• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Scienza e Tecnologia > "Ci becchiamo su facebook": viaggio nell’asocialità di un social (...)

"Ci becchiamo su facebook": viaggio nell’asocialità di un social network

Ricordo che il giorno in cui mi imbattei per la prima volta nel vero profilo facebook di Mark Zuckerberg, fu il giorno della nascita dei miei primi dubbi.

Scoprire che il fondatore del popolare social network avesse le impostazioni sulla privacy in modo tale che non fosse possibile aggiungerlo come "amico", mi ha lasciato non poco perplesso: è stato come immaginare Meucci che dopo aver inventato il telefono, continuasse a comunicare tramite bigliettini e piccioni viaggiatori.
 
Luigi è un mio zio di 58 anni che vive da più di 30 anni in una piccola e lontana provincia veneta. Fino a 10 anni fa telefonava almeno una volta al mese. Nell'ultimo anno almeno una volta per ogni ricorrenza. Nell'ultimo mese, da quando l'ho aggiunto su facebook, ce l'ho tutti i giorni in linea. Sembra quasi che telepaticamente ci connettiamo insieme, alla stessa ora, nello stesso minuto, nello stesso secondo.
 
Risultato? Tranne una prima volta, non ci siamo più parlati né salutati.
 
Stefania è una ragazza di 24 anni che abita nel mio stesso quartiere. Era iscritta al mio stesso liceo, poi ci siamo persi di vista. Un paio di mesi fa mi ha aggiunto su facebook. Non c'è link che io pubblichi senza quel suo inesorabile "Mi piace".
 
Risultato? Ci siamo appena incrociati due ore fa giù al palazzo, non mi ha salutato.
 
E potrei raccontare decine e decine di storie. E chissà quante persone che ora mi stanno leggendo potrebbero raccontare le stesse.
 
Allora cosa succede: facebook è l'apologia dell'asocialità.
 
Come strumento per condividere notizie è ottimo: negli ultimi mesi sono venuto a conoscenza di storie ed esperienze alle quali prima ero assolutamente estraneo. Ma per condividere amicizie è pessimo: logora i rapporti umani, li striminzisce ancora di più.
 
Il dubbio è: se grazie a facebook il mondo ha scoperto delle nuove modalità d'interazione e di comunicazione, quanto queste sono deleterie o benefiche alle relazioni umane?
 
Oppure: qual è la differenza tra il condividere un'amicizia su facebook, ed averla nella vita reale. Almeno prima dell'avvento dell'sms c'era il telefono, dove il tono ipocrita di una menzogna era ancora facilmente comprensibile.
 
La sensazione è che la grande truffa di facebook non stia nella sua diffusione di massa e nel suo essere un gingillo alla moda, ma stia nel suo voler far credere di aver rimpicciolito il mondo e le sue distanze, di avere tutto e tutti a due passi con un semplice click.
 
L'asocialità non sta nell'aggiungere un amico, nel condividere un suo link, nel cliccare quell' instancabile "mi piace": l'asocialità sta nel credere che aggiungere un amico su facebook voglia dire averlo, e quell'omino solo accanto alla foto di Mark Zukerberg, senza la consueta formula "Aggiungi agli amici", in fondo sembra voler dire proprio questo.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox




Palmares