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Cigno Nero - recensione

Giusto dieci anni fa fui costretto a rimanere seduto in una sala del Reposi per quasi un quarto d'ora per riuscire a riprendermi dalla proiezione a cui avevo appena assistito.

Era un Torino Film Festival ed il film in questione si chiamava Requiem for a dream, per la firma di Darren Aronofsky.

Da allora non mi è capitato tante volte di rimanere sconvolto mentalmente e spossato fisicamente dalla visione di un film.

Ci è riuscito di nuovo Darren Aronofsky con il suo straordinario Cigno nero.

Nina ottiene la parte della regina dei cigni nel Lago dei cigni. Lei è una ballerina tecnicamente perfetta ma il regista, Thomas, ritiene che le manchi passione, libertà, sensualità. In pratica è tagliata per il cigno bianco ma dovrà imparare a lasciarsi andare per interpretare il cigno nero. Thomas prova a smuoverla scioccandola e toccandola sui tasti della sensualità. Nina vuole a tal punto quella parte da lasciarsi coinvolgere completamente.

A farne le spese sarà però la sua mente, il cigno nero che è nascosto in lei prenderà pian piano spazio a quello bianco e sogno e realtà si confonderanno sempre più.

Credo che Darren Aronofsky sia il regista che più di ogni altro riesca ad entrare nelle menti sconvolte dei suoi personaggi, a portarci il pubblico, a confonderlo, a farci credere qualunque cosa voglia.


Soprattutto è in grado di tenerci appesi per la gola, di tagliarci il respiro, di mantenerci sul filo del baratro facendoci rischiare di cadere da un momento all'altro.

E nel Cigno nero una mano enorme riesce a dargliela Natalie Portman, che a mio avviso è al momento la miglior interprete femminile a livello mondiale. Qui davvero intensa, splendida, capace di rendere come meglio non sarebbe possibile la tensione del personaggio, la sua voglia di farcela, la sua confusione, la follia, lo scambio dei ruoli, il dramma...

Ma Cigno nero è anche un film sul doppio. Pieno zeppo di simboli, di contrari, di doppie personalità. Si va dal bianco contro nero fino ad arrivare ad una miriade di specchi (su tutti quello sfaccettato di fronte al quale Nina si ferma per pochi, intensi, simbolici istanti).

Davvero incredibile il modo in cui Aronofsky riesce a raccontarci il male che occupa lo spazio del bene. E questo spazio è il palcoscenico (naturalmente) ma anche e soprattutto il corpo (e la mente) straziato di Nina, che finisce per vedere nemici e ostacoli ovunque. Nella madre iperprotettiva, nell'amica (splendida anche Mila Kunis) e perfino nel suo regista.

E Vincent Cassel merita un'annotazione a parte in un ruolo che gli calza a pennello. Inquietante, controverso, doppio anche lui, a seconda degli occhi di chi lo guarda.

A far da contorno naturalmente le possenti musiche (e non solo quelle del Lago dei cigni) che accompagnano il film. Forti, intense, drammatiche, perfetto contrappunto ad una vicenda e ad una interpretazioni davvero notevole.

Ah... e poi c'è la scena di sesso lesbico tra Natalie Portman e Mila Kunis, una delle più sensuali che ricordi, ma che davvero è solo una goccia in un mare di drammaticità filmica.

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