti di biancheria di ricambio e sono costretti a dormire negli stessi vestiti inzuppati con cui hanno toccato terra. Il sovraffollamento costringe molti rifugiati a dormire in luoghi pubblici, come i porti.

A Lesbo (dove è stata scattata la foto di Michael S Honegger), i rifugiati sono costretti a dormire in un campo allestito in un parcheggio, in numero tre volte superiore all’effettiva capienza. A giugno, nel centro di detenzione di Samos c’erano 600 rifugiati rispetto a una capienza massima di 280 persone, a Chios erano oltre 300 su una capienza massima di 208.

Le persone che chiedono asilo sono spesso obbligate a rimanere nei centri di detenzione per diverse settimane in attesa della registrazione della domanda. Il numero insufficiente degli uffici regionali per l’asilo e lo scarso personale a disposizione ostacolano gravemente l’accesso alla procedura d’asilo.

Sia chiaro. Le responsabilità della crisi umanitaria nel mar Egeo non sono solo di Atene. Sono l’ultimo risultato del fallimento del sistema europeo d’immigrazione e asilo, che ha posto un onere insopportabile sui paesi in prima linea, come Grecia e Italia. Per questo, sottolinea Amnesty International, devono essere urgentemente trovate soluzioni efficaci per fronteggiare la crisi globale dei rifugiati e condividere le responsabilità all’interno dell’Unione europea in modo più equo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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