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Corrispondenza estera

La televisiva pubblica, negli orari di maggior ascolto, ignora l’informazione dal Mondo, relegandola a pochi minuti o in programmi serali, dimostrando maggior interesse per i prodigi amorosi di un imprenditore con ambizioni da statista, dimenticando le sofferenze dei profughi sequestrati nel deserto del Sinai, in fuga dai conflitti e dalle dittature, o dei somali abbandonati, dopo tante promesse, nell’ex ambasciata somala a Roma.

Come si può giustificare con pochi minuti dei Tg della rete pubblica televisiva dedicati alle notizie estere il mantenere corrispondenti nelle Americhe, in Asia e in Africa, mentre l'Oceania è coperta da chi è allocato a Pechino, in Europa c'è chi sporadicamente realizza servizi da Londra, Parigi, dalla Germania, dalla Russia, dall'Isola Iberica e da Bruxelles. in alcuni casi possono essere due dallo stesso luogo. Ora c’è anche Antonio Di Bella che da direttore su Rai 3 è ritornato ad essere corrispondente dagli Stati uniti, affiancando Giovanna Botteri e Gerardo Greco.
 
Uno spreco se le notizie raccolte non vengono divulgate in fasce orarie di grande ascolto, invece di relegarle in contenitori notturni come Diario dal Mondo o Dossier.
 
Solitamente degli esaustivi reportage che hanno un pubblico ristretto che non aiuta l’italiano ad aprirsi al Mondo, lasciandolo relegato nelle beghe di contrada.
 
L’unica piccola finestra sul Mondo è offerta in fascia mattiniera su Rai 3, la domenica, con un’ora e mezza, salomonicamente divisa tra i programmi-rubrica di Est-Ovest, Mediterraneo e Regione Europa.
 
La televisione, in relazione ai notiziari, soccombe confrontata all’attenzione che la Radio dedica alle voci dal Mondo. Una formula equilibrata può essere quella che viene usata su Cielo, il suo Tg realizzato in collaborazione con SKY TG24, offre ai telespettatori, come echeggia nello slogan - Niente storie. Solo informazione -, evitando i “sembra che” dei vari giornalisti.
 
Le notizie dal Mondo non possono essere relegate in ore poco frequentate o su Rai News 24, con reportage poco pubblicizzati come quello Enel, l'acqua del Cile tutta d'un sorso, di Enzo Cappucci, dedicato allo sfruttamento della Patagonia cilena, offrendo un’ampia visione degli interessi italiani nel Mondo. Un reportage che offre una visione sulle ragioni di chi è pro e chi contro la costruzione di cinque dighe che prevede una estesa deforestazione, per trasportare l’energia elettrica per 2.450 chilometri, in un percorso a ostacoli che attraversa vulcani attivi e la faglia di Nazca, con 800 chilometri di cavi dell’alta tensione sospesi su boschi e vallate. Un progetto promosso dal consorzio HidroAysén, composto da compagnie locali, canadesi, spagnole fra cui spicca il nome dell’Endesa, controllata dall’italiana Enel.
 
Dall’altra parte del confine, nella Patagonia argentina, si è scelto di favorire il turismo, ma la via ambientalista di Buenos Aires si ferma qui. In altre aree sono sorti comitati, per difendere l’ambiente, come quello “El famatina no se toca” (www.facebook.com/group.php?g...), mobilitandosi per fermare all’estrazione senza scrupoli di vari minerali, ostacolando la realizzazione di miniere a cielo aperto, come quella di Esquel, di oro e uranio, ma anche rame e diamanti che utilizzano quantità spropositate d’acqua e di cianuro. Accuse di danneggiare l’ambiente evidenziate anche nel film documentario di Carlos Ruiz “A cielo Abierto”.
 
Anche il litio e uno dei minerali estremamente ambiti dalle società straniere, presente per il 70% delle riserve mondiali nel triangolo andino (Argentina, Cile e Bolivia), per il suoi utilizzo nell’ambito della produzione delle batterie per automobili elettriche e apparecchiature informatiche, oltre che nell’industria farmaceutica.
 
Un’attività che mette a rischio i ghiacciai argentini, come le cinque dighe nel lato cileno compromette la biodiversità. In Cile, come in Argentina, le compagnie straniere investono denaro per ottenere l’avallo delle popolazioni che vivono in località dall’economia al collasso, costruendo anche edifici di carattere pubblico.
 
Una mobilitazione in difesa dell’ambiente che va a scontrarsi con la povertà, anche se parroci e vescovi cercano di evidenziare i pericoli delle attività dei “nuovi conquistadores”, come i Benetton, che adibiscono anche al business dell’allevamento e del legno, immettendo conifere non autoctone nell’habitat, sovvertendo l’intero ecosistema, per trarre profitti dalla cellulosa, andando incontro a tutti i pericoli derivanti dalle monoculture e impoverimento il territorio.
Notizie che hanno difficoltà a farsi notare tra le imprese del Farfallone amoroso, imprese che riescono ad oscurare anche le vicissitudini di centinaia, tra eritrei ed etiopi, di persone bloccate dai predoni nel deserto del Sinai. Per non dimenticarli che martedì 1° febbraio 2011, alle ore 18.00, il Cir insieme all'Agenzia Habeshia, con all'Associazione a Buon Diritto e al Centro Astalli, hanno promosso una silenziosa fiaccolata sulle scale del Campidoglio, per ricordare le centinaia di profughi che da mesi sono sequestrati dai predoni nel deserto del Sinai e per sollecitare i governi occidentali ad intraprendere azioni risolute per chiederne la loro liberazione.
 
I buoni propositi proclamati durante le festività natalizie sono evaporati con la Befana che non ha portato via solo le feste, scegliendo di dedicare alle esuberanze amorose di un commerciante improvvisato politico anche il 50% dei Tg Rai, dimenticando di informare sulla sorte dei disgraziati sotto il sole, ma anche degli sviluppi della situazione dei somali nell’ex ambasciata a Roma. Sotto Natale eravamo tutti buoni, agenzie umanitarie e governi dell’Occidente, pronti ad ogni sforzo per condurre in salvo le donne e gli uomini che da mesi vengono terrorizzati in mezzo al nulla, come nel nulla sono finite le promesse per sostenere i somali di via dei Villini, mentre l’imprenditore con ambizioni da statista incontra il premier somalo Mohammed Abdullahi Mohammed, esprimendo tutto il sostegno del governo italiano agli sforzi di stabilizzazione di una regione senza stato.
 
E quanti altri barconi sono naufragati dagli inizi di gennaio ad oggi nel tratto di mare che separa l’Africa dallo Yemen?

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