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Cosa c’è dietro l’attentato di Roma?

Nelle tre ore immediatamente successive all’attentato di Roma, sul web impazzavano articoli che sospettavano la mano dei servizi segreti: siamo un paese con una tradizione “importante” in questo senso e la suggestione dell’attentato, durante il giuramento del governo peggiore della storia repubblicana, spingevano in questo senso. Anche io, nell’immediatezza, avevo drizzato le orecchie per capire di cosa si trattasse, ma, a costo di deludere i miei lettori, devo dire che i servizi - sia italiani che stranieri - non c’entrano nulla con questa storia, che non è un episodio di strategia della tensione, ma l’ennesima manifestazione del dramma sociale nel quale stiamo sprofondando.

Ovviamente, è possibile che mi sbagli e che dietro questo ci sia una diabolica trama finalizzata a chissà cosa ma, allo stato delle conoscenze, tutto lascia pensare che le cose stanno esattamente come sembrano: una persona psichicamente fragile, esasperata da fallimenti personali e rovinata dal gioco d’azzardo che tenta un grido disperato di protesta contro la casta e finisce per ferire (speriamo in modo curabile) un povero disgraziato come lui, che sta lì per guadagnarsi uno stipendio con cui far vivere la famiglia.

Da militante della sinistra radicale, non amo l’Arma dei Carabinieri, ma ho un moto di rivolta contro la profonda ingiustizia di un uomo che paga casualmente per colpe di altri. Quel che mi suscita una sincera pietà umana, che sarebbe assai più tiepida in altri casi.

E qui tocchiamo il vero tasto politico di questo caso. Un deputato del M5s si è azzardato a dire che molti pensano che se Luigi Preiti avesse sparato ad un ministro la cosa non avrebbe suscitato nessuna indignazione. Subito si è levato il coro dei suoi colleghi: “Vergogna! Dimettiti!”. Ma le cose stanno proprio come dice quel deputato. Questa mattina, nel bar dove ho preso un caffè, nell’ufficio postale dove ero andato, nella metro ho ascoltato un coro unanime: “Se avesse beccato un ministro avrebbe fatto una cosa santa!”. Perché l’odio per i politici (l’odio, non il generico dissenso di cui dice Vendola: non è il caso di edulcorare le cose) è una realtà.

Alemanno ha ragione di dire che quello che è accaduto ha dietro questa spinta, dove sbaglia è nel pensare che questo odio per i politici sia il prodotto di qualcuno che lo aizza (il M5s), perché non capisce che i massimi ispiratori di quell’odio sono proprio i politici in questione, con la loro incompetenza, avidità, disonestà, grettezza, ignoranza, impresentabilità, arroganza, incapacità.

Cari politici nostrani, siete umanamente spregevoli, avete ridotto alla miseria centinaia di migliaia di persone con le vostre scelte politiche sbagliate, state portando il paese al fallimento con le vostre decisioni, non avete avuto la sensibilità di diminuirvi i vostri pingui stipendi di 1 euro mentre avete tagliato sulla spesa pensionistica e sanitaria e magari vorreste essere “amati”?

Il vero guaio è che la gente ha confuso l’odio (meritatissimo) per i politici, con l’odio (sbagliato) per la politica e reagisce con sentimenti elementari e non meditati. Questo provoca quel vuoto di azione collettiva che apre la porta ai gesti disperati individuali che non servono ma, anzi peggiorano le cose. Il problema non è di ordine morale ma, appunto, politico. Dal punto di vista morale questa classe politica meriterebbe ben altro ma, ragionando per estremo, se anche impiccassimo ai lampioni per strada tutti i componenti della casta, i nostri problemi non sarebbero risolti; sia perché resterebbe poi il conto da regolare con i banchieri, sia perché poi dovremmo sostituirli e non abbiamo una classe dirigente di ricambio. E, in ogni caso, dovremmo trovare una via di uscita da questa crisi. Il che non è affatto semplice, anche in assenza delle bestialità di questo ceto politico.

