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Cremazione libera in libero Stato

Ad resurgendum cum Christo è il titolo del documento attinente le nuove linee guida della Chiesa Cattolica in materia di cremazione, messo a punto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, ex Santa Inquisizione.

 Vista l’attestata esperienza maturata nei secoli nella gestione di roghi per bruciare cadaveri, non potevano affidarne la cura a miglior organismo della Curia romana, ci verrebbe da commentare d’istinto con un certo funereo sarcasmo. Eppure si tratta di istruzioni molto serie non solo per i fedeli più devoti che dovranno da qui tenerne conto e farle proprie, ma interessanti anche per la stragrande maggioranza di fedeli che spesso declinano la loro fede cattolica cristiana in modo personale, discontinuo, e alquanto arbitrario. Di certo si tratta di istruzioni degne di attenzione perfino per quelli come noi che di fede non ne hanno affatto, dal momento che nel nostro paese, il pericolo che qualche amministratore voglia compiacere la Chiesa adottando le sue regole come buone da imporre a tutti quanti, è sempre dietro l’angolo.

Contrariamente ai trascinanti ed entusiastici titoloni con i quali alcuni organi di informazione ci abituano quotidianamente a declinare le false novità che arrivano da Oltretevere, in realtà queste istruzioni mettono in chiaro sin da subito che la Chiesa continua a prefe­rire l’inuma­zione dei corpi. La raccomandano con insistenza sia per onorare questa loro tradizione antichissima che rimpiazzò proprio la consuetudine greca e romana di bruciare i corpi, sia soprattutto perché sull’esempio di Gesù morto e — teoricamente — risorto, attraverso la sepoltura si possa esprimere al meglio la propria fede e la propria speranza nel ritorno alla vita. Una scelta questa, che stando al regolamento metterebbe in evidenza anche il rispetto per la dignità del corpo umano in quanto legato alla persona, sebbene dalla nostra prospettiva razionale si fatichi un po’ a capire quale dignità possa riservare il proprio cadavere deformato e in decomposizione. Altro punto saliente per cui viene caldamente consigliato il sotterramento delle spoglie, è la necessità di avere un corpo che richiami il ricordo e soprattutto spinga alla preghiera. La necessità di mantenere il ricordo attraverso un corpo necessariamente sotterrato, e il bisogno di averne imprescindibilmente uno tumulato per pregare, lascia perplessi o quantomeno confusi. Come se in caso di cremazione, i cari del defunto possano eventualmente dimenticarselo alla stessa velocità con cui ne vedrebbero bruciate le spoglie. Tant’è.

Sotto la spinta di una consuetudine che stando alle statistiche si va consolidando, quella della cremazione sempre più diffusa in una società occidentale ormai secolarizzata, questo documento sembra tutt’altro che un segnale di apertura della Chiesa a questa pratica dal momento che già nel 1963, erano passati dalla netta condanna — pena il rifiuto dei sacramenti — all’accettazione. La possibilità di scegliere la cremazione veniva infatti già concessa purché “non richiesta per motivi contrari alle verità di fede”. Altamente improbabile quindi, riuscire a scorgere un segnale di apertura in un documento che con tutta evidenza, pone anche non pochi divieti e prescrizioni. Infatti queste “nuove” regole sembrano andare in direzione opposta perfino alle leggi dello Stato, considerato che prescrivono la non dispersione delle ceneri nell’ambiente “per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista e nichilista”. Queste, si legge, non possono essere divise tra familiari ma al contrario devono essere comunque conservate in un cimitero, in una chiesa o in un altro luogo sacro disposto dalla competente autorità ecclesiastica. Prescrizione sulla custodia che maliziosamente ci lascia intuire come potrebbe aprire a un certo ritorno in termini economici, dal momento che si ribadisce l’assoluto divieto di tenere le ceneri del defunto in casa, e l’autorizzazione a poterlo eventualmente fare deve essere rilasciata esclusivamente dai vescovi. Escluso anche che le ceneri si possano conservare in gioielli o monili di vario genere, quindi.

La speranza è che a causa di queste regole non ci saranno ricadute sull'accesso alla cremazione

In definitiva, ciò di cui il documento non sembra affatto tenere conto — e anche qui saremmo alle solite — è la cremazione come libera scelta intima e personale di un individuo, che molto spesso la predilige semplicemente per buonsenso. A prescindere dalla propria fede o religione di appartenenza, la preferenza personale del lasciare spazio ai vivi piuttosto che continuare a ingrandire strutture cimiteriali, o la ragionevole opzione di voler bruciare le proprie spoglie per non alimentare burocrazia e business di loculi e tombe che ricadrebbero sui propri cari dopo la morte. Perfino l’intima volontà di sfuggire alla decadenza e naturale decomposizione del proprio corpo, può essere la spinta che porta le persone a optare per la cremazione. Tutte scelte individuali che vengono negate per declinazione dottrinale con perniciosa volontà di decidere per altri cosa fare dei loro resti una volta deceduti, ma che almeno stavolta pongono una differenza sostanziale di non poco conto con le leggi dello Stato che regolamentano cremazione e dispersione delle ceneri. Altro che novità, questo documento sembra più che altro un ulteriore passo indietro rispetto all’avanzamento che si aspettavano perfino gli stessi vescovi. Per ora la speranza è che a causa di queste regole non ci saranno ricadute sulla diffusione e sull’accesso alla cremazione, specie in alcune aree del paese più legate alla tradizione cattolica. Libera cremazione in libero Stato!

Paul Manoni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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