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Cina: vietato l’ingresso agli studenti che hanno guidato la protesta di Hong Kong

Volevano andare a Pechino per incontrare i leader cinesi e fargli presente le loro richieste visto che le autorità di Hong Kong hanno dichiarato di aver le mani legate. Ma i tre ragazzi della Federazione degli Studenti, uno dei gruppi che ha dato vita alla protesta nell’ex colonia britannica, sono rimasti in aeroporto circondati dai sostenitori e dagli ombrelli gialli, simbolo della protesta (nella foto).
 
“I vostri documenti non sono più validi” ha comunicato loro un impiegato della Cathay Pacific al gate per l’imbarco. Le autorità cinesi hanno infatti deciso di bloccare il viaggio annullando il “permesso per il ritorno a casa”, un documento di identità usato dai cittadini dell’ex colonia britannica per i viaggi nella Cina continentale. Già perché malgrado Hong Kong sia tornata nel 1997 sotto sovranità cinese, fra le due entità esiste ancora una frontiera e una dogana, oltre che una moneta diversa. Gli abitanti dell’isola, insomma, sono cittadini di un Paese al quale non hanno libero accesso ma, in compenso, godono di libertà politiche impensabili solo pochi chilometri più a nord.
 
Così Alex Chow, Nathan Law e Eason Chung sono tornati nella hall dell’aeroporto, dove li aspettavano decine di sostenitori. Da quasi 50 giorni la Federazione degli Studenti, insieme a vari altri gruppi fra cui il coordinamento degli studenti medi Scholarism e Occupy Central, ha lanciato una mobilitazione generale contro la decisione di Pechino di imporre regole che preselezionano i candidati alle elezioni per il Capo dell’Esecutivo nel 2017, escludendo dalla gara chiunque non piaccia alle autorità centrali.
Sabato 15 novembre gli studenti hanno tenuto una conferenza stampa per criticare la decisione di Pechino.
“Quando i funzionari impediscono a degli studenti di entrare nella Cina continentale, stanno anche rifiutando le voci e le idee dei cittadini di Hong Kong – ha affermato Alex Chow -. Il messaggio politico che questo invia è più forte di quelli che possono essere i miei sentimenti personali all’idea di essere messo al bando dalla Cina, forse per sempre”.
Joshua Wong, leader del gruppo Scholarism, si è invece interrogato su “come possono continuare a chiederci di amare la Cina, se non siamo nemmeno autorizzati a visitarla?”. Duro anche Nathan Law, che durante un comizio ad Admiralty – una delle principali zone sotto occupazione dei dimostranti – ha affermato: “Con che diritto un regime vecchio di appena qualche decade decide di separarmi dalla terra dei miei antenati?”.

 

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