Il problema dell’assenza di alternativa sta diventando drammatico ed è quello che alimenta in modo esponenziale la disperazione sociale. Da questo punto di vista, i danni maggiori, duole dirlo, non vengono dai Berlusconi, dai Monti o dai Maroni e neppure dai Bersani o dai Letta, ma proprio dalla punta di sinistra del sistema, come quei giovanotti rampanti che si compiacciono di farsi chiamare “giovani turchi” senza reagire e questo già dice molto sulla loro vacuità. Chiarisco il punto: se qualcuno, per magnificare il loro spirito innovativo e quasi “rivoluzionario” li avesse chiamati “le nuove Brigate rosse” o, per dire del loro “estremismo” radicale li avesse detti “i nuovi nazisti”, essi sarebbero insorti, rigettando un’etichetta del genere.

Invece, si pavoneggiano nel nome di “giovani turchi” come se quel nome non si riferisse ad un gruppo di criminali che ha sterminato un milione e mezzo di armeni (a proposito: sono pienamente solidale con la comunità armena che ha protestato per questa mancanza di sensibilità). Il dubbio è che i baldanzosi giovanotti in questione non sappiano nulla né dei giovani turchi veri né dello sterminio degli armeni, perché, in realtà, la loro ignoranza è pari solo alla loro sconfinata ambizione e inconsistenza.

Sembravano i più decisi e ferventi oppositori del governissimo con il Pdl ed ecco lì Orlando che si accomoda giulivo nella poltrona ministeriale. Si dichiaravano i più fieri avversari di Renzi ed eccoli lì a fare il “patto generazionale” come se fossero Forlani e De Mita a San Ginesio. Il loro padre nobile, Fabrizio Barca si è spinto a dire che lui e Renzi sono complementari. Ed ha detto la verità - mica vero che i politici mentono sempre! - perché lui ed il rottamatore sono le due facce di un unico nulla.

Ma vi pare che si possa sperare qualcosa da uno che, in un manifesto politico, si esprime con termini come “catoblepismo”, “élite estrattiva” ecc.?! Mi sembra il fratello scemo di Lucio Magri (con tutto il rispetto per la buonanima, che era un politico di qualità, nonostante certe debolezze snob). Come dire: dalla “sinistra di governo e di lotta” alla “sinistra di malgovero e di salotto”.

I Fassina, gli Orlando, gli Orfini sono destinati a dissipare il loro seguito nel partito mentre fanno le belle statuite del governo Berlusconi-Letta. Giovani turchi? Meglio “giovani pagliacci”.

 

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.34) 30 aprile 2013 12:01
    Damiano Mazzotti

    Non c’è proprio niente dentro l’attentato di Roma. E proprio per questo motivo i politici hanno più cose da temere. Un gruppo di attentatori può essere individuato e infiltrato, ma il singolo cittadino più o meno pazzoide che deciderà di farsi giustizia da solo diventerà come un meteorite che può piovere senza preavviso colpendo con un effetto sorpresa che non lascierà scampo nemmeno al più potente e difeso degli esseri umani.

