Clericali contro gli opuscoli anti-omofobia Unar per le scuole
Divampano le polemiche per tre opuscoli prodotti dall’Unar, in collaborazione con l’istituto Beck e con il logo del Dipartimento della pari opportunità della presidenza del consiglio dei ministri, destinati agli insegnanti delle scuole primarie, secondarie di primo grado e di secondo grado contro omofobia, bullismo e discriminazione.
Nei testi, della serie Educare alla diversità a scuola, si affronta anche il tema del contrasto all’omofobia, se ne tratteggiano le cause e si propongono soluzioni e modalità di gestione a scuola, come si sta facendo o si è già fatto in altri paesi europei. Il riferimento, tra gli altri, all’omosessualità e alle responsabilità della violenza antigay ha destato però la reazione degli integralisti cattolici come Camillo Langone, che si scagliano contro questi opuscoli “omofili”.
Anche il quotidiano dei vescovi Avvenire ha preso una decisa posizione contro le pubblicazioni dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, accusate di promuovere una “dittatura del gender” e diffondere “nei bambini fin dalla tenera età preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra un padre e una madre” e “un relativismo che non lascia scampo ad alcun valore”. Perché? In un passaggio dell’opuscolo, che ha attirato le ire degli ambienti cattolici, si parla anche dei vari fattori che possono aumentare il grado di omofobia e si fa riferimento, tra gli altri, anche alla religione (o meglio, al bigottismo):
In realtà non è solo il genere sessuale l’unica componente che appare discriminante in termini di propensione all’omofobia. Tratti caratteriali, sociali e culturali, come l’età avanzata, la tendenza all’autoritarismo, il grado di religiosità, di ideologia conservatrice, di rigidità mentale, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo. Come appare evidente, maggiore risulta il grado di ignoranza, di conservatorismo politico e sociale, di cieca credenza nei precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba. È chiaro inoltre che i tratti qui citati a mero titolo esemplificativo non solo aumentano la possibilità di omofobia in un individuo, ma in generale anche le probabilità che il medesimo individuo coltivi dentro di sé altre forme di pregiudizio.
Sono dati che emergono da numerosi studi. In un paragrafo dell’opuscolo c’è anche un fugace riferimento al modo in cui le fiabe raccontate ai bambini definiscono i ruoli sessuali, per cui l’adolescente con tendenze omosessuali potrebbe sentirsi inadeguato. Apriti cielo. Una volta diffusasi la notizia degli opuscoli è partita l’invocazione del rogo digitale.
Infatti questi testi non risultano ancora stampati e difficilmente — trattandosi di libretti da una cinquantina di pagine l’uno e avendo molto testo nonché linguaggio anche specialistico e nutriti riferimenti bibliografici — sarebbero finiti nelle mani di poveri bambini indifesi che si sarebbero tramutati in omosessuali solo toccandoli. Maria Cecilia Guerra (Pd), viceministro al Lavoro alle Politiche sociali con delega alle Pari opportunità, travolta dalle polemiche si è affrettata a prendere le distanze dall’iniziativa e ha inviato una formale nota di demerito all’attuale direttore dell’Unar, Marco De Giorgi.
Guerra ci ha tenuto a precisare che di tali opuscoli era all’oscuro e di non essere stata informata della loro diffusione. Il contratto tra istituto Beck e Unar risale infatti al dicembre del 2012, ben prima che assumesse l’incarico all’epoca di Elsa Fornero. L’Unar ha permesso la diffusione dei testi sul sito dell’istituto dal giugno 2013, con possibilità di download solo tramite password. E solo di recente, il 4 febbraio, ha autorizzato “una più ampia diffusione di questo materiale” senza che il direttore lo segnalasse al dipartimento, lamenta Guerra. Eppure il viceministro si era comunque espressa a favore delle adozioni gay.
Questo passo indietro delle istituzioni è stato contestato da una nota congiunta di Arcigay, Arcilesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno e M.i.t.. “Dichiarazioni sorprendenti e totalmente inaspettate da parte di un esponente politico la cui azione era apparsa impegnata nei confronti delle persone LGBT”, si legge, “e che oltre a mettere in piazza una rivendicazione di ruoli all’interno di un assetto istituzionale piuttosto irrituale, squalifica in maniera pericolosa l’intervento formativo messo in campo da Unar attraverso gli opuscoli dell’istituto Beck”. Anche il ciellino Gabriele Toccafondi (Ndc), sottosegretario del ministero dell’Istruzione, ha criticato l’iniziativa Unar.
