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Contro lo strapotere della Chiesa in televisione

La Chiesa cattolica gode di un monopolio assoluto nei palinsesti televisivi, pubblici e privati. L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) lo dice da anni e nel 2014 ha anche presentato un esposto all’Agcom contro la Rai per violazione del proprio contratto di servizio, il quale impone di rendere disponibile a ogni cittadino “una pluralità di contenuti, di diversi formati e generi, che rispettino i principi dell’imparzialità, dell’indipendenza e del pluralismo”.

«A confermare la validità del nostro esposto, che è invece stato respinto, con motivazioni che hanno dell’incredibile, è arrivato ora il IV Rapporto sulle confessioni religiose e tv redatto dalla Fondazione Critica Liberale e pubblicato sull’ultimo numero del trimestrale Critica Liberale», commenta Raffaele Carcano, segretario dell’Uaar.

Lo studio ha preso in esame, avvalendosi della stessa società di ricerca che utilizza l’Agcom, i sette principali canali televisivi, pubblici e privati, dal 1° settembre 2013 al 31 agosto 2014, monitorando telegiornali, trasmissioni di approfondimento, nonché programmi, fiction, film e documentari a carattere religioso.

«Dai risultati – prosegue Carcano – emerge con chiarezza che le confessioni religiose in tv hanno un trattamento diseguale e che la confessione cattolica ha di fatto un monopolio praticamente assoluto. Lasciamo all’immaginazione quale spazio possano avere voci come la nostra o semplicemente voci laiche che esprimano un punto di vista scevro da condizionamenti religiosi!».

Nelle trasmissioni di approfondimento analizzate – un campione scelto di programmi di informazione a carattere generale che fornisce uno spaccato sull’atteggiamento dei media televisivi verso il pluralismo religioso – la religione cattolica totalizza il 95,5% di presenze sul totale dei soggetti confessionali.

Quanto alle trasmissioni specificamente dedicate ad argomenti religiosi quelle dedicate alla religione cattolica sono state complessivamente 495 per una durata di 291 ore e mezza, pari al 78,6% del totale (in netto aumento rispetto agli anni passati). Le trasmissioni dedicate alla religione protestante ed ebraica coprono rispettivamente l’11,4% e il 10%, ma si tratta di due rubriche di trenta minuti ciascuna in onda a settimane alterne la domenica notte (all’1,30 circa), con replica settimanale il lunedì successivo (in terza serata e al mattino). A buddisti e musulmani è stato dedicato un tempo inferiore a 10 minuti nell’arco dell’intero anno e in tutte le sette reti televisive.

Le fiction a carattere religioso sono state nel 92% dei casi incentrate su argomenti o soggetti di religione cattolica, il 6,8% si rifà alla tradizione giudaico-cristiana. Come nelle due stagioni precedenti “La piccola moschea nella prateria” è l’unica fiction che fa riferimento alla religione islamica (1,4%).

Quanto ai documentari di argomento religioso, 55 (pari al 96,5%) sono relativi alla religione cattolica, uno fa riferimento agli Amish (“Il sogno di una vita semplice”) e un altro alla cultura cristiana (“Campane in Europa”).

Le opere cinematografiche di argomento religioso sono state 37, 28 delle quali (73%) di confessione cattolica, 7 (19%) di ispirazione giudaico-cristiana, un film si rifà in parte alla religione buddista, uno fa riferimento al mondo protestante.

Infine i telegiornali. Nel primo bimestre del 2014 la Chiesa cattolica ha totalizzato una percentuale di presenze tra i soggetti confessionali che va dal 92,46% del Tg2 al 100% di Studio aperto, passando per il 97,93% del Tg1.

«Speriamo davvero che la pubblicazione di questo prezioso Rapporto possa spingere le istituzioni ad agire. Nel corso del nostro incontro con il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico, abbiamo ribadito che è indegno di uno Stato democratico che il servizio pubblico radiotelevisivo non dia spazio alla voce dei non cattolici. Per questo – conclude Carcano – l’Uaar continuerà a battersi finché non verrà raggiunto questo obiettivo, nell’interesse di tutti i cittadini».

Foto: alfonso pierantoni/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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