  • Di GeriSteve (---.---.---.17) 2 maggio 2013 00:36

    Mah...
    Tutto è possibile, però in genere i fatti dicono qualcosa: le BR hanno rapito e ucciso Moro, mica Andreotti o Cossiga.
    Quel Prieti aveva attentamente premeditato il tutto, si era procurato la pistola, le munizioni, si era esercitato... dopo di che ha sparato a dei carabinieri, non a Letta o a un neo ministro o comunque a uno della casta. E non per sbaglio o per incapacità: lì c’erano soltanto i carabinieri, niente Letta e niente casta.
    Giovanni Passanante e dopo Pietro Acciarito hanno accoltellato il re Umberto I, e dopo ancora Gaetano Bresci gli ha sparato uccidendolo: a nessuno di loro è mai venuto in mente di accoltellare o di sparare ad un carabiniere invece che al re.
    E allora? che senso aveva sparare ai carabinieri?
    Se un senso c’è, l’unica cosa chiara è che il fatto si inserisce proprio bene nel classico copione della strategia della tensione: creare paura, raccapriccio e riprovazione, ma senza toccare il potere vero, perchè in realtà lo si vuole rafforzare facendolo apparire come minacciato dal terrorismo.
    Non conosciamo elementi per alcuna conclusione, ma neanche per escludere un altro "classico" complotto da strategia della tensione. A meno di non volerlo escludere per sostenere che i complotti non esistono e che se li inventano i paranoici vittime della teoria del complotto.
    GeriSteve

  • Di GeriSteve (---.---.---.17) 2 maggio 2013 00:38

    Mah...
    Tutto è possibile, però in genere i fatti dicono qualcosa: le BR hanno rapito e ucciso Moro, mica Andreotti o Cossiga.
    Quel Prieti aveva attentamente premeditato il tutto, si era procurato la pistola, le munizioni, si era esercitato... dopo di che ha sparato a dei carabinieri, non a Letta o a un neo ministro o comunque a uno della casta. E non per sbaglio o per incapacità: lì c’erano soltanto i carabinieri, niente Letta e niente casta.
    Giovanni Passanante e dopo Pietro Acciarito hanno accoltellato il re Umberto I, e dopo ancora Gaetano Bresci gli ha sparato uccidendolo: a nessuno di loro è mai venuto in mente di accoltellare o di sparare ad un carabiniere invece che al re.
    E allora? che senso aveva sparare ai carabinieri?
    Se un senso c’è, l’unica cosa chiara è che il fatto si inserisce proprio bene nel classico copione della strategia della tensione: creare paura, raccapriccio e riprovazione, ma senza toccare il potere vero, perchè in realtà lo si vuole rafforzare facendolo apparire come minacciato dal terrorismo.
    Non conosciamo elementi per alcuna conclusione, ma neanche per escludere un altro "classico" complotto da strategia della tensione. A meno di non volerlo escludere per sostenere che i complotti non esistono e che se li inventano i paranoici vittime della teoria del complotto.
    GeriSteve

  • Di (---.---.---.221) 5 maggio 2013 10:44

    Due osservazioni al tuo articolo, una seria l’altra meno.

    1° il sentimento di estraneità e ostilità dei ceti popolari allo Stato e alla "casta" che lo ha gestito è un sentimento antico e permanente che affonda la sua origine nel processo di affermazione della borghesia come classe dirigente in Italia, sentimento che si è autoalimentato dati i comportamenti corruttivi e clientelari del ceto politico italiano nei 4 regimi istituzionali che si sono avvicendati dall’unità nazionale. http://mafiepolitica.blogspot.it/2012/05/antipolitica.html in questo articolo vi è una bozza di analisi del fenomeno citato

    La più grave colpa della sinistra, che ne ha fatto una forza politica ininfluente o di scarso peso nei 150 anni di unità, consiste nel non aver mai posto la questione della radicale modifica del rapporto tra cittadini e Stato italiano, rapporto da sempre fondato sulla regola dell’appartenenza, con un ceto politico corrotto e legato a mafie e massonerie. Al contrario la sinistra (comunque denominata) si è sempre comportata come il socio di minoranza di uno stesso consiglio di amministrazione,

    2° i "giovani turchi" operarono una rivoluzione straordinaria nella Turchia degli anni venti, arrivando fino al punto di cambiare l’alfabeto adottando quello latino. Guidati da Mustafà Kemal rinnovarono la Turchia dal profondo, dando ad esempio alle donne il diritto di voto, molto prima che in Italia. Chiamare quattro rampanti arrivisti della politica con l’appellativo di giovani turchi è una offesa alla storia delle rivoluzioni.

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