L’Unar, istituito nel 2003 con decreto legislativo per recepire la direttiva europea 2000/43, nasce come ente “con funzioni di controllo e garanzia delle parità di trattamento e dell’operatività degli strumenti di tutela” e ha “il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione”. Tra le funzioni, anche l’opera di “sensibilizzazione dell’opinione pubblica” e “la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione”, nonché la formulazione di pareri e proposte di modifica di leggi, la promozione di studi e ricerche. Un ente quindi che è tenuto proprio vigilare e a combattere contro le discriminazioni e che non deve chiedere il permesso alla politica per farlo.
La presa di posizione delle istituzioni di fronte alle pressioni clericali rischia quindi di essere una forma di ingerenza verso l’operato dell’Unar. Arcigay spiega che questa campagna, come altre, “non sono l’atto anarchico e isolato di un ufficio, semmai la concretizzazione di un percorso politico messo in campo attraverso Unar dalle persone che prima di Maria Cecilia Guerra sono state titolari della delega alle Pari Opportunità”. Iniziativa di certo non volta a imporre una ideologia, ma ad “aprire una breccia in un sistema di rappresentazione mediatica cannibalizzato dagli stereotipi”.
Un caso simile a Venezia dove la consigliera del comune di Venezia delegata ai diritti civili, Camilla Seibezzi, ha proposto al consiglio un programma per gli asili intitolato Leggere senza pregiudizi, per combattere tra i più piccoli la diffusione di stereotipi contro stranieri, separati e omosessuali. Suscitando reazioni come quella del senatore Carlo Giovanardi, che ha parlato di “materiale di propaganda gay”.
Alla luce di tutto questo, hanno un bel daffare i polemisti cattolici a dirsi sorpresi e a offendersi invocando la censura degli opuscoli Unar se l’identikit dell’omofobo ha tratti in comune con quello dell’integralista religioso di estrema destra. Come emerge da tanti studi, dai tanti casi di discriminazioni e violenze, dall’atteggiamento della Chiesa e dall’approccio che i cattolici più oltranzisti hanno verso l’omosessualità (ritenuta “peccato” da mondare e “malattia” da curare), ciò purtroppo è vero. Ed è vero anche che questi ambienti brandiscano ricerche di dubbia scientificità proprio per screditare l’omosessualità e fornire giustificazioni “scientifiche” a pregiudizi religiosi. Ma la soluzione di buonsenso sarebbe, piuttosto, rivedere certi pregiudizi nei confronti dei gay.
Appare inoltre fuori luogo l’accusa di indottrinamento (termine di per sé, non a caso, di matrice religiosa) da parte di chi ha pure a disposizione un’ora alla settimana — che diventano due nella scuola primaria — per fare proselitismo religioso con l’Irc. Con effetti che purtroppo possiamo immaginare: non mancano casi diinsegnanti di religione che inventano lezioni contro “l’ideologia del gender” (come avvenuto a Venezia) o questionari moralistici (a Perugia).
Episodi che temiamo siano la punta dell’iceberg e che favoriscono l’intolleranza, non adeguatamente arginati dalle scuole. Quanto all’efficacia della tremenda lobby gay, è ben difficile che sia pari a quella della “più potente lobby del mondo” (come la definisce il comunicato lgbt) capace persino di ottenere che un viceministro compia una sterzata del genere. O di affossare, praticamente, la legge contro l’omofobia.
Questo episodio e le polemiche divampate dall’intenzione di favorire nelle scuole una visione più tollerante e moderna verso l’omosessualità, dimostra come la politica sia purtroppo succube al clericalismo. Le alternative non trovano adeguata tutela: anche l’Uaar fa parte delle associazioni del registro Unar e se il governo avesse concesso all’Uaar un’intesa, la nostra associazione avrebbe potuto far sentire in maniera più incisiva la propria voce all’interno delle istituzioni.
L’omofobia si manifesta in varie forme, dalle più violenti e becere alle quelle più sottili, che però forniscono una giustificazione ideologica alle prime. Una di queste forme sottili è sabotare le buone pratiche che combattono la violenza omofoba, quelle che cercano di fornire a bambini e ragazzi gli strumenti nelle scuole per sviluppare comprensione e rispetto per gli omosessuali. Un po’ come la legge 194: la combattono sabotando i consultori e svuotandola dall’interno.
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