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Cinque sfide a cui gli atei devono far fronte e come possiamo vincerle

Lo scorso 15 maggio era l’Openly Secular Day (23 aprile 2015, Giornata della laicità esplicita e dichiarata, n.d.t.) e Tom Krattenmaker coglie l’occasione per parlare di cinque sfide che ancora attendono gli atei. Ho voluto riassumere le sue argomentazioni e aggiungere alcuni miei personali pensieri:

  1. Sebbene siamo detestati in alcune parti del paese (USA n.d.t.) e subiamo in un certo qual modo discriminazioni, in realtà non siamo esattamente vittime di prevaricazioni e vittimizzazioni. Ciò ci rende ancora più difficile accattivarci favore per le nostre opinioni.
    Krattenmaker ha ragione, (e sono lieto che sia così, perché l’alternativa sarebbe assai spiacevole). Spesso facciamo tanti paragoni tra il nostro movimento e il movimento LGBT, e questo è uno di quegli ambiti in cui il paragone non regge. Gli individui che si riconoscono nel movimento LGBT se la passano assai peggio rispetto a noi, da questo punto di vista. (Per questo motivo, non sottoscrivo l’idea che il modo in cui gli atei siano trattati rappresenti “l’ultimo pregiudizio dell’America”).
    Detto ciò, come possiamo fare sì che la gente sia più propensa a fidarsi di noi o a considerarci eleggibili? Gli atei che hanno l’opportunità di farlo, è bene che parlino di più dei loro valori e che condividano le loro storie riguardo a ciò che hanno dovuto passare. Dobbiamo trovare un modo perché la gente che potrebbe essere con noi in disaccordo riguardo a Dio stia dalla nostra parte in altri modi. Ciò non può succedere se passiamo gran parte del nostro tempo a insultarli (pubblicamente o altrimenti).

     

  2. Abbiamo una reputazione di merda.
    Senza dubbio. E ciò che ho detto sopra vale anche qui. Quando si pensa ai più famosi atei — conosciuti dalla gente che sta al di fuori della nostra comunità — quelli che immediatamente mi saltano in mente sono comici (che si burlano della religione) e scrittori (che criticano la religione). Tutto questo è legittimo, senza dubbio, ma quando possibile, dobbiamo promuovere e sostenere voci che difficilmente sono disprezzabili. È difficile trovare persone, come Neil deGrasse Tyson, che sono in grado di raggiungere diverse tipologie di pubblico senza necessariamente allontanarle, quando parlano di ateismo (cosa che Tyson non fa). Ma quante più persone come loro sono in vista pubblicamente, tanto più sarà difficile affermare che siamo tutti cattivi e immorali.

     

  3. Troppa gente pensa che Dio e la moralità vadano a braccetto.
    Anche questo è purtroppo vero. Ancora una volta, si tratta di mettere in evidenza il nostro umanesimo: il fatto che non credere in Dio o in un’aldilà ci spinge ad agire in un certo modo qui ed ora. Dobbiamolottare per i diritti civili e contro le ingiustizie perché non è che queste cose verranno risolte dopo che siamo morti. Già ci sono state campagne pubblicitarie che hanno posto in evidenza come siamo “buoni senza dio”, sebbene uno slogan di grande effetto non può valere tanto come le azioni concrete. Ciò significa più volontariato, più opere di beneficenza ed essere in prima linea su questioni in cui la religione non ci azzecca.

     

  4. Respingiamo gruppi religiosi che sarebbero altrimenti alleati naturali su una serie di questioni riguardanti la separazione tra stato e chiesa.

    Ho fatto esperienza concreta di questo, ma le cose stanno cambiando. Ecco perché come Foundation Beyond Belief includiamo sempre una organizzazione gestita da gruppi religiosi (che non fanno proselitismo) nella nostra lista di organizzazioni benefiche ogni trimestre. Ecco perché la Secular Student Alliance (Alleanza degli studenti laici n.d.t.) ha fatto più lavoro recentemente con l’Interfaith Youth Core (Gruppo giovanile interreligioso n.d.t.). Questo è il motivo per cui credo fermamente che raggiungere i nostri obiettivi comuni sia prioritario rispetto a un dibattito su chi ha ragione, sia che stiamo sostenendo le chiese progressiste per il fatto di essere aperte verso gli individui LGBT o che ci uniamo ai leader religiosi in protesta per episodi di discriminazione razziale.

     

  5. Dobbiamo smettere di essere gli “altri”.
    Krattenmaker sta dicendo che la maggior parte delle persone non conosce ancora persone che siano dichiaratamente atee e ciò rende più facile demonizzarci. È questo il motivo per cui eventi come lo Openly Secular Day sono così importanti e il perché mi piace proprio vedere la gente usare i nuovi media per dichiarare il proprio non-credo. Usano Youtube, Twitter, Facebook e i loro gruppi universitari per mandare messaggi a gente sconosciuta che probabilmente non sa cosa è il libero pensiero. Questo è un grandissimo cambio di passo, rispetto a due decadi fa, e non può che migliorare da qui in avanti. Ad essere sinceri, queste non sono le uniche sfide che ci attendono, ma lo sono precisamente nell’ottica di un’ampia prospettiva pubblica. Sono ottimista riguardo a ognuna di esse. Quando si considera quanto peggio erano le cose per noi, su tutti i cinque fronti, pochi decenni fa, è incredibile quanta strada abbiamo fatto. Il cammino che ci attende è in discesa.

     

Hemant Mehta

Traduzione di Five Challenges Atheists Face and How We Can Overcome Them
A cura di Marco Bagni

 

Foto: Tom Coates/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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