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Cibo 2.0: oggi il food è Soul and Slow

Sembra un gioco di parole: Soul and Slow. Cosa c’entra con il cibo 2.0? La risposta è più complessa di quanto si pensi, un legame fragile tra la tradizione alimentare italiana, quella dei prodotti locali e del contatto umano tra i produttori ed i consumatori, e la globalizzazione delle relazioni e del linguaggio.

In questo contesto si muovono le piccole aziende agricole, quelle che si sentono (o sono) fuori dal mondo della comunicazione e del linguaggio digitale, ma che sono convinte che non dimenticare le origini sia il modo per resistere al presente. Da questo concetto si parte per comprendere quale strada può essere percorsa dalle piccole realtà agricole locali per rispondere ai cambiamenti della società globalizzata e all’evoluzione, ad esempio, delle cosiddette Smart Cities.

L’Italia, infatti, ha una storia agricola che non può essere azzerata dall’incursione delle strategie commerciali di produzione e distribuzione di massa. Soprattutto in questa fase di crisi economica e sociale, riprendere in mano i valori, l’etica e la tradizione della filiera corta disintermediata (almeno in parte) si presenta come la risposta più realistica per risollevare le piccole economie locali.

Come farlo? Partire da tre tematiche di interesse sociale, ad esempio: la corretta informazione e la cultura alimentare, in particolare la valorizzazione dei prodotti a km zero come base per la corretta alimentazione e della tutela ambientale; l’arte come veicolatrice di emozioni e aggregatrice di persone; la sostenibilità sociale e ambientale come base di educazione civica.

Ri-creare la socialità di un tempo, quella naturale che si genera intorno ad una tavola imbandita: il cibo che ha una Anima, SoulFood per dirla in una sola parola, nome che rimanda ad uno dei progetti più radicati nella Capitale; il cibo da assaporare e seguire con una velocità diversa da quella mediatica, Slow appunto come esorta Slow Food che diffonde la cultura del mangiare sano e ridà vita agli alimenti dimenticati anche attraverso i Presidi Slow Food. 

SoulFood, ad esempio, valorizza il mangiare insieme come esperienza di aggregazione anche tra persone che non si conoscono, come nel caso delle Cene Carbonare, accompagna i piccoli produttori in ambienti diversi da quelli tradizionali per far conoscere i loro prodotti, valorizza spazi di un quartiere periferico che ha bisogno di rinascere, così come crea incubatori di idee artistiche inconsuete ma originali.

In fondo il punto di partenza per far coesistere in modo equilibrato la tradizione e la modernità potrebbe essere in qualche modo la riscoperta che “il poco è molto”, si pensi alla disponibilità dei prodotti stagionali e al loro gusto. Senza dimenticare il rispetto del territorio, il percorso del cibo dalle origini al consumatore finale, che oggi è sempre più anche parte attiva nel processo. I canali di informazione attualmente a disposizione consentono, infatti, un accesso non più privilegiato a professionisti del settore ma anzi un aggiornamento continuo e immediato a tutti coloro che danno oggi al cibo una connotazione fondamentale in termini di rispetto e salute dell’individuo.

Di qui l’apporto che la comunicazione tramite i social media può fornire, il riscontro diretto, le implicazioni e l’impatto per il consumatore, la condivisione, tips and tricks, possibili strategie, allineamento sul territorio e recensioni basate sul merito, sull’effetto, rischio e beneficio.

Si possono elaborare dei decaloghi della “spesa sana”, con le indicazioni chiave per capire se il prodotto è realmente a Km 0. Uno di questi, molto interessante sull’argomento “Mangiare bene in tempi di crisi” è stato stilato dall’Andid (Associazione Italiana Dietisti). Si possono altresì rivolgere richieste dirette all’utente affinché comunichi le proprie raccomandazioni, entrando nelle conversazioni per identificare quali sono i luoghi, i prodotti, gli eventi da seguire a livello locale.

La scelta dei cibi migliori, il riuso di ciò che si ha in frigorifero e il riciclo, le cosiddette ricette sostenibili e anti-crisi, rappresentano la soluzione per risparmiare e guadagnare in salute e perché no per aiutare l’ambiente a tavola!

Vien da sè, quindi, che si rende necessario comunicare tutto questo sfruttando l’innovazione e i canali di social network per sensibilizzare ed ampliare i “follower” di questo percorso di Rivoluzione quotidiana e di spinta Bottom Up.

Autrici: Lucrezia Balducci, Monica Vallario, Laura Kaminski

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.149) 5 dicembre 2013 23:47

    Articolo interssantissimo!  Bravi Agoravox brave le autrice. Si parla poco di questii temi e non conoscevo questa iniziativa io e mia mamma vorremmo saperne di più! Perchè non scrivete qualche articolo sulle vostre cene carbonare! Troppo bello, come si partecipa? Mia madre chiede se possono venire anche le persone di una certa età, cioè lei! Otima cuoca , otima intendtrice (io mangio solo) Grazie per una risposta e scrivete di più di questa iniziaitiva
    Tullio & Franca mangioni responsabili

    • Di (---.---.---.111) 6 dicembre 2013 10:41

      Grazie mille Tullio e Franca! Il nostro impegno con il progetto SoulFood prenderà il via in modo operativo da gennaio!

      Potete seguire i nostri eventi tramite il sito www.thesoulfood.net (a breve diventerà .it). Le cene carbonare sono aperte a tutti! senza alcun limite o requisito. Ad oggi non abbiamo fissato le date ma ce ne saranno sicuramente smiley
      Grazie ancora! seguiteci!
      Lucrezia
  • Di (---.---.---.40) 24 dicembre 2013 12:38

    Bellissimo Articolo con spunti molto interessanti su cui meditare!!

    Tra una riflessione e l’altra ho osservato che nella nostra realtà quotidiana la produzione e il consumo del Cibo viaggiano a due diverse velocità:

    Ci sono alcune realtà in cui la distanza tra produttore e consumatore è più breve, come nei piccoli paesi di provincia, viceversa nelle metropoli la distanza in parola diventa enorme: nelle periferie è molto probabile che il consumatore conosca addirittura il produttore, cosa assai improbabile nelle Metropoli . Mi viene in mente, in considerazione anche dell’educazione civica attraverso il cibo, la realtà dei terreni confiscati alle organizzazioni criminali , poi utilizzati per la produzione di  olio, agrumi ,etc. Queste realtà sono poche però e rimangono “isole in un mare”, che difficilmente si possono riportare in una grossa città dovendosi scontrare con grossi interessi economici .

     Ecco perché trovo interessante l’idea di creare dei momenti di aggregazione tra persone che non si conoscono, ad esempio attraverso le “cene Carbonare”,  ma che vivono nello stesso quartiere, riscoprendo il valore del cibo non solo per la sua funzione fondamentale, cioè di nutrimento fisico ma anche per creare una comunità, nutrimento sociale.

    Detto ciò Complimenti per l’Argomento trattato, attendo di verificare personalmente le iniziative in merito e magari anche contribuire alla realizzazione di qualcuna di esse.

    Barbara Merolla

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