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Condannato il politico, inquisito il giudice: 20 anni di guerra civile italiana

In uno degliepisodi più noti della sua vita, San Paolo, a chi lo giudicava, con sprezzo ribatteva: "E tu che sei lì a giudicarmi in nome della legge, contro la legge mi condanni?"

Ormai molti anni fa, abitavo da poco in un paesetto ed avevo lasciato inavvertitamente l'auto in divieto di sosta. Tornai subito dopo aver comprato il giornale e trovai il vigile che stava redigendo il verbale. Gli osservai che c'erano tante altre vetture egualmente in sosta, compreso guarda caso, quella del sindaco, dell'imprenditore Tizio Caio, del fratello del comandante dei vigili e quella del comandante locale dei Carabinieri.

Mi rispose laconico in piena faccia: "io non le sto vedendo...". E' certamente vero che io ho commesso un reato, ma, è altrettanto certamente vero che quella "giustizia" giusta non fosse. Similmente, a ben altro livello, Nicola Cusani, uno dei nomi eccellenti di Tangentopoli, notava come ad un certo punto si fosse reso conto che in realtà, più che sviscerare determinati meccanismi e giungere al loro fondo, agli inquirenti interessasse andare in determinate direzioni.

C'è una doppia sconfitta: quella della politica, incapace di mediare perché incapace di tessere e guidare; quella della giustizia, incapace di porsi al di sopra delle parti. Dietro, una realtà che sembra riportare in vita le ombre dell'era di Dante: una società spaccata in due da altrettante grandi fazioni in sempiterna lotta: Guelfi e Ghibellini. Oggi, ovviamente, non si chiamano più così, sono molto più dinamici e camaleontici, cambiano pelle ogni momento, ma poi, sotto, resta lo stesso. Chiunque voglia prendersi la briga di visitare un'emeroteca ed andare a ritroso da oggi agli anni immediatamente precedenti quelli di Tangentopoli e poi tornare ad oggi, non può fare a meno di notare come vi siano in realtà due grandi fazioni - magari inizialmente diramantisi in partiti o fazioni ideologiche, e staccantisi progressivamente da queste mentre intonavano il "De Profundis" mondiale delle ideologie - in lotta irriducibile tra loro.

Lotta assolutamente invero di potere economico come proprio la caduta delle ideologie dimostra: il discorso di Matteo Renzi dell'altro giorno avrebbe benissimo potuto stare in bocca a Brunetta così come la firma del referendum pannelliano per la liberalizzazione delle droghe fatta da Berlusconi e Brunetta fino a ieri era appannaggio della sola "sinistra".

Lotta di cui la politica è ad un tempo maschera e strumento, al pari del resto, che la giustizia. Lotta ove si punta ad "alzo zero" e che perciò sfocia dall'altro lato, agli antipodi, anche direttamente nella criminalità organizzata, e lì si mostra nella sua recrudescenza più totale con le "mattanze" di mafia, di camorra, di 'ndrangheta, e da dove (e verso cui), al tempo stesso trova il suo incontro con massonerie e servizi deviati e non, e da lì alle stragi di Stato a conferma della nostra sovranità nazionale solo parziale.

Recrudescenza che del resto trova la sua concrezione già anche a livello della stessa "giustizia", dove si è incapaci di elevarsi al di sopra di una concezione che già è stata di Robespierre e di Saint Just e che ha trovato sfogo nel Terrore. La concezione giudaica semplicisticamente capace solo di intendere la colpa come debito e la giustizia come suo pagamento e, conseguentemente il vero magistrato come quello de "I Miserabili".

Una tragedia ormai ventennale, origine prima della gravità della nostra crisi, e diramantesi in una coreografia in cui l'elemento drammatico è progressivamente ed ineluttabilmente portato ad accentuarsi anche dall'elemento del "Tertium non datur", tutto quanto esula dal canovaccio dato è bollato come relativismo etico.

E, siamo di nuovo a Robespierre, a Saint Just, al giudaismo. Di nuovo come ai tempi di Dante: Guelfi e Ghibellini, e, chissà se la grande attualità e il revival di Dante non sia dovuto anche a questo. Comunque sia, per gli eretici c'è il rogo, e ci sono di nuovo anche le cacce alle streghe.

Per il momento il punto è questo: il politico è stato condannato, il magistrato inquisito.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.247) 9 settembre 2013 12:03

    Guarda che non è stato condannato " il politico",è stato condannato " il delinquente" che ha frodato lo Stato ,ovvero i suoi concittadini .

    La guerra dei vent’anni è nella tua testa e in quella di chi ha interesse ad alimentarla.
    Caro Latteri ti informo che i magistrati perseguono i reati e condannano chi li commette .E’ un loro dovere .Poi cè il solito birbante che la spaccia come guerra personale .
    Che poi tutti i magistrati siano integerrimi o sappiano fare il loro lavoro è un altro paio di maniche .Per esempio non erano certamente integerrimi quelli di Roma (Metta ,Squillante) che si fecero corrompere da Previti (condannato) per favorire Berlusconi .

    Tu confondi il giustizialismo tout court (Robespierre ... ) con la giustizia .

  • Di (---.---.---.70) 9 settembre 2013 14:16

    Ok, il giudice nei tempi morti fa il vigile urbano e redige multe solo a te.


    Certi accostamenti retorici sono suggestivi, ma quale elemento hai inserito nell’articolo, a parte questo paragone tanto retorico quanto sballato, per sostenere la tesi?

    Nessuno. 

    Parti da un accostamento aleatorio e da lì ti lanci in una considerazione critica basata su molto poco.

    Se vuoi parlare dei giudici, sarebbe carino dimostrare coi FATTI e non con la retorica che l’operato dei giudici è politicizzato. Non sono responsabili dell’operato del vigile del paesino dove ti sei recato anni fa.
  • Di (---.---.---.201) 9 settembre 2013 19:38

    Sillogismi >

    Nessuno ha più titoli e buoni motivi per presentare un “Ricorso contro l’Italia”.

    Stare per quasi 20 anni sulle prime pagine e diventare 4 volte il Premier (con le stesse promesse elettorali) non può “collimare” con il reato di “ideatore” di un elaborato sistema di frode fiscale.
    Non è perciò plausibile non cogliere il segno di quegli “obiettivi politici” che hanno (come minimo) “orientato” il percorso giudiziario al fine di “espungere” un vero leader.

    Nota a margine. Nessuno ha mai scritto l’ultima pagina di un Dossier Arroganza

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